L’importanza del Senato francese
Benché abbia ruoli ridotti, è diventato fondamentale per il governo di Macron: tra una settimana ci saranno le elezioni per rinnovare metà dei suoi membri
Domenica 24 settembre in Francia ci saranno le elezioni per rinnovare metà del Senato e su come andranno non ci si aspettano grandi novità: come è avvenuto dall’inizio della Quinta Repubblica, nel 1958, la destra manterrà quasi sicuramente la maggioranza (l’unica eccezione è stato un periodo di maggioranza Socialista tra il 2011 e il 2014). La campagna elettorale è comunque seguita dalla stampa francese, soprattutto perché dopo un anno molto difficile per la maggioranza il voto potrebbe dare indicazioni importanti su preferenze a livello nazionale, più che locale. C’è anche un’altra ragione: il Senato ha un ruolo fondamentale nella strategia parlamentare del governo di Emmanuel Macron, che ha perso la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale (la Camera bassa).
Il rinnovo del Senato avviene ogni tre anni a suffragio universale indiretto, votano cioè i grandi elettori (79mila, in questo caso), per la maggior parte costituiti da amministratori locali: consiglieri comunali, dipartimentali e regionali eletti nelle ultime elezioni amministrative. I grandi elettori eleggeranno 170 nuovi senatori su 348 in totale nei diversi dipartimenti in cui è suddiviso il paese. Sei seggi saranno poi riservati ai senatori che rappresentano i francesi residenti all’estero. I senatori resteranno in carica per sei anni, e il metodo di voto sarà diverso a seconda delle dimensioni del dipartimento (uninominale maggioritario a doppio turno o proporzionale).
Il prossimo 24 settembre la destra di Les Républicains sarà avvantaggiata dai buoni risultati ottenuti alle ultime amministrative: «Con le elezioni comunali del 2020 che l’hanno vista vincere in quasi il 40 per cento delle città con più di 10mila abitanti, mantenere otto regioni su tredici e più di tre quarti dei dipartimenti, Les Républicains dovrebbero sulla carta mantenere la maggioranza», ha scritto la Fondation Jean Jaurès, un think tank francese associato al Partito Socialista. Les Républicains hanno attualmente 145 seggi al Senato e con i loro alleati di centro (57 seggi), prevedono gli esperti, manterranno la maggioranza assoluta ed eleggeranno come presidente, per la quinta volta dal 2008, Gérard Larcher.
Il Senato francese ha poteri limitati rispetto all’Assemblea Nazionale, le cui decisioni prevalgono in caso di disaccordo fra le due camere. Il Senato condivide comunque con l’Assemblea Nazionale il potere legislativo, e ha un ruolo nell’approvazione delle leggi. La sua funzione principale è soprattutto quella di controllare l’azione governativa attraverso il lavoro delle commissioni e delle delegazioni parlamentari.
Uno degli esempi più recenti di quanto efficace sia il suo potere è l’inchiesta sul fondo Marianne creato dall’allora ministra macronista Marlène Schiappa a pochi mesi dall’uccisione per decapitazione del professore di storia e geografia Samuel Paty. L’obiettivo del fondo era finanziare persone e associazioni che lottassero contro il separatismo religioso e a favore della laicità. Dopo un anno alcune inchieste giornalistiche avevano però dimostrato come parte dei fondi fosse sparita e come l’associazione che aveva beneficiato del finanziamento più consistente lo avesse utilizzato in maniera poco trasparente.
Sulla questione erano state avviate due inchieste, una giudiziaria e una parlamentare, al Senato appunto, che aveva poi pubblicato in luglio la propria relazione finale che indicava la ministra come responsabile politica di quanto accaduto. Quella relazione aveva di fatto contribuito a indebolire la posizione di Schiappa nel governo, e lo scorso luglio, durante un rimpasto, era stata sostituita.
Ci sono anche altre inchieste del Senato che hanno dimostrato l’influenza di questa camera sull’azione dell’esecutivo.
