In Giappone hanno troppo pesce
Molto è rimasto invenduto dopo che la Cina ha smesso di importarlo, in seguito al rilascio delle acque di Fukushima nel Pacifico
In Giappone i freezer delle aziende di pesca si stanno riempiendo di pesce e altri prodotti invenduti. Da agosto infatti la Cina ha vietato le importazioni di qualsiasi prodotto ittico giapponese, a causa della decisione del governo del Giappone di disperdere in mare l’acqua contenente sostanze radioattive accumulata nell’ex centrale nucleare di Fukushima Daiichi dopo il grave incidente causato dal terremoto e dal conseguente tsunami del 2011.
La Cina e Hong Kong rappresentavano i principali mercati esteri per il pesce, i crostacei e i molluschi pescati in Giappone. Il divieto riguarda anche prodotti che contengono quantità minime di prodotti ittici. Non è chiaro cosa sarà fatto con il pesce invenduto: per esempio le capesante potrebbero essere esportate in altri mercati, che però a differenza della Cina le richiedono già sgusciate. La lavorazione dei prodotti aumenta i costi e i tempi di produzione, fattore particolarmente problematico dal momento che la diminuzione di domanda dalla Cina probabilmente farà abbassare i prezzi dei prodotti.
Il divieto ha causato una disputa diplomatica fra Cina e Giappone, nonostante il piano giapponese fosse stato approvato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), un’organizzazione autonoma all’interno del sistema delle Nazioni Unite.
Dall’acqua sono state rimosse quasi tutte le sostanze radioattive: rimangono soltanto il carbonio-14, che però non presenta particolari complicazioni per la salute, e il trizio, che è quasi impossibile da separare dall’acqua essendo un isotopo dell’idrogeno, ma è presente in concentrazioni molto inferiori al limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
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Le autorità giapponesi hanno fatto notare che le centrali nucleari della stessa Cina e della Corea del Sud disperdono in mare acqua contenente trizio in concentrazioni maggiori di quella accumulata a Fukushima. Il governo coreano ha accettato il piano giapponese, anche se una parte della popolazione ha protestato contro la dispersione dell’acqua.
L’ambasciatore americano in Giappone ha definito il divieto delle importazioni «coercizione economica», volta a danneggiare economicamente il Giappone, aggravata dal fatto che navi cinesi pescano nelle acque giapponesi. Il governo del Giappone ha presentato ufficialmente una lamentela all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), un’organizzazione internazionale che supervisiona gli accordi commerciali fra i suoi membri, fra cui appunto Cina e Giappone.
Il governo giapponese ha detto che sta preparando misure per alleviare la situazione dei pescatori giapponesi, che potrebbero comprendere la ricerca di mercati alternativi, lo stimolo della domanda interna di capesante, e sostegni finanziari ai pescatori danneggiati. Ad agosto alcuni ministri, fra cui il primo ministro Fumio Kishida, avevano mangiato del pesce pescato nelle acque di Fukushima, per dimostrarne la sicurezza.
La risposta del governo è stata criticata da alcuni come lenta, poco incisiva e poco chiara: ancora non si sa se riceveranno sussidi anche le aziende che lavorano il pesce o i venditori.
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