La lunga storia anarchica di Carrara
Da quasi un secolo e mezzo la città toscana è legata al movimento anarchico che anima circoli e incontri, e che di recente è stato sfrattato dalla sua sede storica
Lungo il balcone principale del teatro Politeama a Carrara, in Toscana, è appeso uno striscione. C’è sopra la scritta in nero “FAI”, l’acronimo di Federazione anarchica italiana, e un’altra scritta a caratteri rossi, “GRUPPI ANARCHICI RIUNITI”. Lo striscione venne esposto alla facciata del teatro più grande della città nel 1965. Venti anni prima, il Comitato di liberazione nazionale (CLN, l’insieme di tutti i partiti antifascisti) aveva concesso alle quattro brigate anarchiche che avevano combattuto sulle Alpi Apuane durante la Resistenza il ridotto, cioè una sala minore in cui il pubblico attendeva prima di entrare. In precedenza era stato utilizzato come sede del Partito fascista.
Carrara ha una storia lunga più di un secolo legata all’anarchismo e alle varie filosofie politiche che ne derivano. Per fare una sintesi un po’ brutale di un pensiero complesso e stratificato, con secoli di storia, l’anarchismo rigetta ogni forma di potere costituito, promuove lo scioglimento delle gerarchie nella società e la nascita di una società basata sulla parità, l’orizzontalità e la partecipazione diretta. Simboli e iscrizioni anarchiche si trovano quasi dappertutto a Carrara. Al centro del giardino del cimitero di Turigliano c’è un monumento a Gaetano Bresci, che il 29 luglio del 1900 uccise il re Umberto I con tre colpi di rivoltella. Dentro al giardino c’è anche un’area riservata agli anarchici dove è seppellito Giuseppe Pinelli, il ferroviere militante del circolo milanese Ponte della Ghisolfa che il 15 dicembre 1969 morì cadendo da una finestra della questura di Milano, durante un interrogatorio sulla strage di piazza Fontana.
Il Politeama era il centro più importante e rappresentativo di questa storia, ma lo scorso agosto gli anarchici sono stati sfrattati e costretti a trasferire la loro biblioteca e l’archivio del movimento, uno dei più importanti e forniti d’Italia.
Gli anarchici organizzarono nel Politeama il loro primo congresso nazionale alla metà di settembre del 1945, poi negli anni successivi ci fecero alcuni raduni internazionali e decine di eventi politici e culturali. A Carrara si ricorda ancora un concerto di Fabrizio De André, il 6 aprile del 1982, per sostenere la stampa anarchica. Hanno creato anche una scuola di danza e una biblioteca che hanno chiamato Germinal, ispirandosi al nome del mese di inizio primavera secondo il calendario della Rivoluzione francese e al titolo di un celebre romanzo di Émile Zola, ambientato tra i minatori del nord della Francia.
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Tra il 2008 e il 2011 gli anarchici avevano già dovuto trasferire una parte della biblioteca, in seguito al cedimento di un pilastro dell’edificio e di tre solai. All’ultimo piano la società Caprice, proprietaria dell’edificio, aveva fatto alcuni lavori per ricavarci dei loft e finì sotto inchiesta. 35 persone tra dirigenti comunali, soci, tecnici e legali della società sono finite a giudizio per crollo colposo e inosservanza delle norme in materia di idoneità statica e sismica, mentre i tre titolari della società sono accusati anche di truffa aggravata per aver venduto appartamenti e uffici non agibili.
In una perizia di 161 pagine realizzata da un consulente nominato dal tribunale e depositata alla fine di maggio del 2023, si legge che «lo stato di sofferenza dei pilastri del piano terra del corpo centrale è risultato significativamente aggravato dagli interventi di sopraelevazione del corpo centrale e realizzazione della copertura in cemento armato».
Il Comune assegnò agli anarchici alcuni locali di una ex scuola elementare a Torano, un piccolo borgo a due chilometri dalla città, lungo la cosiddetta «via del marmo» verso le cave delle Alpi Apuane. Ora sono stati costretti a trasferire anche il resto del materiale. È accaduto perché la Caprice ha chiesto una perizia per valutare se il peso dell’archivio mette a rischio la stabilità del palazzo. I carabinieri sono andati a verificare e hanno scritto nella loro relazione di aver trovato «al secondo piano del corpo centrale dello stabile un’ingente quantità di materiale cartaceo tale da generare un significativo sovraccarico sulla volta sottostante». Il tribunale di Massa di conseguenza ha ordinato lo sgombero.
