L’estate dell’Albania

I turisti, molti dei quali italiani, sono aumentati drasticamente rispetto all'anno scorso portando con sé soldi e nuove prospettive, ma anche preoccupazioni

di Mariasole Lisciandro

Una spiaggia a Saranda, sulla costa sud (Zhang Liyun/Xinhua via ZUMA Press)
Una spiaggia a Saranda, sulla costa sud (Zhang Liyun/Xinhua via ZUMA Press)
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Da un anno all’altro è diventato sempre più comune sentire di persone che hanno trascorso le proprie vacanze in Albania. Nei primi sei mesi del 2023 hanno visitato il paese 3,4 milioni di turisti, un terzo in più dello stesso periodo dello scorso anno. Per dare un ordine di grandezza, i residenti in Albania sono 2,8 milioni. E il 2022 era già stato un ottimo anno con 7,5 milioni di turisti, superiori ai 6,4 milioni di turisti del 2019, prima della pandemia.

Quella che si è appena conclusa è stata un’estate eccezionale per il settore turistico albanese, che da una parte ha festeggiato gli ottimi numeri sugli arrivi e dall’altra sta cercando di capire come essere più pronto a ricevere così tanta gente e a soddisfare tutte le esigenze, a loro volta in aumento. È una prospettiva che non riguarda però solo il settore, ma tutto il paese, il cui modello di sviluppo economico punta molto sul turismo. La crescita preoccupa però chi teme che non sia conciliata come si deve con la tutela ambientale del paese, e che possa finire per aumentare le diseguaglianze sociali che già interessano l’Albania, che sta attraversando un momento paradossale: a fronte di milioni di turisti che arrivano da tutto il mondo a passarci le vacanze, gli albanesi continuano a lasciare il loro paese, mossi principalmente dalla voglia di lasciarsi indietro povertà e corruzione.

I motivi per cui le persone hanno deciso di visitare l’Albania negli ultimi anni sono diversi. Per alcuni c’è stata la curiosità di visitare un paese poco frequentato fino a pochi anni fa, un po’ per la sua reputazione di paese che poteva essere pericoloso e un po’ perché non suscitava concretamente l’interesse dei turisti. Per altri sono stati decisivi fattori più pratici, come la vicinanza all’Italia (ci si può arrivare anche in traghetto) e il fatto che sia una destinazione piuttosto economica rispetto ai prezzi altissimi che si sono visti quest’anno nelle mete più affollate (e che hanno portato gli italiani a prediligere in certi casi le mete estere).

L’Albania offre poi la possibilità di fare attività eterogenee, e per questo ha un turismo variegato, dalle famiglie che si fermano nei villaggi turistici della costa agli appassionati di trekking. Al classico turismo balneare del sud del paese, come quello che si trova nelle cittadine costiere di Valona, Dhermi e Saranda, si può accostare un turismo più culturale nelle aree storiche dell’interno, come Berat e Argirocastro, che sono oltretutto patrimonio dell’UNESCO. Ci sono poi i parchi naturali, come il Parco Nazionale del fiume Vjosa, che è stato istituito recentemente dal governo albanese proprio a tutela del fiume Vjosa, uno dei fiumi europei il cui corso è stato meno modificato da infrastrutture umane e una destinazione inclusa nell’elenco dei 52 luoghi da visitare di quest’anno secondo il New York Times.

Alcuni turisti che fanno il bagno nel fiume Vjosa (AP Photo/Felipe Dana, File)

L’Albania sta diventando sempre più popolare anche per la scena festaiola delle zone a sud. Saranda è la cittadina di mare che offre più discoteche e vita notturna. Nella vicina Dhermi poi da qualche anno a giugno si svolge il Kala Festival, una settimana di eventi di musica techno e altri legati al fitness e allo sport: porta in zona migliaia di persone e secondo vari osservatori ha contribuito a rendere popolare tutta la zona. Anche sulle coste del nord da qualche anno si svolge l’Unum Festival, un evento di musica elettronica che porta molti visitatori in una zona meno turistica.

L’Unum Festival a Shengjin, sulla costa nord dell’Albania (AP Photo/Visar Kryeziu)

Una buona parte dei turisti proviene dai paesi vicini, come il Kosovo o la Macedonia del Nord, ma tra i primi paesi per provenienza dei turisti c’è l’Italia: nei primi sei mesi dell’anno l’hanno visitata 310mila turisti italiani, il 57 per cento in più rispetto all’anno prima e quasi il 10 per cento del totale dei turisti arrivati nel paese. I dati si fermano a giugno, quindi non è ancora possibile farsi un’idea di come sia andata la stagione estiva. Ma già a giugno i turisti italiani sono stati più del doppio rispetto a giugno dell’anno scorso, segno che tra gli italiani è aumentato molto l’interesse.

