In Romagna i soldi per la ricostruzione arrivano soprattutto dai privati
Quattro mesi dopo l'alluvione istituti ed enti come la Biblioteca Manfrediana di Faenza fanno affidamento sulle donazioni
di Angelo Mastrandrea
Lungo il corso Aurelio Saffi, nel centro di Faenza, quindici negozi non hanno ancora riaperto dopo l’alluvione del 16 maggio. Il fiume di acqua e fango che era tracimato dal fiume Lamone e si era incanalato lungo la strada ha lasciato uno strascico di polvere, vetrine ancora sporche e mura che trasudano umidità. Paola Donati e Maurizio Triolo avevano un negozio di scarpe che ora stanno provando a sistemare. Nel frattempo hanno aperto in un altro locale un «negozio temporaneo di scarpe alluvionate», mettendo in vendita la merce che sono riusciti a recuperare. «Sono finite sott’acqua quasi tremila paia, alcune siamo riusciti a salvarle, le abbiamo ripulite e ora le vendiamo a dieci euro, giusto per recuperare qualcosa», dice Triolo. «Per fortuna nei giorni dell’emergenza ci hanno aiutato i volontari, e ora i fornitori di scarpe ci stanno dando una mano a ripartire».
Finora i commercianti alluvionati non hanno ricevuto nessun aiuto pubblico: il contributo di 5mila euro della Regione, gestito dal comune, è rivolto a chi ha avuto l’abitazione danneggiata o è rimasto senza casa e non alle attività commerciali, mentre dei due miliardi e mezzo stanziati dal governo Meloni non si sa ancora nulla. «Chi poteva ha sistemato il negozio con le proprie risorse e chi non aveva la possibilità ha chiuso definitivamente», spiega Triolo.
A poche decine di metri di distanza, in una sala della Biblioteca comunale Manfrediana, sono stati accatastati tutti i libri salvati dall’inondazione. «Qui abbiamo ricoverato i libri sopravvissuti al fango», dice mutuando il linguaggio ospedaliero Denise Picci, che si occupa delle collezioni alluvionate. Lei li ha messi in ordine ed è in grado di ricostruire quali libri sono stati sommersi e dove si trovano quelli che si sono salvati. «Per fortuna le collezioni più antiche erano conservate al primo piano e non sono state toccate».
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L’acqua ha sommerso solo la collezione contemporanea, che era al pianterreno. «Abbiamo dovuto buttare 12mila libri, 7mila dei quali di letteratura. Il fango aveva gonfiato la carta e incollato le pagine l’una all’altra, abbiamo dovuto tirarli fuori dagli scaffali a martellate», spiega la direttrice della biblioteca, Daniela Simonini. Ora le bibliotecarie stanno provando a ricostituire la parte perduta, grazie a migliaia di persone che hanno versato soldi su un conto corrente del comune, a donazioni di libri e alla collaborazione della rete bibliotecaria dell’Emilia-Romagna. «Non possiamo conservare tutto quello che ci viene spedito, teniamo solo i libri nuovi o in buono stato e verifichiamo che non ci siano doppioni», dice Simonini.
La biblioteca, aperta alla fine del Settecento, conserva 590mila documenti tra manoscritti, incunaboli, carteggi e libri provenienti dalle biblioteche delle congregazioni religiose soppresse nel 1810, nonché fondi privati, archivi notarili, pezzi d’antiquariato e persino strumenti musicali. Oggi ospita diverse sale per la lettura, una delle quali per ragazzi, un’aula magna e un’emeroteca, ci lavorano 13 dipendenti, è frequentata da 30mila persone all’anno e nel 2022 ha prestato 70mila libri. Dal 1944, quando fu danneggiata da un bombardameno angloamericano, non aveva mai chiuso. L’alluvione l’ha costretta a fermare le attività per quasi due mesi.
