Teoria e tecnica dei gol dei portieri
Ivan Provedel ha segnato martedì con la Lazio in Champions League, entrando in un gruppo ristretto: i gol arrivano sempre all'ultimo minuto, quando non c'è nulla da perdere, spesso di testa
Martedì sera la Lazio ha pareggiato la prima gara del suo girone di Champions League, contro l’Atletico Madrid, grazie a un gol di testa nei minuti di recupero del proprio portiere, Ivan Provedel. Era praticamente l’ultima azione della partita, la Lazio era in svantaggio 1-0 e Provedel ha lasciato la sua porta, la sua area di rigore e la sua metà campo per andare in attacco in occasione di un calcio d’angolo.
È una scena che si vede piuttosto di frequente, nei minuti finali di una partita in cui una squadra cerca disperatamente di segnare e si espone quindi al rischio di subire un gol nel tentativo di farlo. Se le concitate azioni degli ultimi minuti vengono interrotte per un calcio da fermo – una punizione o un calcio d’angolo – capita che il portiere dia uno sguardo verso la sua panchina, ottenga un qualche assenso dall’allenatore e si aggiunga agli attaccanti.
È invece molto meno frequente che questa mossa porti effettivamente a un gol del portiere: quelli segnati sono molto rari e per questo ricordati e celebrati. Prima di Provedel i portieri che avevano segnato in Champions League, la massima competizione europea, erano solo tre: l’unico precedente su azione era del turco Sinan Bolat, con la squadra belga dello Standard Liegi, mentre gli altri due portieri erano specialisti dei calci di rigore, una categoria che merita un discorso a parte. In Serie A l’ultimo caso di gol di un portiere su azione è del 2017: fu Alberto Brignoli del Benevento contro il Milan, segnò nei minuti di recupero il pareggio (2-2) che valeva anche il primo punto della sua squadra in quel campionato, dopo 15 partite.
L’efficacia in termini statistici dell’avanzamento dei portieri su calcio piazzato è probabilmente molto bassa, tanto che alcuni allenatori la giudicano un gesto quasi scaramantico, ma nelle situazioni in cui è necessario provare qualcosa per recuperare il risultato lo fanno quasi tutti. Uno dei motivi è che le controindicazioni sono poche. Lasciando la propria porta senza difesa aumentano i rischi di far segnare l’avversario, ma spesso, se già si è in svantaggio, è ininfluente per il risultato finale.
In certe occasioni i portieri in attacco hanno favorito quelli della squadra avversaria, che recuperato il pallone hanno segnato da lontanissimo con un calcio di rinvio. In altre hanno permesso le corse solitarie di giocatori avversari, arrivati fino alla porta con il pallone fra i piedi: accadde a Madrid nel 2018, nella memorabile finale di coppa Libertadores (la Champions del Sudamerica) fra River Plate e Boca Juniors, due squadre argentine divise da un’antica rivalità.
Ma portare un portiere in attacco può essere anche una soluzione non dettata unicamente dalla disperazione: nelle situazioni di calcio da fermo, le più studiate e preparate sia a livello difensivo che offensivo dagli allenatori, aggiungere un uomo alla squadra d’attacco può far saltare i meccanismi difensivi. Succede sia quando la squadra in difesa marca “a uomo”, cioè affidando a ogni suo giocatore un avversario, sia quando lo fa a zona, cioè quando ciascun difensore copre una determinata zona del campo. Quest’ultima è un’eventualità più frequente e in questo caso la superiorità numerica può diventare un fattore.
Massimo Taibi, portiere che negli anni ’90 giocò anche brevemente nel Milan e nel Manchester United, fu tra i primi a segnare un gol nel campionato italiano. Era l’aprile del 2001, la Reggina giocava uno scontro diretto per restare in Serie A contro l’Udinese e stava perdendo 1-0: pareggiò lui, di testa su azione di calcio d’angolo. In seguito disse: «Ero andato avanti per creare scompiglio, il pensiero del gol era uno degli ultimi che mi passavano per la testa».
I portieri sono di statura media superiore a quella di molti giocatori di movimento, il che li rende tendenzialmente pericolosi quando si tratta di difendere sui calci d’angolo e sulle punizioni battute alte in area, con un cross. Provedel ha segnato contro l’Atletico Madrid con un gesto tecnico ben eseguito e in passato aveva già segnato un altro gol di testa, tre anni fa, sempre nei minuti di recupero, quando giocava con la Juve Stabia in Serie B. La maggior parte dei gol dei portieri su azione arriva proprio di testa. Michelangelo Rampulla segnò così con la Cremonese nel 1992, fu il primo portiere a farlo su azione in Serie A. Ma anche il turco Bolat in Champions, Peter Schmeichel con il Manchester United in Coppa Uefa nel 1999, il brasiliano Alisson con il Liverpool in Premier League, e Marco Amelia con il Livorno in Coppa Uefa nel 2007 (unico precedente di un portiere italiano nelle coppe europee).
Altre volte è proprio l’elemento di caos che introducono i portieri in attacco a risultare decisivo: è il caso del gol che non è mai stato ufficialmente assegnato a Francesco Toldo. Il portiere dell’Inter lo condivise con Christian Vieri nei minuti finali del “derby d’Italia” del 19 ottobre 2002 contro la Juventus. Su un calcio d’angolo battuto da Emre, con la Juventus in vantaggio di un gol, il pallone gli finì in qualche modo davanti: lo spinse verso la porta con la coscia destra e prima di andare in gol, la palla cadde sopra Vieri, steso a terra, che la spinse in porta con una gamba.
Questi gol sono arrivati per lo più in modi casuali e inattesi, ma ci sono stati portieri che hanno segnato anche con una certa regolarità, in genere con punizioni e rigori. È una categoria completamente diversa, che comprende al suo interno un numero ristretto di portieri molto abili anche con i piedi o dotati di un tiro potente o preciso: molti di questi sono sudamericani, a partire dal brasiliano Rogerio Ceni, che nella sua lunga carriera segnò 131 gol, fra rigori e punizioni. È quello che ne ha segnati di più, seguito dal paraguaiano José Luis Chilavert (che ha il record di quelli segnati con la maglia di una nazionale) e dal messicano Jorge Campos, portiere atipico, più piccolo della media di statura e con un passato da attaccante.
Particolarmente spettacolare era il colombiano René Higuita, che negli anni Novanta non solo tirava i rigori e segnava, ma era noto per gesti tecnici come la parata “dello scorpione” o per pericolose uscite palla al piede in dribbling, che a volte producevano errori clamorosi. In Europa il record di gol segnati appartiene al bulgaro Dimitar Ivankov (42) e in Champions League al tedesco Hans-Jorg Butt, che fra il 2000 e il 2009 segnò su rigore tre reti, con tre squadre diverse (Amburgo, Bayer Leverkusen, Bayern Monaco) ma sempre contro la Juventus.
Questi portieri dal gol facile ebbero una diffusa fama fra gli appassionati di calcio durante tutta la carriera, proprio perché speciali e poco comuni. E ancora oggi l’idea che un portiere abbandoni la propria porta per andare all’attacco e magari segnare mantiene un certo fascino: online nei forum dei videogiocatori si trovano molte domande su come far sì che nei videogiochi di calcio il proprio portiere avanzi in occasione dei calci d’angolo.