E i lampedusani?
Da giorni protestano contro l'arrivo dei migranti e la loro gestione sull'isola, e da qualche tempo la loro ostilità sembra aumentata
Negli ultimi giorni sull’isola di Lampedusa sono state organizzate diverse manifestazioni di protesta contro gli arrivi di migranti via mare, che nell’ultima settimana hanno raggiunto numeri che non si vedevano da qualche anno.
Sabato un centinaio di persone guidate dal vicesindaco Attilio Lucia, della Lega, ha bloccato per protesta un camion della Croce Rossa, l’ente che da giugno gestisce l’hotspot dell’isola. Più tardi circa 600 persone, quasi un abitante su dieci dell’isola, hanno partecipato a una manifestazione sul molo commerciale per protestare contro la presunta apertura di un nuovo hotspot, nonostante la notizia fosse stata smentita più volte nei giorni scorsi da varie autorità.
«Il governo deve sapere che Lampedusa non ne può più», ha detto Lucia parlando con i giornalisti. «Psicologicamente siamo distrutti, Lampedusa vuole vivere serenamente di turismo e pesca, punto». «Nessuno ce l’ha con nessuno, ma sinceramente dopo trent’anni siamo un po’ stanchi», ha raccontato Giacomo Sferlazzo. Oggi Sferlazzo coordina le proteste, ma sull’isola è noto soprattutto per gestire il locale-centro culturale Porto M e per essersi avvicinato alla destra dopo una vita di attivismo anarchico.
Non è la prima volta negli ultimi anni che i lampedusani mostrano segni di ostilità nei confronti dei migranti che arrivano via mare e del governo, che a loro dire se ne occupa in maniera deficitaria. L’ultima sindaca dichiaratamente favorevole all’accoglienza dei migranti, Giusi Nicolini, ha concluso il suo mandato nel 2017, sei anni fa. A lei è succeduto Totò Martello, espressione del centrosinistra ma anche proprietario di alcuni locali sull’isola, più rigido sul tema dei migranti. Nel 2022 poi è stato eletto Filippo Mannino, avvocato, ex segretario del Movimento 5 Stelle sull’isola, sostenuto da una lista civica e alcune figure di destra come Lucia, che due anni fa nuotò nei pressi del molo durante uno sbarco per sventolare una bandiera con scritto “Prima gli italiani”.
Nella vita quotidiana dei lampedusani, in realtà, i disagi che comporta l’accoglienza dei migranti sono piuttosto contenuti. Le imbarcazioni dei migranti vengono scortate dalle navi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza nel molo militare, piuttosto lontano dal centro abitato. Da lì i migranti vengono sistemati a bordo dei pullman messi a disposizione della Croce Rossa e portati nell’hotspot, situato dietro una collina. Quando arriva il loro turno di essere trasferiti sulla terraferma, vengono portati dalla Croce Rossa direttamente all’imbarco della nave o del traghetto messo a disposizione dal ministero dell’Interno. Tutta la trafila viene gestita dallo stato, in maniera quasi parallela rispetto alla vita dell’isola.
Ogni tanto, nei periodi di sovraffollamento dell’hotspot, capita che l’impianto fognario dell’isola si ingolfi, o che la raccolta dei rifiuti avvenga in maniera meno capillare. Oppure che una parte del porto nuovo sia affollata di imbarcazioni dei migranti, il cui smaltimento è un problema noto da anni.
Ma i lampedusani sembrano insofferenti soprattutto per un presunto danno di immagine causato dall’arrivo di migliaia di migranti sull’isola, che secondo alcuni di loro “rovinerebbe” il modo in cui si presenta e quindi i potenziali introiti derivanti dal turismo. Il sindaco Mannino ripete spesso che una presenza troppo visibile di migranti sia negativa per il turismo. «L’obiettivo del governo e di questa amministrazione deve essere quello di ridurre al minimo l’impatto dell’accoglienza su questo territorio, perché di fatto noi viviamo di turismo e di quello vogliamo continuare a vivere», ha detto di recente al TgLa7.
Non ci sono prove tangibili del fatto che l’arrivo di migranti scoraggi l’arrivo di turisti sull’isola. Anzi: alcuni, come l’ex sindaca Nicolini, hanno detto più volte che il turismo sull’isola è ulteriormente aumentato dopo il naufragio di una enorme barca di migranti avvenuto il 6 ottobre 2013 a poca distanza dall’isola. Nel naufragio morirono almeno 368 persone, la vicenda fu seguita per giorni da tutti i quotidiani e i telegiornali e secondo alcuni paradossalmente fece conoscere Lampedusa a tutta Italia.
