Per la prossima legge di bilancio non ci sono molti soldi
Una congiuntura economica sfavorevole, la contabilità del Superbonus e il costo di alcune misure stanno preoccupando il governo
Benché vada approvata entro il 31 dicembre, sul finire dell’estate sui giornali è già cominciato un dibattito sulla legge di bilancio, che indica come lo Stato intenda reperire e spendere i soldi nell’anno successivo per introdurre misure aggiuntive. In questa fase si parla poco di cifre, perché è ancora presto, ma intanto si sa già che il governo faticherà a decidere quali misure inserire nella legge: in sintesi perché di risorse ce ne saranno poche.
La mancanza di soldi ha grossomodo tre ragioni. La prima è legata all’enorme costo delle misure che vorrebbe introdurre il governo, il secondo al Superbonus che ha peggiorato molto i conti dello Stato, e il terzo a una prospettiva generale di rallentamento dell’economia.
I provvedimenti sono ancora da decidere, ma sui giornali si parla soprattutto di alcuni come probabili: il prolungamento del taglio alle tasse sul lavoro in vigore da luglio, il cosiddetto cuneo fiscale, che da solo costa circa 10 miliardi all’anno; una nuova “quota” sulle pensioni per rimandare ancora di un anno l’entrata in vigore della legge Fornero, particolarmente invisa ai partiti al governo; un aumento della spesa sanitaria, che dopo la pandemia è tornata a scendere in rapporto al Prodotto Interno Lordo (PIL); nuovi sgravi fiscali e misure per contrastare la denatalità.
Oltre a queste si parla anche di misure più strutturali, che però difficilmente potranno essere tutte pronte e finanziate per l’anno prossimo (in particolare la riforma fiscale e un’ipotetica flat tax, ossia una tassa al 15 per cento per tutti i redditi).
C’è poi la questione del Superbonus, l’agevolazione fiscale introdotta nel 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte per gli interventi di ristrutturazione. In sintesi, con il Superbonus il governo si impegnò a rimborsare la totalità delle somme spese per le ristrutturazioni che migliorano l’efficienza energetica degli edifici residenziali, versando anche un contribuito aggiuntivo del 10 per cento.
Negli anni però la misura è risultata particolarmente onerosa, il governo Meloni l’ha molto cambiata e da ottobre non potrà più essere richiesta. Durante l’annuale Forum di Cernobbio, Giorgetti ha detto che il governo attuale, che è in carica dallo scorso ottobre, ha già speso 20 miliardi di euro per finanziare la misura, e rimangono altri 80 miliardi di euro da pagare nei prossimi anni, fino al 2026. Inoltre alcune nuove regole contabili di Istat ed Eurostat potrebbero rendere ancora più forte l’impatto sul bilancio del Superbonus nei prossimi anni.
Semplificando molto, se prima si spalmava su più anni il costo complessivo per lo Stato del rimborso dei crediti del Superbonus e degli altri bonus edilizi, ora invece dovrebbero essere contabilizzati nell’anno in cui quei rimborsi sono stati effettivamente richiesti. Questo ha fatto sì che, a posteriori, il rapporto deficit/PIL tra il 2020 e il 2022 sia stato rivisto molto al rialzo.
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Il cambio di conteggio statistico non cambia la sostanza, la quantità dei soldi spesi è sempre la stessa. Cambia il modo in cui questi soldi vengono contabilizzati, non più spalmati su più anni ma tutti insieme. Visto che a febbraio il governo ha profondamente cambiato le regole del Superbonus, il ministero dell’Economia ha chiesto a Eurostat se il conteggio vale anche nella nuova forma della misura. Se dovesse confermarlo, il rapporto tra deficit e PIL salirebbe notevolmente per quest’anno: secondo Bloomberg, nel 2023 dal 4,5 potrebbe arrivare al 6,5 per cento. Per il momento il governo nell’ultimo Documento di Economia e Finanza ha previsto per l’anno prossimo un deficit al 3,7 per cento del PIL, che però potrebbe aumentare ancora a seconda della decisione di Eurostat.