«Quando chiedo ai turisti cosa li porta in Albania, generalmente mi viene risposto che li ha spinti la curiosità di visitare un paese che non avevano ancora visto e di cui si parla molto. Gli italiani invece mi rispondono molto sinceramente che si sa che l’Albania costa meno» dice Amos Ballico, che lavora come tour operator a Tirana e che nel frattempo studia sviluppo interculturale dei sistemi turistici alla Ca’ Foscari di Venezia.

Sebbene i prezzi varino molto in base alla zona e soprattutto in base al livello di alberghi e ristoranti, è comunque vero che sono generalmente inferiori alla media italiana: in ristoranti semplici e di medio livello si riesce a spendere anche 15 o 20 euro a persona, mentre nelle zone più turistiche, come quelle della costa meridionale, circa il doppio.

Anche il costo degli stabilimenti balneari e degli hotel è inferiore alla media italiana, ma comunque varia a seconda della stagione e non è detto che le strutture applichino tariffe così basse. «Molti italiani sono venuti qui in altissima stagione, per esempio ad agosto, pensando di fare una vacanza di lusso spendendo poco. Ma anche qui i prezzi salgono quando c’è tanta richiesta. Quindi in certi casi sono rimasti delusi di fronte a una vacanza non proprio low cost, soprattutto nelle zone più turistiche del sud» dice Giorgio Barbieri, imprenditore italiano che vive da dieci anni in Albania e che è proprietario del Diamond Hill Resort e del centro benessere Acquamarina a Valona.

Nonostante questo, in un’estate piena di rincari, molti italiani sono comunque andati a fare le vacanze in Albania. L’8 agosto il primo ministro albanese Edi Rama ha postato sulla sua pagina Instagram un meme di cui si è parlato molto e che paragonava in modo ironico il gran numero di turisti italiani che quest’anno hanno scelto di fare le vacanze in Albania all’ingente flusso di migranti che dall’Albania arrivarono in Italia via mare all’inizio degli anni Novanta. Entrambe le foto postate da Rama sembrano raffigurare la Vlora, la nave mercantile che proprio l’8 agosto del 1991 arrivò nel porto di Bari strapiena, con a bordo circa 20mila migranti.

 

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Da anni il governo di Rama ha cercato di incentivare il turismo in vari modi. Per esempio negli ultimi anni ha potenziato notevolmente le infrastrutture, che però rimangono tuttora il punto debole del paese. Nonostante sia uno stato piuttosto piccolo (è lungo circa 340 chilometri, poco più della distanza tra Milano e Firenze), per andare da nord a sud in auto talvolta ci vogliono parecchie ore. Non ci sono autostrade e gli attuali collegamenti non sono in condizioni ottimali. In più la viabilità è spesso resa complicata anche dal fatto che i navigatori satellitari non sono al passo con lo sviluppo urbanistico molto veloce: è facile insomma sbagliare i percorsi.

«In generale i turisti pensano di arrivare a Tirana e poi di riuscire a spostarsi facilmente in altre zone dell’Albania. E una volta che sono lì, si rendono conto invece che è un po’ più complicato» dice Ballico. «Nonostante il paese non sia grandissimo gli spostamenti da un punto a un altro prendono tempo, proprio per le strade che ci sono. Stanno facendo tanti progetti interessanti per accorciare i tempi» e migliorare le infrastrutture. Tra questi c’è per esempio il tunnel di Llogara, che sarà alternativo all’omonimo passo che serve per accedere alla costa sud del paese: la tratta si farà in 7-10 minuti, contro gli attuali 55 necessari per percorrere il valico di alta montagna. L’anno prossimo è poi prevista l’apertura di un aeroporto a Valona, il più grande centro della costa sud e un punto di riferimento nell’area più turistica del paese.

Da anni poi il governo incentiva la creazione di alberghi, sia con capitali nazionali che stranieri: in entrambi i casi sono previsti notevoli sgravi fiscali. Ultimamente sono arrivate anche le grosse catene di hotel, che hanno portato investimenti, posti di lavoro ma soprattutto esperienza«Qui ora puoi trovare marchi alberghieri internazionali come Radisson, Marriott, Intercontinental, Maritim, Melia, Hyatt. Fino a sei anni fa nessuno di questi nomi era in Albania» ha detto la ministra del Turismo e dell’Ambiente Mirela Kumbaro Furxhi in un’intervista a Repubblica, in cui ha anche ammesso che l’attività di promozione turistica è comunque piuttosto limitata, anche a livello di fondi. Il successo del turismo in Albania «è merito dei blogger, delle sagre estive e degli eventi», dice la ministra: per esempio su Instagram e TikTok, dove spesso gli influencer paragonano il paesaggio marittimo dell’Albania a quello delle Maldive o di Bali, con un certo gusto per l’esagerazione.

