Cosa. Piace. Di. Reazione. A. Catena?
Il quiz estivo di Rai 1 ha molto successo anche tra i giovani, e le risposte a questa domanda, come nel gioco, sono più di una
Alcuni programmi della televisione italiana nati e sviluppati evidentemente per un pubblico prevalentemente adulto stanno avendo un successo particolare e inaspettato tra persone più giovani, che ne fruiscono in realtà soprattutto attraverso dei brevi spezzoni pubblicati su Instagram o TikTok. È successo ad esempio con Belve, il programma di interviste della giornalista Francesca Fagnani, ma un successo ancora più solido e duraturo tra ragazze e ragazzi sembra averlo Reazione a catena, quiz che va in onda la sera su Rai 1 ogni estate da 16 anni.
Valutare quanta della sua popolarità dipenda dal successo ottenuto online è molto difficile, e probabilmente si tratta solo di una componente tra le molte, visto che Reazione a catena è il classico quiz generalista di intrattenimento serale visto in famiglia e anche da un pubblico anziano. Negli ultimi due anni gli spettatori superano quasi ogni sera i 3 milioni, anche ad agosto, e questo rinnovato successo ha coinciso in effetti con la propagazione dei video del programma sui social network, anche peraltro quelli meno frequentati dai giovani, come Twitter e Facebook. Meme, riproduzioni casalinghe e imitazioni del gioco principale di Reazione a catena l’hanno insomma fatto entrare nella cultura popolare, e il programma quest’anno andrà avanti oltre la fine dell’estate, fino al 31 dicembre.
Reazione a catena andò in onda per la prima volta in Italia nel 2007: il format nacque come adattamento del programma statunitense Chain Reaction, che cominciò a essere trasmesso su NBC nel 1980, e fu poi modificato dagli autori negli anni. Inizialmente nella sua versione italiana lo conduceva Pupo, a cui sono seguiti Pino Insegno, Amadeus, Gabriele Corsi e Marco Liorni, che lo presenta dal 2019.
La trasmissione va in onda tra le 18:45 e le 20, prima del TG1, e prevede la partecipazione di due squadre composte da tre persone ciascuna: quella dei campioni in carica e quella degli sfidanti. Sono solitamente gruppetti di amici, parenti o colleghi di lavoro, e già questa è una caratteristica abbastanza peculiare del programma, perché solitamente nelle trasmissioni di questo tipo i concorrenti giocano da soli. Le dinamiche di gruppo, le interazioni e le manifestazioni di confidenza che emergono durante il gioco sono una delle cose che fanno affezionare di più gli spettatori, soprattutto nel caso di campioni che si riconfermano per più serate.
Quest’estate è stato per esempio il caso dei “Dai e dai”, che sono rimasti campioni della trasmissione per 28 puntate. Un video del trio era tra l’altro diventato virale ad agosto, perché per far indovinare la parola “borsetta” aveva fatto un riferimento a “quello che viene rubato alla vecchietta”. La battuta era stata poi censurata dalla Rai con un intervento sull’audio del programma, ma si era comunque diffusa molto velocemente online.
"Cosa, piccoletta, prendi alla vecchietta".
A Reazione a Catena censurata un'intera frase all'Intesa Vincente, con punto non assegnato nonostante i concorrenti avessero dato la risposta esatta (borsetta). pic.twitter.com/B0InBiUn0H
— Massimo Falcioni (@falcions85) August 15, 2023
Lorenzo Topello, che a luglio ha partecipato a sei puntate all’interno della squadra dei Gessetti, composta insieme agli amici Edoardo Levantino e Riccardo Colucci, tutti tra i 25 e i 26 anni, conferma che attorno ai campioni si crea un grande affetto, o almeno coinvolgimento: «come altre squadre abbiamo aperto una pagina Instagram, e quando sono andate in onda le puntate abbiamo ricevuto molti più messaggi di quanti ce ne aspettassimo: la maggior parte era di sostegno e stima, ma ce n’erano anche altri meno lusinghieri».
