A Derna c’è anche un problema con la gestione dei cadaveri
Nuovi corpi vengono estratti ogni giorno dall'acqua e dalle macerie, e questo potrebbe avere gravi conseguenze sanitarie
A Derna, la città sulla costa della Libia che è stata in buona parte distrutta dalle alluvioni tra domenica e lunedì, i morti sono così tanti che si fa fatica a seppellire i cadaveri. I soccorritori stanno ancora recuperando cadaveri dal mare, dalle zone allagate e da sotto le macerie. Il sindaco di Derna, Abdulmenam al Ghaithi, ha detto che «c’è bisogno di squadre specializzate nel recupero di corpi» per evitare la diffusione di batteri e altri patogeni, a causa dell’alto numero di cadaveri che si trovano ancora in acqua o sotto le macerie dei quartieri distrutti.
Tra le altre cose, c’è una carenza di sacchi in cui mettere i cadaveri. Giovedì il Comitato internazionale della Croce Rossa ha detto di averne inviati 6mila, che però potrebbero non bastare. Nell’ultima settimana a Derna sono state sepolte più di 3mila persone, ma secondo le ultime stime della Mezzaluna Rossa libica sono morte circa 11.300 persone. Il sindaco ha stimato che i morti potrebbero arrivare fino a 20mila.
Isolare i cadaveri è molto importante in questa fase, per evitare di contaminare l’acqua stagnante ancora in città e ridurre il rischio di diffusione di batteri e altri patogeni. I sacchi per i morti sono importanti anche per questo: essendo impermeabili, evitano la fuoriuscita dei fluidi corporei e la loro dispersione in acqua e nel terreno. Per evitare la diffusione di malattie, la maggior parte dei morti è stata seppellita in fosse comuni scavate nei dintorni della città, mentre altri sono stati inviati altrove.
Fuori da Derna i morti sono molto meno: si parla di 170 persone. La città ha subìto danni molto più estesi delle altre aree interessate dalle alluvioni, con un numero di vittime estremamente alto. Questo è dovuto alla rottura di due dighe a monte del centro abitato, che ha creato un’onda di 30 milioni di metri cubi d’acqua che ha spazzato via interi quartieri nel centro città, trascinando edifici, cose e persone fino al mare.
Per gestire tutti i cadaveri, i due ospedali della città sono stati di fatto trasformati in obitori, e ora i residenti hanno bisogno di un posto dove curare i feriti: vari governi stranieri hanno inviato convogli di aiuti che includono materiali per allestire ospedali da campo.
Nel corso degli ultimi giorni hanno iniziato ad arrivare aiuti da diversi paesi, in forma di personale sanitario o di soccorso, di materiale medico, di supporto logistico o finanziario. Il sindaco al Ghaithi ha detto che in città ci sono squadre di ricerca da Egitto, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Qatar. Fra gli altri, anche l’Italia ha inviato personale dei vigili del fuoco e della protezione civile, oltre a fornire materiali medici e sostegno logistico.
Oltre agli aiuti internazionali, moltissime persone libiche stanno aiutando come possono la popolazione colpita. Secondo una giornalista di Al Jazeera, una mobilitazione del genere non si vedeva da diversi anni nel paese.
Dal 2014 la Libia è divisa fra due diversi governi in conflitto fra loro, uno riconosciuto dalla comunità internazionale, con sede a Tripoli, e uno nella parte orientale del paese, con capitale Tobruk. Per la prima volta dopo anni il governo di Tripoli sta collaborando con quello orientale, inviando materiale e organizzando anche convogli di volontari verso le zone coinvolte.
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