La spiaggia di Gjipe, vicino Dhermi (ANSA-DPA)

Il territorio e l’economia albanese oggi sono molto votati al turismo, in netto contrasto con l’Albania dei primi anni Novanta, quando usciva da quarant’anni di regime autoritario, di isolamento e povertà.

Ismail Hoxha possiede il tour operator Discover Albania con sede a Tirana, negli anni ha aperto alberghi in giro per il paese e lavora in questo settore da tanto. Racconta che «l’Albania ha una storia turistica piuttosto recente. Fino agli inizi degli anni Novanta non si poteva venire per via del regime. Poi il paese si è aperto ma era comunque poverissimo ed è rimasta per anni l’idea di un paese in cui non c’era nulla da vedere che fosse persino pericoloso. Da una decina d’anni le cose sono cambiate ed è aumentata moltissimo la curiosità. All’inizio soprattutto quella dei backpacker [di chi viaggia zaino in spalla, ndr], che avevano un budget limitato ma tanto tempo per esplorare; poi quella di chi veniva a fare fine settimana con poco impegno e poche aspettative; mentre oggi le persone vengono qui proprio a trascorrere le loro vacanze e il loro soggiorno dura molto di più».

Una vista del fiume Devoli, che attraversa la parte meridionale dell’Albania (Lorenzo Posani)

Quest’anno è proprio cambiato il modo in cui i turisti si sono approcciati all’Albania. Mentre in passato venivano solo spinti dalla curiosità, quest’estate sono venuti con delle aspettative su quella che sarebbe stata la loro esperienza: molti avevano sentito l’opinione di chi c’era già stato, avevano visto foto e video e ne avevano letto sui giornali.

«Alcuni di noi avevano visto che le cose stavano cambiando e soprattutto quanta attenzione stava catalizzando il nostro paese sui social e sui media in generale. C’era proprio la sensazione di qualcosa che stava per crescere all’improvviso, anche se comunque gli anni passati erano stati già positivi. A livello complessivo ho visto però un po’ di sottovalutazione di quante persone sarebbero effettivamente arrivate e siamo stati tutti un po’ sorpresi» dice Hoxha, secondo cui non tutte le strutture si sono fatte trovare effettivamente preparate.

Una partecipante a un festival musicale nel nord dell’Albania (AP Photo/Visar Kryeziu)

Un problema piuttosto diffuso e condiviso da quasi tutti gli operatori del settore è la generale mancanza di personale e soprattutto di quello qualificato per l’accoglienza. Anisa Ceno è general manager dell’Hotel Kraal di Valona, che è uno dei più grandi della città e che ha aperto piuttosto recentemente, e racconta che il problema è proprio sulla quantità di lavoratori disponibili anche per le mansioni più semplici. «Il lavoro c’è e il mercato è in crescita. Noi siamo un albergo a quattro stelle, quindi non cerchiamo professionalità particolarmente elevate come quelle che richiederebbe un cinque stelle, ma che siano educate e che rispettino la nostra etica del lavoro. Eppure non se ne trovano e anche quando riusciamo a mettere insieme uno staff di dimensioni appropriate siamo sempre con il timore che le persone possano andarsene da un momento all’altro. Il mercato del lavoro non è stabile, purtroppo», dice.

Gli stipendi medi in Albania sono molto bassi e talvolta neanche adeguati al costo della vita: mediamente un dipendente guadagna in un mese intorno ai 53 mila lek, l’equivalente di circa 500 euro. Questo è uno dei principali motivi per cui gli albanesi lasciano il loro paese: non solo chi studia e ottiene una qualifica va a lavorare all’estero, ma anche chi punta a mansioni semplici lo fa, perché comunque si guadagna meglio che in Albania. Il governo ha recentemente aumentato il salario minimo mensile da 34 mila lek a 40 mila, ossia da circa 320 a 380 euro.

Nel settore del turismo ultimamente sono però molto aumentati e talvolta «un cameriere arriva a guadagnare anche di più di un professore universitario» proprio per l’altissima richiesta che c’è, dice Ceno. Hoxha racconta che per esempio nell’ultimo anno lo stipendio medio degli addetti alle pulizie è cresciuto di almeno il 50 per cento. Ma nonostante l’aumento degli stipendi è ancora difficile reperire le professionalità richieste. Secondo Ceno questo rischia di essere un freno allo sviluppo del settore e anche agli investimenti: il mercato tira molto, ma se non ci sono persone che portano avanti gli hotel gli investitori possono essere portati a rimandare a un momento migliore.

