Il quartiere di Friburgo che vuole fare a meno delle auto
Si chiama Vauban, è nell'area di una vecchia base militare ed è considerato un modello di sostenibilità ambientale
Friburgo in Brisgovia è una città di origine medievale con circa 230mila abitanti nel sud-ovest della Germania, con la Foresta Nera da un lato e il confine con la Francia dall’altro. Sede di una delle università più antiche del paese, con più ciclisti che automobilisti, si definisce “la città verde” della Germania e ambisce a ottenere la neutralità carbonica entro il 2038, sette anni prima dei termini fissati dal governo tedesco. Ma pochi chilometri a sud del centro c’è un quartiere in cui già da tempo tutto è pensato per avere il minore impatto ambientale possibile: si chiama Vauban, è considerato un modello di sviluppo urbano sostenibile e la sua caratteristica principale è quella di essere un’area in cui il traffico automobilistico è quasi completamente assente.
Vauban occupa una superficie di circa 400mila metri quadrati, come una sessantina di campi da calcio, e prende il nome dalla vecchia base militare francese intorno alla quale si sviluppa, dedicata al maresciallo Sébastien Le Prestre de Vauban, che nel Seicento costruì le fortificazioni di Friburgo, quando la città era dominata dai francesi. Dopo il ritiro delle forze armate, nel 1992, l’area fu ceduta all’ufficio federale del demanio e per un periodo le caserme furono occupate da gruppi di anarchici e hippy. Fu allora che alcune organizzazioni di cittadini cominciarono a discutere della riqualificazione della zona assieme alle istituzioni, insistendo affinché si seguissero specifiche proposte sia in termini di accessibilità a tutte le fasce della popolazione che in termini di tutela ambientale. L’idea era che il nuovo quartiere dovesse avere edifici a basso consumo energetico, in cui vivere, lavorare e passare il tempo libero spostandosi facilmente a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici.
Nel 1994 l’amministrazione di Friburgo aprì un bando per la pianificazione del quartiere, che fu vinto dallo studio di Stoccarda Kohlhoff & Kohlhoff, e tre anni dopo partì la vendita dei lotti di terreno, che vennero assegnati principalmente a costruttori privati e cooperative. Nel 1998 cominciarono i lavori di costruzione e verso la fine dell’anno arrivarono i primi residenti. Il quartiere venne completato nel 2006: stando ai dati del comune di Friburgo, nel 2021 aveva circa 5.300 abitanti, con un’età media di 36,6 anni.
Durante i lavori le caserme della vecchia base militare vennero ristrutturate e ammodernate, e al loro fianco furono costruite file di palazzine residenziali di pochi piani, complessi commerciali e strutture pubbliche tutte pensate per essere autosufficienti.
Vauban ha una sua centrale termoelettrica che produce calore ed energia elettrica bruciando materie prime rinnovabili, come gli scarti del legno, e la gran parte dei suoi edifici è dotata di pannelli fotovoltaici, che permettono quindi di produrre energia elettrica attraverso la luce solare. Tra questi ci sono per esempio il cosiddetto Solarsiedlung (insediamento solare) e il Sonnenschiff (nave solare), che sono rispettivamente un complesso di case a schiera e un complesso di attività commerciali “a bilancio energetico positivo”: vuol dire che producono più energia del loro fabbisogno.
Ogni edificio è stato costruito secondo i rigidi criteri fissati dal piano di sviluppo urbanistico della città. Tra le altre cose, le case sono a una certa distanza l’una dall’altra, in modo da fare spazio a parchi e aree per il tempo libero. Ci sono una scuola, asili nido e un centro polifunzionale, e poi negozi e dormitori per gli universitari. Ma soprattutto il quartiere è pensato per limitare il più possibile l’uso delle automobili: ci si gira tranquillamente a piedi e in bicicletta e il centro si raggiunge nel giro di pochi minuti con due linee di bus o con il tram.
