La Francia e i migranti di Lampedusa
Il ministro dell'Interno Gérald Darmanin ha ribadito che non li accoglieranno a meno che non abbiano ottenuto una forma di protezione internazionale
Lunedì mattina il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin è stato intervistato durante la trasmissione televisiva La grande interview sul canale CNews. Tra le altre cose, ha parlato anche della situazione di Lampedusa e dell’approccio che la Francia intende adottare in merito all’accoglienza e al ricollocamento delle migliaia di migranti che negli ultimi giorni stanno arrivando sull’isola italiana dal Nord Africa.
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Darmanin ha detto chiaramente che la Francia non intende accogliere sul proprio territorio una parte di queste persone: «Dobbiamo applicare le regole europee, secondo cui le domande d’asilo devono essere presentate alla frontiera», ossia in Italia, ha detto. In seguito, le persone che non hanno i requisiti per poter ottenere lo status di rifugiato devono tornare «immediatamente» nel loro paese d’origine, mentre i migranti idonei a ricevere una qualche forma di protezione internazionale potranno essere ricollocati negli altri paesi europei, compresa la Francia.
Secondo la Convenzione di Ginevra, firmata nel 1951 e ratificata da 145 stati membri dell’ONU (tra cui la Francia e l’Italia), un rifugiato è una persona che ha lasciato il suo paese di origine e non vuole tornarci perché teme di «essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche». Secondo Darmanin la gran parte dei migranti che arrivano in Europa non sarebbe perseguitata, e quindi non avrebbe diritto a ricevere asilo: «Sarebbe un errore pensare che i migranti, per il solo fatto che sono arrivati in Europa, debbano immediatamente essere ripartiti tra tutti i paesi», ha detto.
In questo modo Darmanin ha sostanzialmente confermato che la Francia continuerà ad attenersi al regolamento di Dublino, secondo cui le responsabilità pratiche e burocratiche di accoglienza dei migranti ricadono sul paese di primo arrivo in Europa (e quindi, nel caso di Lampedusa, sull’Italia).
Negli anni questo presupposto è stato spesso messo in discussione, perché impone un carico di lavoro eccessivo su un gruppo ristretto di paesi che a causa del loro posizionamento geografico sono più esposti ai flussi migratori, come la Grecia, l’Italia e la Spagna. Nonostante vari tentativi di negoziazione, finora il regolamento di Dublino non è mai stato davvero cambiato, anche se nel tempo sono state approvate varie deroghe al suo funzionamento. Nel 2022, per esempio, il governo di Mario Draghi ha concordato l’attivazione del “meccanismo volontario di solidarietà”, uno strumento che prevede il ricollocamento in altri stati europei di 10mila migranti arrivati in Italia ogni anno. Finora però il meccanismo non ha mai funzionato in modo soddisfacente, soprattutto perché molti paesi non hanno mantenuto gli impegni presi.
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Darmanin ha anche fatto riferimento alla necessità di rimpatriare rapidamente i migranti che non avrebbero diritto a rimanere in Europa, un tema riproposto spesso anche dalla destra italiana come possibile soluzione all’immigrazione irregolare. Il rimpatrio però può avvenire solo in presenza di un accordo tra il paese di arrivo e quello di origine del migrante, che spesso manca. Inoltre dal punto di vista pratico i rimpatri sono attività complesse da risolvere, che necessitano di un gran numero di personale tra agenti, medici e funzionari, oltre che mezzi appositi che trasportino i migranti. Nel 2022, i paesi dell’Unione europea hanno emesso oltre 422mila decisioni di rimpatrio, ma meno di un quarto di queste persone sono effettivamente tornate nel loro paese d’origine. Inoltre, il 47 per cento dei rimpatri sono stati volontari.
La Lega ha diffuso una nota per rispondere a quanto detto da Darmanin, poiché sia il governo che i partiti che ne fanno parte stanno chiedendo apertamente che gli altri paesi europei e in generale le istituzioni europee aiutino l’Italia nella gestione, vista la situazione di questi giorni: «Gli italiani si aspettano e si meritano dalla Francia e dall’Europa dei fatti concreti», e non solo «chiacchiere».