La Sardegna ospiterà un centinaio di pastori del Kirghizistan
Per contrastare lo spopolamento delle campagne, l'invecchiamento di chi lavora nel settore agricolo e la perdita di competenze
La sezione sarda di Coldiretti, associazione di categoria degli agricoltori italiani, ha stretto un accordo con il ministero del Lavoro del Kirghizistan per avviare un progetto pilota che prevede l’arrivo di un centinaio di pastori kirghisi e delle loro famiglie. L’obiettivo del progetto è contrastare lo spopolamento e la perdita di competenze nel settore agricolo e caseario nelle aree interne della Sardegna, nei distretti rurali di Sassari, Barbagia e Sarrabus.
L’ex stato dell’Unione sovietica, che si trova tra Cina e Kazakistan e ha una forte tradizione di allevamento ovino, è stato scelto inizialmente in modo piuttosto casuale: il direttore regionale di Coldiretti Luca Saba ha detto alla Nuova Sardegna che un ristoratore cagliaritano aveva stretto per motivi professionali dei rapporti con il governo del Kirghizistan, per aiutare gli allevatori di quel paese a sviluppare competenze nella produzione di formaggio a partire da latte di pecora. I dirigenti di Coldiretti, venuti a conoscenza di questo rapporto, hanno pensato che le somiglianze tra le tradizioni agricole delle due regioni potessero essere sfruttate per contrastare vari problemi della Sardegna rurale, dall’invecchiamento degli allevatori allo spopolamento delle campagne.
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Il progetto pilota, che dovrebbe cominciare nel 2024, prevede l’arrivo di un primo gruppo di un centinaio di pastori kirghisi competenti nei lavori agricoli. Verranno fatti alloggiare in case in alcuni piccoli centri rurali e assunti con contratti di apprendistato, da trasformare poi in contratti a tempo indeterminato. Inoltre saranno accompagnati da mediatori culturali e inseriti in un percorso di formazione e integrazione nel tessuto economico e sociale sardo insieme alle famiglie. Se dovesse funzionare, l’idea è quella di far arrivare migliaia di pastori kirghisi nella Sardegna interna.
Secondo Coldiretti, in Italia la maggior parte dei lavoratori stranieri occupati nell’agricoltura sono stagionali che provengono da Romania, Marocco, India e Albania. Ma «nelle campagne sarde il personale, qualificato o no, scarseggia. Trovare lavoratori per tempi lunghi è quasi impossibile. I romeni o gli albanesi hanno scelto lidi remunerati meglio, gli africani, per ragioni oggettive, per la loro poca dimestichezza nell’allevamento ovino, non vanno bene. Abbiamo pensato a un popolo che ha nell’allevamento delle pecore e dei cavalli uno dei tratti salienti, che conosce il nomadismo, ma che vive in piccole comunità. E siamo partiti, dopo aver istruito a tutti i livelli la pratica per il Kirghizistan», ha raccontato Luca Saba. «Abbiamo visto i loro pascoli, parlato con gli allevatori, visto le loro capanne. Ne abbiamo ricavato l’impressione di un popolo delle campagne che vive in simbiosi con i loro animali, con molti punti in comune con la cultura sarda».
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Dopo la firma di un protocollo tra Coldiretti e il governo kirghiso, col sostegno del ministero degli Affari esteri e di quello dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e foreste, il ministero del Lavoro del Kirghizistan deve ora preparare i bandi per individuare i pastori più adatti per il progetto pilota.