La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la morte per overdose di un uomo mentre era in stato di arresto
Giovedì la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo ha condannato l’Italia per un caso risalente al 2001, quando un uomo morì a causa di un’overdose di cocaina mentre era in stato di arresto.
Il caso risale al 10 maggio del 2001: un uomo, identificato con le iniziali C.C., venne arrestato nel suo appartamento a Milano nel corso di un’operazione di polizia contro lo spaccio di droga in città. L’uomo venne portato in questura verso le 3 del mattino, e già in quel momento mostrava segni di malessere. Intorno alle 5 chiese di usare il bagno, dove vomitò e poi svenne: la polizia scrisse nel rapporto su quanto successo quella notte che l’uomo perdeva sangue dal naso e saliva dalla bocca. Quando ormai era in stato cianotico, venne chiamata un’ambulanza che arrivò verso le 6 e pochi minuti dopo constatò la morte dell’uomo. Successivamente venne appurato che la causa della morte era stata un’overdose di cocaina.
I familiari dell’uomo fecero causa al ministero dell’Interno per omissione di soccorso e omessa sorveglianza, e in primo grado il tribunale di Milano diede loro ragione, sostenendo che la sorveglianza dei poliziotti fosse stata inadeguata e che fosse possibile che l’uomo avesse con sé della cocaina al momento dell’arresto e che ne avesse assunta anche in questura. La decisione venne però ribaltata sia in appello che in Cassazione. I familiari avevano quindi fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che giovedì ha stabilito che la polizia non applicò le misure necessarie per garantire la salute dell’uomo in arresto, né le cure mediche di cui aveva bisogno. Ha per questo condannato il governo italiano a pagare 40mila euro tra risarcimento per i danni morali e spese processuali alla famiglia dell’uomo.