Il quotidiano Le Monde ha citato ad esempio il caso dell’ex capo della sicurezza del presidente francese Emmanuel Macron, Alexandre Benalla. In un video girato nel 2018 durante una manifestazione del primo maggio a Parigi, si vede Benalla con un elmetto della polizia mentre trascina per la strada e colpisce in modo violento due manifestanti durante un corteo, pur non facendo parte della polizia. La storia aveva creato molti problemi al presidente Macron, che per settimane aveva ignorato le accuse a Benalla: su pressione della presidenza, la commissione dell’Assemblea Nazionale composta da deputati macronisti aveva rinunciato a occuparsi del caso, mentre il Senato aveva aperto un’inchiesta trasferendone poi gli atti finali alla magistratura e chiedendo che Benalla venisse processato per falsa testimonianza.
«Questo episodio molto seguito ha dimostrato l’efficacia del Senato rispetto all’Assemblea Nazionale», ha detto Jean-Jacques Urvoas, professore di diritto pubblico all’Università di Brest.
Da quando più di un anno fa Emmanuel Macron ha perso la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, il Senato ha cominciato ad avere un ruolo fondamentale anche dal punto di vista legislativo e nella strategia parlamentare dello stesso presidente. Il governo si è spesso affidato al Senato per iniziare l’esame dei propri progetti di legge, dove è più facile trovare un accordo con la destra, che al Senato ha la maggioranza. I senatori hanno dunque guadagnato una grande influenza sui contenuti dei testi: molti dei loro emendamenti sono stati adottati e mantenuti nelle versioni finali.
Oltre ad avere una maggioranza relativa che l’ha costretto a continue negoziazioni, il governo di Macron ha dovuto affrontare diverse difficoltà.
Gli ultimi mesi sono stati segnati da forti momenti di protesta, da scioperi e da una vasta mobilitazione sociale contro la riforma delle pensioni. E ci sono state altre leggi che sono state direttamente contestate dai sindaci e dagli amministratori locali che voteranno per il rinnovo del Senato. Macron ha ad esempio approvato una legge che abolisce l’imposta sulla prima casa e toglie fondi alle casse dei comuni, e un’altra ancora contro il consumo di suolo che prevede di arrivare entro il 2050 a quota zero, cioè a non cementificare un metro quadro in più senza restituire uno spazio equivalente in zone verdi. Da questo provvedimento i sindaci, spesso accusati di non aver costruito abbastanza case popolari, si sono sentiti limitati nell’utilizzo degli spazi che gestiscono e dunque nell’esercizio delle loro funzioni.
In questo contesto le elezioni del prossimo 24 settembre hanno assunto un significato anche nazionale. Solitamente nel rinnovo del Senato contano molto le relazioni a livello territoriale tra eletti locali e candidati, ma questa volta alcuni sindaci non di destra coglieranno l’occasione del voto per inviare un messaggio contro il governo.
Per quanto riguarda la situazione dei vari partiti in vista del rinnovo del Senato le situazioni più critiche sono quelle della sinistra e dell’area di Macron.
L’alleanza di sinistra NUPES fra Verdi, Comunisti, Socialisti e La France Insoumise guidata da Jean-Luc Mélenchon è parzialmente saltata. Socialisti, Verdi e Comunisti hanno raggiunto un accordo e presenteranno delle liste uniche in vari dipartimenti, ma La France Insoumise ne è rimasta esclusa a causa soprattutto della mancanza di radicamento locale e di pochi eletti nei territori. L’area di Macron ha attualmente 24 senatori: sta puntando a mantenerli, obiettivo che verrebbe considerato già una vittoria. La presenza locale del macronismo è debole e alcuni candidati uscenti non sono più popolari tra i principali grandi elettori dei rispettivi territori.
L’estrema destra del Rassemblement National, guidato da Marine Le Pen, non ha attualmente alcun senatore: Stéphane Ravier, eletto nel 2020, è poi passato al partito di Eric Zemmour (altro partito di estrema destra). Nonostante gli scarsi risultati alle amministrative del 2020, quando aveva perso il 40 per cento dei propri consiglieri comunali, il partito di Le Pen punta su tre dipartimenti in cui le elezioni saranno decise con metodo proporzionale: Pas-de-Calais, Nord e Moselle.