Le grosse proteste in Armenia contro il cessate il fuoco nel Nagorno Karabakh
Migliaia di manifestanti hanno accusato il governo armeno di non fare abbastanza per il territorio separatista, attaccato dall'Azerbaijan
Mercoledì sera a Yerevan, capitale dell’Armenia, ci sono state proteste molto partecipate contro il governo armeno, accusato da migliaia di manifestanti di non stare facendo nulla per impedire l’aggressione dell’Azerbaijan del Nagorno Karabakh, un territorio separatista che si trova dentro i confini azeri ma è abitato da una popolazione a stragrande maggioranza armena.
Le proteste, che si sono concentrate davanti alla sede del governo, si sono svolte poche ore dopo che il governo azero aveva raggiunto un accordo con le autorità del Nagorno Karabakh per un cessate il fuoco, concludendo così una vasta operazione militare che era iniziata il giorno prima.
Il governo locale del Nagorno Karabakh, non riconosciuto nel resto del mondo, è di fatto controllato dall’Armenia. L’Azerbaijan aveva iniziato ad attaccare il territorio martedì pomeriggio, definendo l’operazione militare un’azione «antiterrorismo» decisa dopo che negli scorsi giorni alcuni civili e poliziotti azeri erano morti a causa dell’esplosione di una mina.
Il cessate il fuoco è considerato un’importante vittoria del governo azero, che ha ottenuto gran parte dei propri obiettivi, a cominciare dalla smilitarizzazione delle forze separatiste presenti in Nagorno Karabakh. Il governo armeno, invece, ha deciso di non intervenire in difesa dei separatisti, di fatto lasciando all’Azerbaijan il controllo del territorio.
È una decisione che è stata molto contestata dai manifestanti armeni, che temono per la salvaguardia della popolazione di etnia armena del Nagorno Karabakh: i manifestanti hanno esposto cartelli in cui hanno espressamente parlato del rischio che venga compiuto «un genocidio» nel territorio, cantato slogan in cui hanno inneggiato alla libertà dell’Artsakh (il nome armeno del Nagorno Karabakh), e definito il primo ministro armeno Nikol Pashinyan «un traditore». Ci sono stati anche scontri con la polizia: diverse persone sono rimaste ferite, sia tra i manifestanti che tra le forze dell’ordine.
Sempre mercoledì sera il presidente azero Ilham Aliyev ha tenuto un discorso in televisione per spiegare la posizione del suo governo su quello che sta succedendo.
Ha detto di non avere nulla contro la popolazione di etnia armena del Nagorno Karabakh ma solo contro il governo separatista, definito «una giunta criminale». Ha detto che gli armeni del Nagorno Karabakh «hanno scordato di far parte dell’Azerbaijan» ma ha aggiunto che verrà rispettato il loro diritto a praticare la religione cristiana (l’Azerbaijan è un paese a maggioranza musulmana) e che potranno partecipare alle elezioni azere. «Faremo diventare il Nagorno Karabakh un paradiso», ha detto Aliyev. Le sue dichiarazioni vanno ovviamente prese con le molle, perché non c’è nessuna garanzia che rispetterà la parola data.
Le parole di Aliyev non hanno rassicurato le circa 120mila persone di etnia armena che abitano il territorio del Nagorno Karabakh, preoccupate di possibili rappresaglie e violenze da parte dell’esercito azero ora che le autorità locali hanno accettato il cessate il fuoco. Moltissime sono andate verso la capitale Stepanakert, nella speranza di raggiungere l’aeroporto: centinaia di persone si trovano ancora lì, bloccate in attesa di capire se riusciranno a fuggire in Armenia.
#Russian peacekeepers are evacuating residents of nearby #Askeran villages to the territory of #Stepanakert airport in Ivanyan settlement, where the headquarters of the Russian peacekeeping forces is located.#SaveArtsakh pic.twitter.com/unKFpI3G0m
— Alphanews Armenian Network (@AlphaNewsAM) September 20, 2023
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