Che Nazionale, quella di Ferdinando De Giorgi
Con diverse scelte impopolari, l’allenatore dell'Italia maschile di pallavolo ha riportato il movimento in un nuovo periodo d’oro
Nel 2021 la Nazionale maschile di pallavolo era ripartita con Ferdinando De Giorgi, storico ex giocatore di uno dei migliori momenti storici del movimento maschile e poi allenatore di altrettanto successo. La Nazionale non sembrava aver bisogno di una vera e propria rifondazione, ma di sistemare alcune cose. Veniva infatti dagli argenti olimpici e mondiali vinti tra il 2015 e il 2017 con Gianlorenzo Blengini, la cui gestione si era poi esaurita con un deludente sesto posto alle Olimpiadi di Tokyo.
De Giorgi — detto Fefè — era stato chiamato per coinvolgere progressivamente nuovi giocatori e tornare a competere sempre per i migliori piazzamenti possibili: un obiettivo ritenuto fisiologico per la Nazionale di un paese in cui la pallavolo è il terzo sport più praticato, con circa 322mila atleti tesserati.
Era stato previsto quindi un iniziale periodo di assestamento, ma la Nazionale di De Giorgi è partita subito forte e ora, due anni dopo, non si è ancora fermata. Ad appena tre mesi dal cambio di allenatore era infatti riuscita a vincere gli Europei dopo sedici anni. Questo titolo potrà essere riconfermato sabato sera contro la Polonia nella finale dell’edizione in corso (l’ultima nazionale ad aver vinto due titoli europei consecutivi fu proprio l’Italia, vent’anni fa circa).
Tra queste due finali — una vinta e l’altra ancora da disputare — l’Italia ha vinto anche un Mondiale, per la quarta volta nella sua storia, ma soprattutto a 24 anni dall’ultima, che fu vinta proprio con De Giorgi in campo come palleggiatore, e poi con i vari Andrea Giani, Samuele Papi e Alessandro Fei: tutti membri della cosiddetta “generazione di fenomeni” della pallavolo maschile italiana.
Quando si torna a parlare di quel gruppo di giocatori, De Giorgi lo fa spesso con ironia e ricorda di essere stato sempre visto come una sorta di intruso per via della sua modesta statura (modesta per un giocatore di pallavolo), che teneva in un certo senso nascoste le sue vere qualità. Di questo ha parlato anche in una conferenza TED dal titolo “I difetti aiutano a raggiungere la perfezione” incentrata sugli apparenti contrasti della sua carriera: come quando nei primi anni Duemila lui, salentino molto attaccato ai suoi luoghi, per iniziare ad allenare se ne andò fino in Siberia.
Una ventina di anni dopo la sua Nazionale è nel mezzo di una serie di successi così netti e ravvicinati che possono portare a pensare che sia stata trovata un’altra generazione di fenomeni. Sembrerebbe così, ma la costruzione della squadra non è stata una cosa scontata, e non solo per i risultati da cui arrivava. De Giorgi ha infatti proposto scelte impopolari e ha scommesso su giocatori che non sembravano nemmeno da Nazionale, a giudicare dal loro rendimento.
Nella sua gestione giocatori a lungo fondamentali per gli equilibri dell’Italia, e anche molto popolari come Ivan Zaytsev, Osmany Juantorena e Massimo Colaci, hanno perso il posto senza tanti ripensamenti. La loro esclusione — soprattutto quella di Zaytsev — avrebbe potuto ritorcersi contro in caso di risultati al di sotto delle aspettative, ma così non è stato e anzi, sta accentuando i meriti.
Per rinfoltire la qualità della squadra, De Giorgi ha coinvolto e dato maggiori responsabilità a giocatori emergenti che già promettevano molto, come il ventunenne Alessandro Michieletto, in Nazionale da quando aveva 19 anni, e Daniele Lavia, già miglior schiacciatore del Mondiale del 2019. Michieletto e Lavia ora sono delle “certezze”, come lo sono il capitano Simone Giannelli e Yuri Romanò, il giocatore probabilmente più emblematico di questa Italia.
Romanò ha giocato più partite e ottenuto più successi con la Nazionale che con le squadre di club di alto livello, nonostante abbia 26 anni. Fino al 2021 non aveva nemmeno mai giocato in Superlega (la vecchia Serie A1 della pallavolo maschile). E dopo esserci arrivato aveva dovuto attendere quasi un anno per giocare la sua prima partita da titolare, essendo riserva del francese Jean Patry alla Powervolley Milano, anche se nel frattempo era diventato campione d’Europa e del mondo con l’Italia.
Il suo coinvolgimento in Nazionale è stata una delle migliori intuizioni avute da De Giorgi. Ha rivelato le qualità di un giocatore che fin lì in pochi avevano considerato e che ora rispecchia molto questa Nazionale, formata da un gruppo descritto come estremamente unito, come ha raccontato De Giorgi dopo la vittoria che ha garantito la finale degli Europei di sabato: «È un gruppo coeso, che si vuole bene, lavora e si aiuta. Non è nato per caso perché dietro ci sono loro con le loro personalità, ma anche uno staff e un ambiente che spinge verso questo senso di appartenenza».
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