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  • Venerdì 22 settembre 2023

FICO ci riprova

Il parco tematico agroalimentare di Bologna tenterà per l'ennesima volta di rinnovarsi dopo anni di insuccessi e bilanci in perdita, cambiando anche il nome

La preparazione dei tortellini a FICO
La preparazione dei tortellini in uno stand di FICO, a Bologna (Roberto Serra/Iguana Press/Getty Images)
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Nei prossimi mesi FICO Eataly World, il parco tematico dedicato al settore agroalimentare aperto a Bologna nel 2017, si rinnoverà completamente e cambierà nome: si chiamerà Grand Tour Italia, un richiamo al viaggio che i giovani dell’aristocrazia britannica erano soliti fare in Italia nell’Ottocento. È l’ennesimo tentativo di rilanciare il parco, che negli ultimi anni ha chiuso bilanci in perdita e ha avuto un numero di ingressi molto al di sotto delle previsioni iniziali. La notizia del rinnovo non era attesa, anzi è stata annunciata all’improvviso da Oscar Farinetti, il fondatore della catena di distribuzione e ristorazione Eataly e titolare della società di gestione del parco. Intervistato da Radio 24, Farinetti ha detto che FICO riaprirà più bello e più grande di prima.

FICO è l’acronimo di Fabbrica Italiana COntadina. Si trova nell’area del CAAB, il centro agroalimentare di Bologna, un grande mercato all’ingrosso nato nel 2000. Nella sua versione iniziale FICO era stato pensato come un grande parco con 40 fabbriche dove i visitatori avrebbero potuto vedere da vicino la lavorazione della carne, dei formaggi, la spremitura delle olive per fare l’olio, la preparazione della pasta e di altri prodotti tipici della cucina italiana. C’erano anche due ettari di campi e stalle con animali oltre a novemila metri quadrati di mercato e soprattutto 45 tra ristoranti e chioschi di street food. All’epoca i giornali lo definirono la “Disneyland del cibo”.

Anche il comune di Bologna venne coinvolto nell’operazione proprio attraverso il CAAB, partecipato all’80 per cento dall’amministrazione, che mise a disposizione l’area, valutata 55 milioni di euro. In totale furono investiti 140 milioni di euro per la costruzione del parco. L’idea era che FICO potesse intercettare i tanti turisti che arrivano a Bologna perché interessati alla gastronomia italiana, nel tentativo di raccogliere l’eredità dell’Expo 2015 di Milano.

C’erano molte aspettative. Era stato previsto un flusso di 6 milioni di visitatori all’anno e un fatturato di 90 milioni di euro. Il modello di business era basato non su un biglietto di ingresso, ma sulle percentuali chieste ad aziende e negozi presenti: il 20 per cento sulle vendite al dettaglio, il 30 per cento sugli incassi nei ristoranti e nei chioschi. Fin dall’inizio fu chiaro che con un basso numero di clienti nei ristoranti sarebbe stato impossibile raggiungere la sostenibilità economica.

Già nel primo anno le cose non andarono secondo le previsioni. L’utile fu di soli 19mila euro e nel 2019 i visitatori furono meno di 2 milioni con perdite nette pari a oltre 3 milioni di euro. Non attirava i bolognesi né i turisti provenienti da altre regioni o dall’estero. Una ricerca di mercato commissionata dalla società di gestione mostrò che l’indice di fedeltà, cioè la percentuale di visitatori tornati più di una volta, era fermo al 7 per cento. «È spesso percepito dai visitatori come un centro commerciale con vendita e somministrazione di prodotti alimentari», diceva la relazione. Soprattutto per chi abita a Bologna sembra un controsenso uscire dalla città per andare in una sorta di centro commerciale del cibo quando la stessa città offre moltissimi ristoranti. Gli scarsi collegamenti tra il centro della città e il parco, inoltre, sono un limite non trascurabile a cui è difficile trovare una soluzione.

I problemi aumentarono a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Nel 2021 fu individuato un nuovo amministratore delegato, Stefano Cigarini, già amministratore di Cinecittà World, il parco divertimenti del cinema fuori Roma. La linea cambiò completamente, fu introdotto un biglietto di ingresso a pagamento e i giorni di apertura diminuirono.

I risultati però non sono arrivati. Nel 2022 gli ingressi sono stati 400mila, molto al di sotto delle previsioni iniziali e della soglia per chiudere il bilancio in pari. «Diciamo che fra le cose che non mi sono venute propriamente bene, FICO è una di queste», ha detto Farinetti. «Tra parentesi, a me piace da morire e continua a piacere ogni volta che vado. Forse mi sono spiegato male e quindi va rivisto».

show cooking a Fico

Uno show cooking a FICO (Roberto Serra/Iguana Press/Getty Images)

Farinetti ha detto che nel nuovo FICO si potrà fare un viaggio tra le specialità gastronomiche di tutte le regioni italiane: per questo si chiamerà Grand Tour Italia. «Racconteremo la biodiversità delle regioni, con le osterie che cambieranno tutti i mesi nel mondo Slow Food; ci saranno grandi aree didattiche, le regioni porteranno il loro folk, ovvero le manifestazioni locali, insomma una cosa bellissima e strepitosa», ha detto. Tra le altre cose non si sa ancora se il parco dovrà chiudere totalmente per qualche mese oppure se si potranno portare avanti i cantieri chiudendo soltanto alcune zone. L’inaugurazione di Grand Tour Italia è prevista per aprile del 2024. Non ci sarà un biglietto di ingresso a pagamento.

L’annuncio di Farinetti ha sorpreso anche molti imprenditori che fanno parte della società. Daniele Ravaglia, vicepresidente di Confcooperative Terre d’Emilia, che ha investito 2,5 milioni di euro per il 5 per cento del capitale sociale, ha detto a Repubblica Bologna di essere venuto a conoscenza del progetto di rinnovo dalle agenzie di stampa. «Quanti altri progetti di rilancio serviranno per far funzionare FICO? Credo che questo sia il quarto tentativo di salvarlo», ha detto.