La Manfrediana ha potuto contare sul sostegno di cittadini da tutta Italia, intellettuali e istituzioni culturali. Lo scrittore faentino Cristiano Cavina è andato a spalare il fango, il parmense Paolo Nori ha mandato tutti i suoi libri, l’Istituto di cultura giapponese ha spedito libri di letteratura nipponica, una signora ha riacquistato tutti i libri di letteratura ebraica andati perduti e molti libri nuovi sono arrivati grazie all’iniziativa del “libro sospeso”: chiunque va in una libreria di Faenza è invitato a regalare un libro per ricostituire la collezione.
Grazie a questo sostegno, la biblioteca è riuscita a ripartire, dando la possibilità di consultare i libri nuovi man mano che arrivano e vengono catalogati. Simonini dice che le donazioni private sono state sufficienti per riaprire al pubblico ma non basteranno a ripristinare tutta la struttura. I danni agli arredi e alle sale allagate sono stimati in alcune centinaia di migliaia di euro, e al momento dallo Stato non è arrivato nessun aiuto economico.
La città di Faenza, che conta 59mila abitanti, è stata una delle più danneggiate dalle alluvioni di maggio in Romagna. Il fiume Lamone, che taglia la città in due, è esondato una prima volta il 2 maggio, inondando strade, giardini, negozi e i piani bassi delle case dei quartieri circostanti, in particolare il Borgo Durbecco, a est. Il 16 maggio l’acqua ha di nuovo superato gli argini ed è arrivata fino al centro storico, allagando i negozi lungo il corso Aurelio Saffi e la biblioteca Manfrediana, appunto. I quartieri a ridosso del Lamone e del suo affluente Marzeno hanno avuto la peggio.
Molte case sono ancora vuote e lasciate aperte ad asciugare, mentre in altre sono in corso lavori di ristrutturazione. 160 famiglie sono ospitate negli alberghi a spese del comune e 1.794 ricevono il cosiddetto Contributo di autonoma sistemazione (CAS), una somma che va dai 400 a 900 euro ogni tre mesi, a seconda delle dimensioni del nucleo familiare, assegnata dalla regione a chi è stato costretto a lasciare la propria casa e a cercarsi un appartamento in affitto. Altre 3.907 famiglie hanno consegnato al comune i moduli del Contributo di immediato sostegno per i danni subiti alle abitazioni, che può arrivare fino a 5mila euro.
I primi in assoluto ad aver ricevuto un contributo economico, tra i 500 e i 3mila euro, sono però i 540 soci di Confcooperative, la principale organizzazione di rappresentanza delle cooperative italiane, che ha raccolto un milione e 80mila euro. «Nel giro di una ventina di giorni abbiamo dato un contributo aggiuntivo a quello regionale alle famiglie che avevano dichiarato di aver subìto dei danni», dice il direttore Andrea Pazzi.
Anche il comune ha deciso di dare 750mila euro raccolti attraverso donazioni private. Alle famiglie che hanno un ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) non superiore ai 24mila euro e che hanno già fatto richiesta del contributo regionale darà altri 2mila euro. Per averli basterà una semplice autocertificazione. Altri 80mila euro sono stati assegnati dal comune alla Camera di Commercio per sostenere le imprese danneggiate.
«Sono cifre insufficienti per chi come noi ha perso tutto», dice Valentina Mascaretti, una insegnante di liceo che, insieme al marito, ha fondato il comitato alluvionati di Faenza. La loro abitazione, una villetta che avevamo finito di ristrutturare nel 2019, è stata devastata dal fango ed è tuttora inagibile.
«Abbiamo perso tutto, dal computer agli elettrodomestici appena acquistati a una libreria con migliaia di libri», dice Mascaretti, che stima 150mila euro di danni. La coppia si è trasferita con i quattro figli – tra cui due gemelli che hanno meno di un anno – in un appartamento di 65 metri quadrati di proprietà di uno dei nonni. «È normale che non ci sia un piano abitativo per chi è rimasto senza casa?», dice.