Che sia un programma che piace ai giovani lo si vede dall’età media di chi si propone come concorrente. Christian Monaco, che si occupa di selezionare le squadre, racconta che da sempre la maggior parte delle persone che si iscrivono ai casting ha un’età inferiore ai quarant’anni, anche se non mancano persone più grandi, anche sopra i sessanta. Arrivare ai giovani è uno degli obiettivi del lavoro degli autori: «Reazione a catena punta a essere al passo col mondo dei giovani e con il loro linguaggio: siamo molto attenti alle novità, all’Accademia della Crusca, ai neologismi», spiega Tonino Quinti, autore e capo progetto del programma, che fa l’esempio della puntata in cui fu inserita la parola “petaloso”, diventata molto celebre online alcuni anni fa. Questo discorso non vale sempre: per “La catena musicale”, un gioco in cui bisogna indovinare oltre a una serie di parole anche una canzone, i brani scelti provengono molto spesso da un repertorio parecchio datato.
Quinti spiega anche che il successo del programma sui social è un fenomeno relativamente nuovo e che è diventato un incentivo per lui e per gli altri autori a trovare nuove associazioni che stimolino reazioni online. Secondo Monaco, «è vero che quest’anno c’è stato un incremento della frequenza sui social network per alcuni episodi divertenti, ma è una contingenza. Una vocazione per il pubblico giovane Reazione a catena ce l’ha sempre avuta, proprio per via della sua struttura di gioco».
Le sfide di Reazione a catena si possono dividere a grandi linee in due categorie: le catene di parole, che i concorrenti devono completare facendo collegamenti semantici, e “L’intesa vincente” che ha meccanismi molto diversi. «“L’intesa vincente” ha un meccanismo rapido che attira molto i giovani, mentre le catene richiedono una padronanza di linguaggio e un vissuto per cui vengono più facili agli adulti», spiega Monaco.
“L’intesa vincente” è la sfida in cui una delle due squadre viene eliminata, ed è il gioco che probabilmente conosce anche chi non ha mai visto il programma. Durante la sfida due membri della squadra devono comporre una domanda dicendo una parola a testa per far indovinare una parola segreta (che non possono ovviamente pronunciare) al terzo concorrente. L’attrattiva del gioco, secondo Monaco, è che «è imprevedibile e richiede molto allenamento e investimento di tempo: in un certo senso è un gioco molto meritocratico perché la squadra che ha più possibilità di vincere è quella che si è esercitata di più».
Oltre a questo, c’è che “L’intesa vincente” è un gioco molto facilmente replicabile in qualsiasi contesto e che sembra fatto apposta per creare situazioni comiche che diventano facilmente virali online. Lo stesso modo in cui viene pronunciata la frase, con le parole ben distinte le une dalle altre e con alcune strutture che si ripetono (come “cosa + non + è + alto?”, “basso”), è entrato nel lessico famigliare di molti e diventato un tormentone.
@trashacatena_ La domanda sulla prima parola è una delle pagine più belle nella storia di Reazione a Catena #fypシ #trashacatena #reazioneacatena #intesavincente #marcoliorni #intrashttenimento
Secondo Topello «il segreto del successo di Reazione a catena si vede bene nel confronto con L’eredità [il programma che fino all’anno scorso andava in onda nella stessa fascia oraria dopo l’estate, ndr]: il suo gioco finale, “La ghigliottina”, non è così facilmente replicabile e appetibile per tutti, mentre all'”Intesa vincente” può giocare chiunque e in qualsiasi momento, anche a cena a casa di amici».
Un altro motivo per cui Reazione a catena piace in modo così trasversale alle età è che le sue sfide sono giochi di parole per cui non serve una cultura nozionistica, e non ci sono risposte giuste o sbagliate in assoluto. Questo permette evidentemente al programma di raggiungere un numero di persone più ampio di quello dei più tradizionali quiz televisivi, e di suscitare una certa partecipazione anche da casa. È frequente che la sera su Twitter l’hashtag #reazioneacatena sia tra quelli in tendenza perché molte persone pubblicano le loro ipotesi di risposta in diretta mentre seguono il programma, e una cosa simile accade anche su Facebook.
Allo stesso tempo però il programma non risulta più frivolo o “trash” dei quiz più puramente nozionistici, anzi. La maggior parte dei giochi richiede una buona conoscenza e sensibilità per le sfumature della lingua italiana e la selezione dei partecipanti deve essere fatta in modo tale da avere concorrenti davvero all’altezza. Come spiega Monaco, «diversamente dai programmi con domande a risposta multipla, dove se una cosa non la sai la puoi sparare, qui i concorrenti hanno un ruolo più attivo, non subiscono il gioco ma lo costruiscono». È una caratteristica che rende il programma a suo modo raffinato, anche grazie a un conduttore, Liorni, dai toni più pacati di molti altri colleghi.