È terminato il riempimento della controversa diga sul Nilo Azzurro, in Etiopia
E questo ha provocato le reazioni contrariate dell'Egitto, che considera la diga una minaccia alle proprie risorse idriche
Domenica il governo etiope ha annunciato che è stato completato il riempimento del bacino dell’enorme diga che sta costruendo da anni sul Nilo Azzurro: è uno dei più grandi progetti infrastrutturali avviati negli ultimi anni in Etiopia, ed è stato causa di litigi e tensioni con l’Egitto e il Sudan, che si trovano a valle rispetto alla diga e dipendono molto dall’acqua del Nilo. Entrambi i paesi considerano la diga etiope una minaccia alle proprie risorse idriche.
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Il governo egiziano ha reagito male all’annuncio, fatto dal primo ministro etiope Abiy Ahmed su X (l’ex Twitter): il ministero degli Esteri egiziano ha definito le azioni dell’Etiopia «unilaterali» e illegali, sostenendo che vìolino i termini di un accordo di cooperazione raggiunto nel 2015 tra Etiopia, Egitto e Sudan sulle modalità di completamento e funzionamento della diga. Le tensioni tra i tre paesi erano riprese negli anni successivi: Egitto e Sudan avevano chiesto in più occasioni all’Etiopia di non completare il riempimento del bacino della diga fino a quando non fosse stato trovato un accordo sul suo funzionamento.
I negoziati erano ripresi solo due settimane fa, dopo quasi due anni e mezzo di stallo. Secondo l’Egitto l’annuncio dell’Etiopia sul riempimento del bacino della diga rappresenta il «disprezzo degli interessi e dei diritti dei paesi a valle e della loro sicurezza idrica». Il Sudan non ha ancora commentato l’annuncio del governo etiope.
La diga in questione si chiama Grand Ethiopian Renaissance Dam, “Grande diga del rinascimento etiope”, ed è costata l’equivalente di quasi 4 miliardi di euro. I lavori erano iniziati oltre dieci anni fa, nel 2011. La diga è lunga 1,8 chilometri ed è alta 145 metri. Si trova a circa 30 chilometri dal confine tra Etiopia e Sudan: il Nilo Azzurro, su cui è stata costruita, si unisce al Nilo Bianco a Khartum, la capitale del Sudan, formando il Nilo, il quale poi sfocia nel Mar Mediterraneo tra le città egiziane di Alessandria d’Egitto e Porto Said.
La diga ha una grande importanza politica per l’Etiopia, dove l’energia generata potrebbe illuminare milioni di case e garantire diversi miliardi di euro dalla vendita di elettricità ai paesi vicini: potrebbe diventare inoltre un simbolo dell’ascesa dell’Etiopia come uno dei paesi più importanti dell’intera Africa. La diga aveva già iniziato a generare elettricità nel febbraio del 2022, e e si stima che a pieno regime possa superare i 5mila megawatt di potenza, raddoppiando la produzione di energia elettrica dell’Etiopia, a cui attualmente ha accesso circa la metà della popolazione totale (oltre 100 milioni di persone).
Egitto e Sudan ritengono però che la diga rischi di ridurre drasticamente la quantità di acqua che dal Nilo arriva alle rispettive città e zone agricole che si trovano lungo il fiume. Soprattutto per l’Egitto l’acqua del Nilo determina l’esistenza stessa del paese, che è molto desertico ed è per lo più abitato proprio sulle sponde del fiume. Inoltre per il presidente autoritario dell’Egitto Abdel Fattah al Sisi, ex generale, è importante anche dal punto di vista politico interno mostrarsi intransigente su una questione di sicurezza nazionale.
Le dispute sulla diga si erano intensificate molto negli ultimi anni, man mano che i lavori di costruzione procedevano. Il governo egiziano aveva sostenuto che un progetto come la diga non potesse essere realizzato senza il suo consenso anche per via di due accordi internazionali – uno risalente all’età coloniale e l’altro al 1959, firmato col Sudan – che stabiliscono di fatto un predominio dell’Egitto sulle acque del Nilo. Il governo etiope, però, ha sostenuto di non riconoscere gli accordi e di avere quindi il diritto di sviluppare i progetti che crede: anni fa Ahmed disse che «nessuno» avrebbe fermato la costruzione della diga e minacciò l’Egitto che in caso di guerra il suo paese si sarebbe fatto trovare pronto con «milioni» di soldati.
Secondo diversi esperti ascoltati dal New York Times, comunque, le minacce più forti per il futuro del Nilo dipendono anche da altri fattori, come la rapida crescita della popolazione egiziana, che aumenta di un milione di persone ogni sei mesi, e i cambiamenti climatici. Questi due fattori, dice l’ONU, causeranno importanti carenze idriche nella regione entro il 2025. In tutto questo il regime egiziano ha preso alcune decisioni che vanno in direzione contraria rispetto alla soluzione di questi problemi: di recente al Sisi ha per esempio approvato la costruzione di una nuova capitale amministrativa del paese, in mezzo al deserto, che secondo gli esperti contribuirà allo sfruttamento già molto intensivo del Nilo.
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