Il governo di Giorgia Meloni ha stanziato due miliardi e mezzo di euro in tre anni. Alla fine di giugno ha nominato il generale dell’esercito Francesco Paolo Figliuolo commissario straordinario per l’alluvione in Romagna, che rimarrà in carica un anno. «Dopo la nomina lo abbiamo incontrato e ci ha detto che non ci sono le risorse per finanziare il cento per cento della ricostruzione, ma che cercherà di quantificare i danni subìti», dice il sindaco di Faenza Massimo Isola, del Partito Democratico. Figliuolo ha firmato un’ordinanza che stanzia 860 milioni di euro, che però non arriveranno subito perché, ha detto, «bisogna perimetrare i danni subìti».
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«Dopo il terremoto del 2012 le regole della ricostruzione furono stabilite con un decreto arrivato una settimana dopo, qui dopo quattro mesi dobbiamo ancora decidere come fare le perizie dei danni», ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, del Partito Democratico. Non sono stati ancora diffusi i moduli per compilare le domande e non si conoscono i criteri con i quali saranno erogati i contributi. Il commissario ha solo assicurato al comune di Faenza 8 milioni di euro per pagare le imprese che hanno ripulito le strade e sono intervenute con autobotti e autospurghi nelle abitazioni.
Il sindaco Isola dice di aver trascorso gran parte degli ultimi quattro mesi a cercare i soldi per ricostruire gli spazi pubblici di Faenza colpiti dall’alluvione. Non si è rivolto allo Stato, ma ad aziende, banche e fondazioni. «Quando abbiamo capito che il governo non avrebbe stanziato nulla per le strutture danneggiate mi sono messo a cercare partner privati che potessero aiutarci a farlo», racconta. Isola elenca a braccio alcuni dei maggiori sostenitori: la Fondazione Tim ha finanziato con 300mila euro la riapertura di una scuola, per rifare la palestra la squadra di basket Virtus Bologna ha donato l’incasso di una partita e la Conad ha donato altri 300mila euro. 500mila euro sono arrivati da una banca locale e «decine di aziende da tutta Italia hanno mandato soldi». A questi si aggiungono altri 300mila euro raccolti dal Corriere della Sera e dalla tv La7 con una campagna di sottoscrizioni.
Hope, una ong che si occupa di bambini in difficoltà in tutto il mondo, ha avviato una campagna per raccogliere due milioni e mezzo di euro destinati alla ricostruzione dell’asilo “Il Girasole”, che si trovava a pochi metri dall’argine del Lamone. «Ho appena ricevuto due telefonate» conclude il sindaco. «Un’associazione di Carpi ha inviato 5mila euro per rifare un campetto di calcio e un’altra associazione ne ha raccolti altrettanti per un parco giochi».
A Borgo Durbecco l’esondazione del Marzeno ha devastato la Casa Francesca Cimatti, un centro diurno per anziani gestito da una cooperativa con 30 dipendenti, L’Alveare, legata alla vicina parrocchia di Sant’Antonino, che è proprietaria dell’edificio. L’acqua ha distrutto l’impianto elettrico, sfondato muri e reso inservibili gli arredi. Il centro diurno è stato trasferito in un’altra struttura e la cooperativa ha pagato i lavori per ripulirlo dal fango. «Quello che abbiamo visto di positivo è soltanto il volontariato e la solidarietà dei cittadini», dice don Marco Ferrini, parroco di Sant’Antonino.
«Non ci hanno neppure sospeso le bollette, che continuiamo a pagare nonostante il centro sia chiuso e inagibile da quattro mesi», dice il presidente della cooperativa L’Alveare, Andrea Bertoni. «A oggi non è stato neanche toccato il tema degli aiuti pubblici al terzo settore, per questo stiamo cercando di fare il possibile con i contributi che ci sono arrivati da associazioni e privati». La Caritas ambrosiana ha fatto sapere che se non basteranno le donazioni arrivate fin qui aggiungerà i soldi necessari a riaprire l’istituto.