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  • Venerdì 8 settembre 2023

La nuova proposta del governo per regolamentare gli affitti brevi è un po’ annacquata

Contiene limitazioni come l'obbligo di affittare almeno per due notti, ma sindaci e albergatori non sono entusiasti

(Unsplash)
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Giovedì l’ufficio legislativo del ministero del Turismo ha condiviso una nuova bozza del provvedimento per regolamentare più chiaramente il settore degli appartamenti affittati online per periodi brevi o brevissimi a fini turistici, come quelli che appaiono su piattaforme come Airbnb o Booking.com. Il disegno di legge, che per entrare in vigore dovrà ottenere eventualmente l’approvazione delle camere, vorrebbe introdurre alcune nuove limitazioni. Tra queste c’è l’obbligo di assegnare le stanze per un minimo di due notti a chi affitta appartamenti (per ora solo nei centri storici delle città metropolitane, pena 5mila euro di multa) e quello di registrarsi come imprenditori, aprendo la partita IVA, se si destinano più di due propri appartamenti alle locazioni brevi.

Il disegno di legge ha però perso buona parte degli obiettivi che conteneva nelle bozze precedenti. Quella di fine maggio diceva che il provvedimento era finalizzato a contrastare «il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento», due temi con cui gli abitanti di grandi città come Milano, Bologna, Firenze e Venezia, ma anche di cittadine più piccole di grande interesse turistico, devono affrontare da anni e che alcuni dei sindaci di queste città hanno spesso denunciato.

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Da anni infatti comuni, ricercatori e associazioni cittadine sostengono che la possibilità di offrire appartamenti in affitto ai turisti con piattaforme come Airbnb in modo piuttosto semplice e deregolamentato abbia contribuito alla creazione di un mercato incontrollato, trasformando molte città italiane le cui case sono sempre più spesso adibite agli affitti brevi, con molte conseguenze economiche e sociali per i residenti. Per contrastare questi effetti, che non sono specifici dell’Italia, diverse città e paesi stranieri hanno introdotto regolamentazioni più o meno stringenti: il caso più recente è quello di New York, che per mitigare l’emergenza abitativa ha introdotto una nuova procedura definita da Airbnb «un divieto di fatto».

Nella nuova bozza proposta dal governo i riferimenti alla salvaguardia della residenzialità e al contrasto del cosiddetto “overtourism”, il turismo eccessivo, sono stati eliminati. È rimasto solo un riferimento alla necessità di fornire una disciplina uniforme a livello nazionale e di «contrastare il fenomeno dell’abusivismo nel settore». Commentando la bozza il sindaco di Firenze Dario Nardella, che di recente si era espresso contro gli affitti brevi nel centro storico della città, l’ha definita «un timido passo avanti che serve a poco». La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha invece detto che «mi sembra che nessuno, prima di noi, abbia mai voluto affrontare una questione riguardante un tema così complesso e spinoso» e si è augurata che la proposta sia «il più possibile condivisa».

Il disegno di legge include alcuni nuovi obblighi e costi per i proprietari. Finora, chiunque destinasse più di quattro appartamenti alla locazione breve (ovvero meno di 30 notti consecutive) era costretto ad aprire una partita IVA, perdendo l’accesso alla cedolare secca al 21 per cento, ovvero il regime facoltativo che permette ai proprietari di pagare un’imposta sostitutiva all’IRPEF, più bassa. In base alla nuova proposta, il numero di appartamenti viene abbassato a due. Inoltre, la bozza prevede che le case destinate al turismo si debbano dotare di dispositivi per la rilevazione del monossido di carbonio e debbano rispettare gli stessi requisiti igienico-sanitari e di sicurezza degli impianti degli hotel.

Per assicurarsi che la legge venga applicata, ogni appartamento dovrà esporre un codice idenfiticativo nazionale unico sia sugli annunci online che sui campanelli. Le piattaforme che non dovessero richiedere il codice rischiano una multa fino a 8mila euro, mentre chi non lo esporrà su ogni annuncio tra i 500 e i 5mila euro. Ad assicurarsi che l’obbligo sia applicato dovrebbero essere i comuni, a cui verrebbe chiesto di controllare che i codici siano esposti su tutti i canali di promozione e sui portoni negli immobili.

L’intenzione è con ogni probabilità quella di favorire il settore alberghiero tradizionale, che da anni lamenta la concorrenza sleale rappresentata da piattaforme come Airbnb e Booking.com. Nel caso del vincolo di due notti di permanenza minima degli ospiti in questi appartamenti, i turisti che vorranno continuare a rimanere in città una sola notte avranno per esempio la sola opzione di prenotare una camera d’hotel.

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Federalberghi, l’associazione di categoria che rappresenta gli interessi delle imprese alberghiere in Italia, ha comunque parzialmente criticato la bozza. Il presidente Bernabò Bocca ha detto che l’associazione «continua a ritenere e a ribadire che chi acquista due appartamenti e li può affittare nei week end (perché il limite delle due notti consente di farlo nel fine settimana) non sta facendo un’integrazione del reddito familiare ma una vera attività commerciale, che deve essere tassata come quella di tutti gli altri imprenditori». Federalberghi avrebbe voluto che il limite per chi gestisce un appartamento destinato all’abitazione, e quindi non formalmente a fini commerciali, salisse a tre notti. «Troviamo che la norma di New York sia la cosa migliore», ha aggiunto Bocca. «È possibile affittare solo se l’host vive nello stesso appartamento: tu a casa tua, dove abiti, puoi fare quello che vuoi ma se lo fai in un altro appartamento è un investimento, un’attività commerciale a tutti gli effetti».

L’Aigab, l’associazione italiana gestori di affitti brevi, si è comunque molto lamentata anche di questa bozza. «Di fatto sono state accolte richieste del mondo alberghiero volte a introdurre limitazioni attraverso complessi adempimenti relativi agli immobili, incomprensibili restrizioni dirette volte a rendere meno conveniente il ricorso a questo strumento (come quelle del minimum stay, quindi possibilità di affittare una casa solo soggiornando almeno due notti) o rendere più complicata la vita del proprietario (costringendolo a diventare imprenditore nel caso abbia tre o più immobili, mentre prima la soglia era di cinque)», ha detto il presidente Marco Celani. «Ogni proprietario in tutta Italia, che abbia più di due appartamenti messi a reddito con gli affitti brevi, sarà escluso dalla cedolare secca e costretto ad aprire partita IVA con l’obbligo di iscriversi al registro imprese e tenere la contabilità».

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