La Polonia non fornirà più armi “nuove” all’Ucraina
Inizialmente il governo polacco aveva annunciato che avrebbe smesso di vendere qualsiasi arma, ma poi c'è stata una rettifica
Il 21 settembre il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki aveva annunciato che la Polonia avrebbe smesso di fornire armi all’Ucraina. Morawiecki aveva spiegato che la decisione era stata presa a causa delle tensioni degli ultimi giorni nate a seguito della decisione del governo polacco di vietare la vendita di grano ucraino sul proprio territorio (l’Ucraina è una grande esportatrice di cereali). Alcune ore dopo queste dichiarazioni il presidente polacco Andrzej Duda ha però rettificato, sostenendo che il primo ministro fosse stato male interpretato e che la Polonia non fornirà all’Ucraina solo le «armi nuove che sta producendo» e che non ci saranno problemi nel fornire all’Ucraina armi vecchie in dotazione dell’esercito polacco dopo che saranno state sostituite da armi più moderne.
La Polonia era stata finora uno dei più risoluti alleati dell’Ucraina sin dai primi giorni dell’invasione russa, fornendo aiuti economici, garantendo supporto logistico, accogliendo oltre 1,5 milioni di profughi e sostenendo lo sforzo bellico ucraino con armi di vario tipo.
Le tensioni fra i due paesi erano cominciate a maggio, ma la situazione si era ulteriormente complicata nell’ultima settimana dopo che l’Ucraina aveva protestato per la decisione polacca di vietare la vendita del suo grano in Polonia. La questione dell’esportazione del grano ucraino è uno degli effetti commerciali più complessi e discussi dell’invasione russa dell’Ucraina. A luglio la Russia aveva deciso di ritirarsi dall’accordo che garantiva a navi commerciali l’uso di tratte marittime sul mar Nero per esportare il grano e gli altri cereali ucraini. Questo aveva costretto il governo ucraino a cercare nuove soluzioni.
Ora il grano ucraino viene trasportato principalmente via terra verso ovest: vari paesi dell’Europa centrale sono diventati un’importante via di transito e destinazione finale per grano, mais, colza e semi di girasole ucraini.
Molti di questi paesi si erano lamentati per il timore che l’entrata nel loro mercato di così grandi quantità di cereali avrebbe danneggiato gli agricoltori locali, facendo scendere il prezzo dei prodotti. L’Unione Europea aveva quindi istituito a maggio un divieto temporaneo di vendita dei cereali ucraini valido per cinque paesi: Bulgaria, Ungheria, Romania, Slovacchia e appunto Polonia. La regolamentazione scadeva il 15 settembre ma Ungheria, Slovacchia e Polonia avevano deciso di prolungare il divieto autonomamente. Oggi quindi permettono il transito del grano ucraino sul proprio territorio, ma non la vendita.
La decisione dei tre governi era stata criticata dalla Commissione Europea, per cui non era lecito che paesi membri decidessero autonomamente dazi su certi prodotti. Ma soprattutto era stata criticata dall’Ucraina. Il governo ucraino aveva denunciato i tre paesi all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra gli stati membri. Durante il discorso tenuto martedì all’Assemblea Generale dell’ONU, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva inoltre apertamente criticato la Polonia parlando di un «teatrino politico» e di comportamenti che nascono per ragioni di politica interna ma finiscono col favorire la Russia.
A quel punto la Polonia aveva convocato l’ambasciatore ucraino per lamentarsi delle accuse e il primo ministro polacco Morawiecki aveva minacciato di aumentare il numero dei prodotti ucraini sottoposti a divieto di vendita se l’Ucraina avesse continuato a «cercare di mettere pressione, con messaggi negli incontri internazionali e con denunce».
La Polonia è in piena campagna elettorale, il 15 ottobre si terranno le elezioni parlamentari e la situazione politica è decisamente più confusa rispetto alle ultime due elezioni, stravinte dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia. Oggi Diritto e Giustizia è dato diversi punti sotto al 43,6 per cento dei voti che ottenne nel 2019, e quasi sicuramente per formare un governo dovrà trovare almeno un alleato. Il partner più plausibile sembra Confederazione Libertà e Indipendenza, un raggruppamento di partiti che ha posizioni ancora più radicali e che i sondaggi stimano intorno al 10 per cento. Il tema dei prezzi del grano è diventato centrale nel dibattito pubblico polacco e il partito al governo teme di perdere una quota dei propri voti fra agricoltori e allevatori.
Come altri paesi dell’Europa orientale particolarmente preoccupati dalle volontà espansionistiche della Russia, in questi mesi la Polonia è stata fra gli alleati più fedeli e risoluti dell’Ucraina: è stato il primo paese della NATO a approvare l’invio di caccia da guerra, ha rifornito l’esercito ucraino con oltre 200 carri armati di produzione sovietica e secondo i dati del Kiel Institute ha complessivamente fornito aiuti per oltre 4 miliardi di euro, fra armi e sostegno finanziario e umanitario.
Già prima dell’annuncio polacco, l’Ucraina si era detta disposta a mettere in piedi «un programma costruttivo» per superare il problema del grano. La Romania ha annunciato che discuterà con il governo ucraino un piano di controllo di esportazioni e importazioni entro i prossimi trenta giorni.
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