Fino a quarant’anni fa l’isola viveva prevalentemente di pesca. Oggi invece ruota in gran parte intorno al turismo. Molti lampedusani hanno aperto bar, ristoranti, bed & breakfast, società di noleggio di auto o scooter. Gli ex pescatori oggi organizzano gite nei dintorni dell’isola. La stagione turistica dura dalla primavera fino all’autunno inoltrato, grazie al clima quasi sempre mite.
Al contempo le occasioni di contatto fra lampedusani e migranti si sono molto ridotte.
Fino a qualche anno fa le persone all’interno dell’hotspot riuscivano a scendere dalla collina grazie a un buco nella recinzione di cui era a conoscenza tutta l’isola, anche i gestori del centro. Nel 2020 un’ordinanza emessa dall’allora sindaco Martello per il contenimento della pandemia da coronavirus ha vietato ogni uscita dall’hotspot, e il buco venne riparato. Oggi riesce a uscire dall’hotspot soltanto chi ha le forze e le risorse per scavalcare la recinzione ed eludere i controlli dell’esercito, che pattuglia l’esterno dell’hotspot. È successo spesso, in questi giorni di ingenti arrivi: ma scene del genere non si vedevano ormai da anni.
Giorni difficili a #Lampedusa. Ma in giro stasera, mischiati ai turisti, ci sono i #migranti dell’hot spot ( anche così abbassi la tensione). Hanno attraversato il deserto, le violenze, il mare. Poi sul palco parte Bob Marley e finisce così. Come per tutti i ragazzi del mondo. pic.twitter.com/FIHbrPwEf7
— Emanuela Bonchino (@Manubonc) September 14, 2023
Secondo alcuni la distanza sempre maggiore, soprattutto fisica, tra migranti e lampedusani ha molto alimentato le diffidenze e ostilità di questi ultimi. Non aiuta il fatto che a Lampedusa ci siano pochissimi luoghi di aggregazione e stimoli culturali, dove potersi confrontare sul senso di vivere in un’isola geograficamente più vicina alle coste africane che a quelle siciliane.
A Lampedusa non ci sono cinema, teatri, librerie. I giornali arrivano solo d’estate. L’unica biblioteca dell’isola è stata aperta dall’associazione svizzera IBBY, che promuove la lettura in vari paesi del mondo. È rivolta ai bambini di Lampedusa – che sono tantissimi, più di 800: una persona su otto sull’isola ha meno di 14 anni – ma gli adulti la frequentano appena, e il comune si limita a pagare le bollette della luce e dell’acqua.
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Secondo alcuni l’assenza di luoghi di aggregazione e i ritmi pesanti imposti dalla stagione turistica hanno contribuito alla diffusione di droghe pesanti, che a Lampedusa sono iniziate a circolare in corrispondenza dell’aumento del volume di affari del turismo. La scorsa estate sono stati ritrovati al largo di Lampedusa dei sacchi che contenevano fra i 150 e i 200 chili di cocaina. Nell’indagine che ne è seguita sono state arrestate 22 persone.
I lampedusani non parlano volentieri della presenza di droga sull’isola, su cui non abbiamo dati precisi anche perché non esistono reportage o inchieste a riguardo. Più in generale capita spesso che i giornalisti che arrivano sull’isola siano guardati e trattati con fastidio. Sabato la giornalista di Radio24 Valentina Furlanetto, che si occupa di immigrazione da molti anni, ha raccontato su Twitter di essere stata insultata e spintonata da tre lampedusani mentre stava seguendo una manifestazione di protesta. Molti dei giornalisti che negli anni sono stati per lavoro a Lampedusa possono raccontare storie simili.
Non tutti i lampedusani sono ostili all’accoglienza dei migranti: sull’isola esiste da anni una rete di organizzazioni, il Forum Lampedusa Solidale, che soprattutto d’estate organizza iniziative pubbliche. Per molti anni il punto di riferimento per i lampedusani che volevano impegnarsi per l’accoglienza dei migranti è stata la parrocchia, soprattutto per via dell’impegno dei parroci Mimmo Zambito, fino al 2016, e successivamente di Carmelo La Magra, poi trasferito dalla Chiesa nel 2021. Anche nei giorni scorsi i volontari della parrocchia hanno distribuito pasti gratis per i migranti che sono riusciti a scappare dall’hotspot e ad arrivare in paese.