«Ci sono da fare tantissime cose per migliorare il settore e dobbiamo iniziare a farle il prima possibile» dice Hoxha, secondo cui la questione del personale è cruciale: il settore da qualche anno sta pagando di più queste professionalità per tentare non solo di trovarle, ma anche di garantire un servizio migliore. Se gli stipendi continueranno a crescere è probabile che anche chi è andato a lavorare all’estero, magari facendo lo stesso mestiere, possa pensare di rientrare, invertendo così la tendenza storica dell’Albania che è alle prese con una costante emigrazione.

(Ferdi Limani/Getty Images)

La crescita del settore turistico è «ovviamente è un fenomeno positivo, perché ha cambiato la percezione dell’Albania e degli albanesi in molte parti del mondo. D’altra parte non è che l’Albania abbia risolto i suoi problemi economici e sociali. C’è ancora molta emigrazione, come un po’ in tutti i Balcani, e ci sono tantissimi giovani che se ne vanno perché non trovano opportunità» dice Lea Ypi, scrittrice albanese e docente di filosofia politica della London School of Economics. Ypi ha vissuto l’infanzia durante gli ultimi anni del regime comunista di Enver Hoxha e ha visto il caos politico, economico e sociale dell’Albania del 1997: di questo e del concetto filosofico di libertà ha parlato nel suo romanzo autobiografico Libera. Diventare grandi alla fine della storia, pubblicato con Feltrinelli.

«Insomma, i problemi sociali del paese sono sempre lì e c’è anche il rischio che, nonostante il turismo porti a breve termine risorse e un cambio di immagine, per la popolazione albanese questo significhi un aumento delle disuguaglianze, per esempio, attraverso l’aumento dei prezzi, o addirittura maggiori rischi ambientali», dice Ypi.

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L’attuale sviluppo turistico in Albania è un qualcosa che altri paesi a vocazione turistica hanno vissuto decenni fa, come la Croazia o la Grecia. Secondo Ypi il modello di sviluppo non può essere lo stesso, ossia quello di un «capitalismo rapace» che tiene poco conto di ambiente e società e «che forse andava bene in un’altra fase del mondo».

«Il governo ha questa sensibilità, si rende conto che è un fenomeno che va governato con una visione nuova, che tenga insieme varie cose. Ma allo stesso tempo ha bisogno di risorse e si trova in una condizione di svantaggio storico. Per recuperare rischia di cadere nella trappola di cercare grandi investimenti veloci, senza pensare molto a chi li sponsorizza e a che impatto avranno sulla società nel lungo termine. C’è molto entusiasmo per il turismo di lusso, ma quando per una notte in un albergo si paga lo stesso prezzo di una pensione mensile di un anziano, questo non va bene. Si rischia di spaccare una società già molto divisa», dice Ypi.

Un esempio di come la crescita incontrollata del turismo abbia avuto conseguenze negative sul territorio è stato lo sviluppo immobiliare rapidissimo degli ultimi anni, che ha previsto la costruzione di enormi edifici e alberghi, talvolta brutti o non finiti, di fronte al mare o in centri storici anche molto ben tenuti e dal gusto caratteristico. «Questa è una cosa che rimane molto impressa agli italiani e di cui mi chiedono», dice Ballico. È ormai una caratteristica del paesaggio in Albania, che però è una conseguenza di uno sviluppo urbanistico mal gestito, in cui i privati hanno costruito un po’ ovunque, senza una particolare visione e senza tenere conto né della storicità né della natura.

Una vista della costa di Saranda (EPA/ARMANDO BABANI)

Il turismo incontrollato non rischia però di impattare solo sulla società o sull’ambiente, ma anche di non risultare poi un fattore decisivo per la crescita e lo sviluppo del paese. Barbieri dice che «l’Albania ha bisogno di un turismo più di qualità, che non cerca solo lo sconto o il prezzo basso e soprattutto che non si limita a visitare solo due località sulla costa sud quando il paese è ben altro». Ricorda che «ci sono località straordinarie come le Alpi, come le altre parti costiere, le città interne dove c’è tanta cultura: sono posti che vengono visitati solo da chi è più avvezzo a viaggiare», che rispetta il luogo in cui va e che spesso garantisce una spesa maggiore sul territorio. «Però questo è stato sicuramente un anno positivo, che potrebbe essere il trampolino per un anno ancora migliore, sperando che il livello qualitativo dei turisti salga», dice Barbieri.

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