Salvo d’Acquisto, «esempio luminoso d’altruismo»
Si dichiarò colpevole di un fatto che non aveva commesso per salvare altre 22 persone, e il 23 settembre 1943 venne fucilato dai nazisti
Il 23 settembre del 1943, ottant’anni fa, morì Salvo D’Acquisto. Era un carabiniere che sarebbe diventato simbolo della Resistenza italiana all’occupazione nazista nel periodo seguito all’armistizio dell’8 settembre di ottant’anni fa. A 23 anni si sacrificò per salvare altre 22 persone innocenti ma accusate di aver fatto esplodere alcune bombe che uccisero e ferirono tre ufficiali tedeschi: D’Acquisto mentì dichiarandosi colpevole e venne fucilato, permettendo ai civili di salvarsi. Fu considerato un «esempio luminoso d’altruismo», e per questo premiato con la medaglia d’oro al valor militare, il massimo riconoscimento possibile nelle forze armate.
D’Acquisto nacque nel 1920 a Napoli, primo di cinque figli in una famiglia povera, in cui il padre faceva l’operaio. Lui ebbe la possibilità di diplomarsi al liceo ginnasio (più o meno corrispondente all’attuale liceo classico), ma poi dovette abbandonare gli studi per dedicarsi al lavoro. Come per moltissimi altri giovani dell’epoca, la vita di D’Acquisto fu scandita dagli eventi della Seconda guerra mondiale. Nel 1939 fu chiamato per il servizio di leva militare, ma prima di prendere servizio si arruolò come volontario nei Carabinieri. Inizialmente fu assegnato a una stazione di Roma, ma nell’ottobre del 1940 – quattro mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia, al fianco della Germania – si arruolò come volontario e venne mandato a Tripoli, in Libia, con l’incarico di sorvegliare i campi di aviazione. Contrasse la malaria, fu spostato in vari ospedali del paese, da Bengasi a Derna, e a causa della lunga convalescenza tornò in Italia, dove fu ammesso alla scuola per sottufficiali dei Carabinieri per poi venire nominato vicebrigadiere.
Fu assegnato alla stazione di Torrimpietra, una piccola località che oggi è una frazione di Fiumicino, a una ventina di chilometri da Roma. Era il 1943: l’8 settembre l’armistizio di Cassibile, firmato tra l’Italia e gli Alleati angloamericani, divise il paese in due. Gran parte del Sud fu liberata, mentre nel Nord i fascisti costituirono la Repubblica Sociale Italiana.
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Roma rimase occupata dai tedeschi fino al giugno del 1944. Arrivarono anche nelle zone vicine alla caserma di D’Acquisto e una formazione di paracadutisti si posizionò in alcune vecchie strutture della Guardia di Finanza, a Torre di Palidoro, una ventina di chilometri a ovest di Roma, sulla costa tirrenica. Era una situazione incerta e caotica, in cui l’esercito italiano era per lo più allo sbaraglio e non sapeva come comportarsi di fronte all’occupazione delle forze tedesche, data la frammentazione generale del territorio nazionale.
Il 22 settembre del 1943 a Palidoro i paracadutisti tedeschi stavano ispezionando sommariamente alcune casse trovate nella struttura che avevano occupato: non sapevano che dentro ci fossero bombe a mano che esplosero, ferendo due militari e uccidendone un terzo. I tedeschi incolparono i cittadini locali pur sapendo che non c’entravano niente, dissero che se entro l’alba del giorno successivo non si fosse fatto avanti un colpevole ci sarebbe stata una rappresaglia.
In quel periodo D’Acquisto faceva le veci del maresciallo della sua caserma, che era stato temporaneamente convocato a Roma. Fu quindi chiamato a indagare sull’esplosione, ma capì che era stato un incidente. I tedeschi però non accettarono la spiegazione di D’Acquisto e nella mattinata del 23 settembre arrestarono 22 persone, a cui furono date vanghe e picconi per scavare fosse in cui poi sarebbero stati sepolti. Tutti continuarono a dire di essere innocenti.
D’Acquisto allora si dichiarò colpevole dell’esplosione. I 22 ostaggi furono rilasciati, mentre D’Acquisto fu fucilato e abbandonato vicino alle fosse appena scavate. Il suo corpo venne trovato dopo giorni da alcuni abitanti che lo presero e lo seppellirono nel cimitero di Palidoro.
Anche per questo motivo, la storia di D’Acquisto non divenne subito nota. Come ha spiegato in una puntata del programma di Rai Storia Passato e Presente la storica Isabella Insolvibile, i fatti si svolsero in una località periferica e in un momento in cui le comunicazioni con Roma e con le autorità centrali erano scarse. Oggi la storia di D’Acquisto è abbastanza nota, tuttavia non sono mai state pubblicate ricerche storiche approfondite su di lui: «C’è un problema di fonti, che sono molto scarse, e il fatto che la storia [di D’Acquisto] è molto breve», ha spiegato Insolvibile.
Durante la trasmissione sono state mostrate anche le interviste a due uomini che facevano parte dei 22 arrestati per le bombe a mano. Uno di questi ha raccontato che poco prima di morire D’Acquisto disse agli ostaggi:
Io il mio dovere l’ho fatto.
Il secondo uomo intervistato fu anche tra quelli che recuperarono la salma dopo la fucilazione. Fecero preparare una bara e trasportarono il corpo fino al cimitero.
Il 25 febbraio del 1945 alla memoria di D’Acquisto fu conferita la medaglia d’oro al valor militare per aver scritto «una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo» nella storia dei Carabinieri. Oggi la sua tomba si trova nella basilica di Santa Chiara di Napoli, la città in cui è nato.
Nel 1983 venne anche avviato il processo di beatificazione per D’Acquisto, che però non fu mai completato. Il carabiniere è comunque riconosciuto come “Servo di Dio”, un titolo che la Chiesa cattolica assegna ai fedeli per i quali è stata avviata una causa di canonizzazione. Negli anni la storia di D’Acquisto è stata raccontata da molti libri, film, programmi televisivi e progetti di ricerca, tra cui il portale Biografie Resistenti curato dall’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI (Isacem). Ci sono anche molte scuole, vie e piazze in tutta Italia che portano il suo nome.