L’11 agosto il Comune ha fatto sapere agli anarchici che il tribunale aveva decretato lo sgombero, dando loro dieci giorni di tempo per lasciare il palazzo. Ha proposto di portare anche il resto dell’archivio nell’ex scuola elementare a Torano, concedendogli altre due stanze. Per gli anarchici è una soluzione d’emergenza, perché la scuola è lontana dal centro abitato, può essere raggiunta solo in automobile e d’inverno non è riscaldata. Non c’è internet né una linea telefonica fissa, per cui non si riesce più a catalogare il materiale né aggiungerne di nuovo.
La biblioteca Germinal custodiva il più importante archivio del movimento anarchico italiano dopo quello di Imola, con migliaia di libri dell’editoria libertaria, ciclostilati, volantini, manifesti e opuscoli sulle lotte locali, da quelle dei lavoratori nelle cave di marmo a quella per chiedere la chiusura della Farmoplant, una fabbrica di insetticidi che il 17 luglio del 1988 esplose provocando un disastro ambientale. A frequentarla erano soprattutto «ricercatori e studiosi del movimento anarchico e delle lotte sociali ed ecologiste, ma anche visitatori casuali, incuriositi dalla collezione di manifesti», dice Soledad Nicolazzi, una militante che gestisce l’archivio. Ora tutto è diventato più difficile.
«Siamo un pezzo di storia della città, qui tutti hanno avuto almeno un nonno anarchico», dice Beppe Caleo, docente di scienze al liceo scientifico e militante della FAI. Il legame tra la città di Carrara e l’anarchismo cominciò quasi un secolo e mezzo fa. Già alla fine dell’Ottocento molti operai delle cave di marmo nei dintorni di Carrara aderirono al movimento anarchico, per contrapporsi ai “padroni” e chiedere migliori condizioni di lavoro.
Da lì in poi in ogni comune del carrarese o frazione cittadina nacquero circoli o camere del lavoro anarchiche. A Gragnana è ancora attivo il circolo anarchico più antico al mondo, fondato nel 1885. Al Fiascone, una zona di montagna, «un tempo c’erano più anarchici di quanti ce ne siano oggi in tutta la città» racconta Emanuele Zaccagna, che è operaio in una cava di marmo ed è presidente della Lega dei cavatori. «Molte conquiste sociali sono frutto di questa sfida al potere, che è proseguita anche durante il fascismo e arriva fino a oggi», dice ancora il docente Caleo.
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Nel 1911 la Camera del lavoro del sindacato anarchico USI (Unione sindacale italiana), guidata da Alberto Meschi, ottenne la riduzione a sei ore e quaranta minuti al giorno dell’orario di lavoro dei cavatori di marmo. Alla fine della Seconda guerra mondiale la Cooperativa del Partigiano allestì 25 punti vendita di prodotti con prezzi calmierati. E la cooperativa edile Gino Lucetti, intitolata all’anarchico carrarese che nel 1926 tentò di uccidere Benito Mussolini con una bomba a mano, diede lavoro a 1.500 operai delle cave di marmo. Gli anarchici organizzavano corsi di ballo in città, iniziative culturali e le colonie estive per i bambini. «Il nostro è un anarchismo sociale improntato al mutuo soccorso», spiega l’operaio Zaccagna.
Il circolo Germinal porta lo stesso nome della biblioteca e ha aperto una sede provvisoria vicino al Duomo, dove organizza incontri e spesso ha un banchetto in piazza per distribuire volantini e raccogliere le firme per qualche petizione. Ospita anche le riunioni delle ragazze di un coro popolare. Le questioni affrontate più spesso riguardano i lavoratori delle cave e il cambiamento climatico. «Quando qualche mese fa abbiamo appeso sulle mura del Duomo uno striscione antimilitarista, il parroco ha impedito alla polizia di toglierlo e di denunciarci, dandoci ragione», racconta Caleo, il docente.