Contrariamente a quello che si legge ogni tanto online, Vauban non è un quartiere senza automobili, ma è un’area dove il traffico è altamente ridotto e scoraggiato. Le strade principali hanno un limite di 30 km/h, mentre la gran parte delle zone residenziali è a traffico limitato. Nelle vie in cui è possibile accedere in auto ci si può fermare solo per pochi minuti. In ogni caso bisogna mantenere il limite di 5 km/h e dare sempre la priorità a pedoni e ciclisti.
Nella gran parte delle vie residenziali tra l’altro è vietato parcheggiare, sia perché non ci sono posteggi in strada, sia perché le case non sono dotate di garage. I residenti che hanno un’automobile possono parcheggiarla in una delle due autorimesse ai confini del quartiere: per farlo però devono acquistare un posto auto, che può costare anche più di 20mila euro.
Secondo le statistiche del comune, alla fine del 2020 le auto dei residenti del quartiere erano 1.132: vuol dire circa 21 auto ogni 100 abitanti, contro le 39 ogni 100 abitanti dell’intera Friburgo. Per fare un confronto, è stato stimato che a Milano ci siano 49 auto ogni 100 abitanti: con 675 automobili ogni mille persone l’Italia è il terzo paese più “motorizzato” dell’Unione Europea, dietro solo a Polonia e Lussemburgo.
«A dire il vero per la vita di tutti i giorni non c’è bisogno di avere un’auto», aveva detto nel 2019 alla rivista statunitense Fast Company Almut Schuster, un residente di Vauban dal 2001. Più di recente un ragazzo del posto ha spiegato alla rivista digitale Experience che se la sua famiglia ha bisogno di andare fuori città semplicemente ne noleggia una. Le automobili insomma a Vauban ci sono, ma il loro utilizzo rimane di gran lunga secondario rispetto alla mobilità leggera e all’utilizzo dei mezzi pubblici.
Sono molte le città europee che negli ultimi anni hanno proposto o avviato programmi per limitare il transito delle automobili in città, per ridurre il traffico e l’inquinamento, o per rendere i quartieri più vivibili. Da anni Barcellona sta mettendo in pratica un piano per togliere spazio alle auto e ridarlo a pedoni e ciclisti con le cosiddette “superilles”, cioè porzioni di città dove le auto non sono benvenute. Capitali come Tallinn o Lussemburgo hanno provato a farlo rendendo gratuiti i mezzi pubblici, mentre nel 2021 più di 50mila residenti di Berlino hanno aderito a un’iniziativa che ha l’obiettivo di creare un’enorme zona a traffico limitato riservata al transito di pedoni, biciclette e mezzi pubblici.
Parlando sempre di Milano, invece, negli ultimi mesi si è discusso molto del concetto di “città 30”, che non comporta solo l’abbassamento del limite di velocità a 30 km/h nelle aree urbane, ma anche interventi per creare spazi più vivibili per le persone, come ridurre le porzioni di strada dedicate alle auto con l’inserimento di piste ciclabili e l’allargamento dei marciapiedi. Politiche simili a quelle di Vauban sono state introdotte anche a Rieselfeld, un altro quartiere di Friburgo molto popolato da studenti, con risultati tuttavia molto meno radicali.
Brian Helmuth, professore di Scienze ambientali della Northwestern University, sostiene che Vauban sia un modello di successo, ma dubita che progetti simili possano funzionare dappertutto. Helmuth si riferisce in particolare alle città degli Stati Uniti, dove generalmente la popolazione è restia all’imposizione di limitazioni, anche se l’obiettivo è quello di ottenere benefici in termini ambientali.
C’è poi un’altra questione, e cioè che vivere a Vauban è particolarmente costoso. Andreas Konietzny, uno dei primi residenti, ha raccontato alla tv pubblica Deutsche Welle che inizialmente la popolazione del quartiere era molto eterogenea: col tempo però oltre agli studenti che vivono nelle residenze convenzionate sono rimaste solo persone benestanti, con un livello alto di istruzione o molto attente alle questioni ambientali. «Il rovescio della medaglia di tutto ciò è la gentrificazione», ha detto Konietzny, un contesto molto lontano dalle premesse con cui inizialmente era stato pensato il quartiere.
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