Le divisioni della Libia stanno complicando la risposta all’emergenza
Dopo la tragica alluvione i due governi libici stanno collaborando, ma anni di guerra e scontri li hanno resi deboli e inefficaci
Le operazioni di ricerca di superstiti e di primo aiuto alla popolazione colpita dalla grave alluvione in Libia sono particolarmente complesse per le difficoltà nel raggiungere le zone più danneggiate e in particolare Derna, città dove si contano la maggior parte dei morti. Ma un problema ulteriore è la situazione politica della Libia, che è divisa dal 2014 fra due governi rivali.
Le zone più colpite sono quelle della parte est del paese, la cosiddetta Cirenaica, governata di fatto dal maresciallo Khalifa Haftar ma il cui primo ministro è Osama Hamad. Secondo quanto riferito da funzionari ONU, il governo orientale avrebbe avviato una collaborazione con il governo di Tripoli, nell’ovest, riconosciuto come unico legittimo dalla comunità internazionale e guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah. Ma le divisioni esistenti dalla caduta del presidente libico Muammar Gheddafi, oltre dieci anni fa (2011), stanno complicando le cose, anche perché le istituzioni sono assai deboli e hanno mostrato in passato più volte di non riuscire a svolgere nemmeno le funzioni di base richieste a uno stato.
Al momento nelle zone più colpite sono arrivati anche gli aiuti di una delegazione militare egiziana, di squadre di ricerca e salvataggio tunisine, di 160 operatori specializzati dalla Turchia e di vigili del fuoco italiani e spagnoli. Molte delle operazioni di prima assistenza sono coordinate dalla Croce Rossa Internazionale. La stessa organizzazione, che nei paesi arabi assume il nome di Mezzaluna Rossa, fornisce anche stime parziali dei morti, che sono al momento più di 5.000, e dei dispersi, ancora 10.000. Gli operatori sul campo hanno definito la situazione come quella di «un bombardamento e un terremoto allo stesso tempo».
La tempesta Daniel ha fatto i danni maggiori a Derna, dove la rottura di due dighe ha creato un’inondazione che ha completamente spazzato via interi quartieri: si stima che fino a un quarto della superficie della città sia stato trascinato via dall’acqua. Le piogge hanno anche distrutto molte strade, rendendo di fatto inaccessibili molte aree.
Gli enormi danni causati dalla tempesta sono riconducibili in buona parte al malfunzionamento dello stato libico, alla debolezza delle sue istituzioni e alla guerra tra i due governi: molte delle infrastrutture crollate, per esempio, erano in cattivo stato di manutenzione e c’erano già dubbi sul fatto che potessero resistere a un evento catastrofico. Un anno fa uno studio dell’Università libica Sheba aveva evidenziato i rischi legati alle condizioni della diga cittadina di Derna, costruita negli anni Settanta da un’impresa jugoslava. Con l’inizio della guerra civile in Libia dopo la morte di Gheddafi, la città era considerata un bastione delle formazioni estremiste islamiche e dell’ISIS: è stata conquistata dalle forze del generale Haftar dopo due anni di assedio, nel 2019, a cui sono seguite poche operazioni di ricostruzione.
Il governo orientale libico, che dovrebbe coordinare le operazioni di soccorso in questa fase, si è sempre dimostrato molto debole, poco organizzato e incapace di intervenire attivamente sul territorio, anche per una forte corruzione. Al momento sta perlomeno garantendo un libero accesso alla zona anche agli operatori inviati dal governo di Tripoli, oltre che a quelli internazionali.
Ma la divisione politica del paese è destinata a creare ulteriori problemi nelle fasi immediatamente successive all’emergenza, per problemi di competenze e di fondi. Al momento esistono 140 istituzioni governative che sono divise fra est e resto del paese, mentre entrambi i governi sembrano finanziariamente impossibilitati a rispondere all’emergenza in modo efficace. Anche la gestione degli aiuti internazionali può rivelarsi complessa, visto che il governo che ha il controllo della zona più colpita non è riconosciuto dall’ONU e ha la reputazione di essere fortemente corrotto.
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