«Gli anarchici militanti oggi a Carrara sono meno di un tempo, ma il tessuto sociale rimane permeato dall’anarchismo», dice ancora Caleo. Quando lo scorso febbraio la sindaca Serena Arrighi, del Partito Democratico, ha intitolato una piazza a Fabrizio De André, il drappo tricolore che copriva la targa è stato scoperto da un militante con la punta di una bandiera con i colori rosso e nero dell’anarchia. Le persone in piazza hanno intonato Addio Lugano bella, una popolare canzone anarchica di fine Ottocento.
Alla Cooperativa Tipolitografica è in preparazione il nuovo numero di Umanità Nova, il settimanale fondato nel 1920 da Errico Malatesta, tra i più importanti teorici del movimento. Man mano che vengono stampate, le copie destinate agli abbonati vengono messe in buste bianche, che vengono etichettate e preparate per la spedizione. Tutto è molto artigianale e chi può viene a dare una mano per confezionare le copie o timbrare le buste. La Cooperativa Tipolitografica stampa gran parte dell’editoria libertaria italiana, ma Umanità Nova soffre comunque la crisi della carta stampata. «Ogni settimana ne stampiamo 1.700 copie, ma fino a qualche anno fa ne distribuivamo seimila», dice Silvio Corsini, che è socio della cooperativa e ci lavora a tempo pieno.
Gli anarchici aprirono la tipografia nel 1974 proprio a Carrara «perché cercavano un luogo sicuro dagli attacchi dei neofascisti, che a Roma un paio di volte avevano provato a incendiare la tipografia in cui stampavano», racconta Corsini. Occuparono le cantine di un vecchio edificio, comprarono le macchine e «lasciarono i loro lavori per imparare a usarle». Con il tempo hanno comprato i locali e hanno creato una cooperativa che nel suo statuto ha la missione di diffondere il pensiero libertario ed egualitario.
L’8 agosto il circolo intitolato a Gogliardo Fiaschi, un anarchico carrarese che aveva partecipato alla Resistenza sulle Alpi Apuane e alla guerra di Spagna, è stato perquisito dalla polizia nell’ambito di un’indagine della procura di Genova per il reato di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. Un militante è stato arrestato, altri tre sono finiti agli arresti domiciliari e per cinque è stato ordinato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Tra gli indagati c’è anche Gino Vatteroni, uno storico che ha scritto libri sul movimento anarchico a Carrara.
Nell’ordinanza firmata dal gip (giudice per le indagini preliminari) Riccardo Ghio si legge che sono sospettati di «aver costituito un gruppo informale di ispirazione anarco-insurrezionalista a Carrara, presso il circolo culturale anarchico Gogliardo Fiaschi, dedito alla propaganda sovversiva». Sul quindicinale Bezmotivny, che vuol dire “senza motivo” in russo ed è il nome di un’organizzazione anarchica dei primi del Novecento, pubblicavano comunicati di gruppi anarchici di tutto il mondo, inclusi scritti dal carcere di Alfredo Cospito, l’anarchico che di recente ha praticato per sei mesi uno sciopero della fame contro la detenzione al 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”.
La prima pagina dell’ultimo numero di Bezmotivny è esposta nella bacheca all’aperto del circolo, al fianco di un volantino che pubblicizza un concerto in solidarietà «con i compagni indagati» e sotto un altro che invita a una manifestazione a Roma per Alfredo Cospito. La sede, in pieno centro, è aperta e chiunque può entrare per scambiare quattro chiacchiere, consultare un libro o una rivista.
«Il circolo Gogliardo Fiaschi è da diversi decenni il circolo che forse rappresenta di più l’identità e la storia» degli anarchici a Carrara, ha scritto sul manifesto Marco Rovelli, scrittore ed ex cantante del gruppo Les Anarchistes. A suo parere, «mettere agli arresti Gino Vatteroni e i suoi compagni per propaganda sovversiva è un gesto politico che sembra riportarci indietro nel tempo, a quell’Ottocento in cui gli anarchici venivano messi in galera per il semplice fatto di essere tali». Il 2 settembre il tribunale del riesame ha cancellato l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo, mantenendo solo l’indagine per stampa clandestina e per le offese all’onore del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: era stato attaccato su Bezmotivny per aver condannato le proteste dei portuali di Trieste contro il Green Pass.