Tutto questo va ad aggiungersi al generale rallentamento dell’economia dopo la forte crescita che c’era stata nel 2021 e nel 2022. Le conseguenze della guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione hanno ridotto di molto il potere d’acquisto delle famiglie, che di conseguenza stanno riducendo i consumi. Le aziende quindi vendono meno, producono meno e l’economia non cresce più ai ritmi degli anni passati. È una tendenza non solo italiana, ma anche degli altri paesi europei e degli Stati Uniti: la crescita del PIL ha rallentato soprattutto a causa dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalle banche centrali per contrastare l’inflazione.
Questa tendenza potrebbe incidere anche sulla legge di bilancio, perché se la produzione e i consumi si contraggono significa che ci saranno meno entrate per lo Stato, e quindi meno soldi da spendere. Inoltre c’è anche un effetto contabile, perché peggiora il bilancio dello Stato e si riduce lo spazio per nuove misure: se il PIL diminuisce, diminuisce il denominatore del rapporto deficit/PIL e quindi aumenta di conseguenza il risultato di questo rapporto, che potrebbe sforare rispetto alle regole europee.
Mercoledì sera si è tenuta a Palazzo Chigi una riunione della maggioranza a cui hanno partecipato membri del governo e dei partiti di maggioranza. Secondo i giornali che ne hanno parlato, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe invitato tutti a concentrarsi su poche priorità per non disperdere risorse in tante piccole misure. Avrebbe anche chiesto prudenza negli annunci, proprio perché le risorse sono scarse e difficilmente si potrà realizzare tutto.
All’incontro non ha partecipato Giancarlo Giorgetti, e la sua assenza ha attirato qualche attenzione dato che è il ministro dell’Economia, ed è quindi l’esponente del governo che più di tutti ha idea di quali siano le cifre in ballo. In ogni caso Giorgetti ha già parlato pubblicamente delle poche risorse a disposizione, confermando di aver chiesto ai ministri di rivedere le spese dei loro ministeri per tagliare le inefficienze e reperire così più risorse possibili.
Non si sa ancora quanto costerà la legge di bilancio, si parla di una cifra intorno ai 40 miliardi, che non è l’importo della spesa pubblica per l’anno prossimo. Per esempio, la legge di bilancio per il 2023 valeva circa 35 miliardi di euro, mentre la spesa pubblica per quest’anno era ben superiore, stimata in oltre 900 miliardi. Il valore della legge di bilancio indica solo gli interventi aggiuntivi alla legislazione vigente.
La legge deve indicare anche come intende finanziare queste misure, ossia le cosiddette coperture di bilancio. Semplificando, le coperture di una spesa possono essere individuate in tre modi: riducendo un’altra spesa, aumentando le entrate, ossia le tasse, oppure aumentando il debito pubblico. Farlo è difficile per tutti i governi, perché il più delle volte comporta prendere decisioni impopolari.
Per esempio, tra le varie coperture per la prossima legge di bilancio è stata indicata la controversa tassa sugli “extraprofitti” delle banche, che dovrebbe raccogliere circa 3 miliardi. Inoltre sembra che il governo voglia anche vendere alcune partecipazioni che ha lo Stato in diverse aziende. Si parla in questi casi di “privatizzazioni” e l’intenzione è stata confermata anche dal ministro Giorgetti in una conferenza stampa.
Si avrà qualche idea più chiara sui numeri con la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF), che viene pubblicata ogni anno a fine settembre. In questo documento il governo indica la cornice macroeconomica nella quale muoversi per prendere le decisioni a fine anno: pubblica le sue stime sulla crescita del PIL, sul debito pubblico e sul rapporto tra deficit (la differenza tra entrate e spese dello Stato) e PIL, che dovrebbe sempre restare sotto determinati limiti imposti dalle regole europee sui conti pubblici.
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