Il grande processo contro Google negli Stati Uniti
L'azienda è accusata di abuso di posizione dominante nella ricerca online, e potrebbero esserci conseguenze importanti
Martedì comincia negli Stati Uniti uno storico processo contro Google, in cui l’azienda tecnologica è accusata dal governo americano di abuso di posizione dominante nel settore della ricerca online, cioè il suo servizio più famoso e utilizzato. Il processo ha un’enorme rilevanza pratica e simbolica: è il primo processo antitrust – cioè legato alla concorrenza sul mercato – avviato dal governo degli Stati Uniti contro una grande azienda tecnologica dai tempi di quello contro Microsoft del 1998, che portò enormi cambiamenti in tutto il settore.
Il processo si terrà nel tribunale distrettuale della Columbia (cioè la regione della capitale Washington) e potrebbe durare mesi. Il dipartimento di Giustizia, che prepara il caso da oltre tre anni, sostiene che Google abbia abusato del monopolio che detiene nel settore della ricerca online per danneggiare la concorrenza ed eliminare possibili innovazioni che avrebbero favorito i consumatori. Secondo la legge americana non è illegale di per sé avere il monopolio di un settore dell’economia. Il problema, sostiene il dipartimento di Giustizia, è che Google avrebbe ottenuto questo monopolio infrangendo la legge, e poi l’avrebbe mantenuto con metodi illegali.
Google sostiene che le accuse del governo americano siano infondate, e che se è dominante nel settore della ricerca online è perché il suo prodotto è il migliore ed è scelto liberamente dalla maggior parte dei consumatori. Google sostiene, peraltro, che per accedere alla concorrenza (cioè per usare motori di ricerca differenti da Google) bastino pochi clic, e che nessuno sia obbligato a usare un prodotto piuttosto che un altro. Google attualmente detiene il 90 per cento circa del mercato della ricerca online in tutto il mondo.
Il caso del dipartimento di Giustizia si concentra su un ambito relativamente limitato (anche perché, dopo furiose battaglie legali preliminari, Google è riuscito a far ridurre notevolmente il raggio d’azione dei procuratori) e riguarda il fatto che ogni anno Google paga miliardi di dollari ad Apple per essere il motore di ricerca di default su tutti gli iPhone e gli iPad prodotti. Significa che tutte le volte che un utente fa una ricerca online sul suo iPhone, questa ricerca viene automaticamente fatta su Google, e non su altri motori di ricerca. È possibile cambiare questa opzione nelle impostazioni, ma di base tutti gli iPhone e gli iPad hanno Google come prima scelta. Negli Stati Uniti gli iPhone sono ancora più diffusi che in Europa: vengono utilizzati da circa metà della popolazione.
Google ha accordi economici simili anche con altre aziende, come la fondazione Mozilla che gestisce il browser Firefox. Non ha invece bisogno di pagare per essere la prima scelta sul sistema operativo Android, perché lo possiede. Grazie a questi accordi commerciali Google si assicura che quando c’è da fare una ricerca online il suo prodotto sia la scelta automatica per la maggior parte degli utenti nella maggior parte dei contesti.
Secondo il dipartimento di Giustizia questi accordi stretti con Apple e altri sarebbero illegali, perché sono un modo per schiacciare la concorrenza e usare la propria superiore disponibilità economica per evitare che altri prodotti – magari migliori e più innovativi – riescano a emergere. Secondo Google invece non c’è niente di illegale in questi accordi.
Il caso sarà giudicato dal giudice Amit P. Mehta (non c’è una giuria). Se il giudice darà ragione a Google, l’azienda potrà mantenere il suo modello di business. Non è chiaro invece cosa succederà se vincerà l’accusa, perché il dipartimento di Giustizia non ha ancora detto esplicitamente che misure cercherà di mettere in pratica in caso di vittoria. La possibilità che Google venga smembrata, come chiedono alcuni dei suoi critici più decisi, è tendenzialmente da escludere.
Il processo di antitrust contro Google potrebbe avere un grosso impatto anche sul resto dell’industria. È il più importante e rilevante contro un’azienda tecnologica americana dai tempi di quello intentato contro Microsoft nel 1998. Allora Microsoft era l’azienda tecnologica più importante del settore (è ancora una delle principali, ma 25 anni fa il suo dominio era molto più accentuato) e il dipartimento di Giustizia l’accusò di usare pratiche illegali per creare un monopolio e promuovere il suo browser, Internet Explorer, a scapito della concorrenza.
Il processo si concluse con un patteggiamento ma fu di fatto Microsoft a perdere: l’azienda fu costretta a fare molte concessioni e a essere meno aggressiva contro la concorrenza sul mercato. Secondo molti analisti – e secondo lo stesso Bill Gates, che allora era a capo di Microsoft – il parziale ritiro dell’azienda dal nascente mercato di internet aprì spazi per una nuova generazione di aziende giovani e innovative che avrebbero cambiato tutto il settore. Google fu fondata proprio nel 1998.
Non è ancora chiaro se il processo contro Google avrà lo stesso effetto. Alcuni esperti legali ritengono che questo processo sarà anche un modo per testare l’efficacia delle leggi antitrust degli Stati Uniti, che furono introdotte alla fine dell’Ottocento per contrastare i grandi monopoli agricoli e industriali e ormai potrebbero non essere più adatte per gestire casi complicati come quelli che riguardano le compagnie di internet.
L’importanza di questo processo si vede anche dalle risorse usate dalle due parti: il dipartimento di Giustizia lo prepara da oltre tre anni, e Google ha assoldato tre diversi studi di avvocati (spendendo milioni di dollari) per difendersi. Saranno chiamate a testimoniare decine di persone, compreso Sundar Pichai, l’amministratore delegato di Alphabet, la holding che possiede Google, e dirigenti di Apple e di Samsung. Accusa e difesa, assieme, hanno depositato presso il tribunale più di cinque milioni di pagine di documenti.
Il processo contro Google che si apre martedì non è comunque l’unico intentato dal governo americano contro le aziende tecnologiche: sono state aperte altre indagini contro Google, Facebook e altri.