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  • Venerdì 8 settembre 2023

A cosa serve la classificazione Euro delle auto

Gli standard costruttivi introdotti a partire dagli anni Novanta hanno consentito di limitare le emissioni inquinanti delle auto, pericolose per la salute e per l'ambiente

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(LaPresse/Stefano Guidi)
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Giovedì il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge per rimandare il blocco delle auto diesel Euro 5 in 76 comuni del Piemonte. La regione aveva previsto di introdurre il divieto di circolazione dal 15 settembre con l’obiettivo di ridurre i livelli di inquinamento nell’aria, come richiesto dalla Commissione europea. Il blocco è stato molto contestato da diversi esponenti del governo che nei giorni scorsi avevano alimentato una polemica tutta interna alla destra, visto che il Piemonte è governato dagli stessi partiti in maggioranza al governo.

Il dibattito sul caso del Piemonte è solo l’ultima e relativamente piccola polemica di una lunga serie che riguarda gli standard europei sulle emissioni inquinanti da cui deriva la classificazione delle auto.

Le discussioni sui limiti imposti dalla Commissione europea per limitare l’inquinamento vanno avanti da oltre trent’anni in tutti i paesi europei: c’è chi ritiene che le regole siano troppo restrittive e chi al contrario pensa che siano troppo permissive. Se ne discute anche perché, come dimostra il caso piemontese, la classificazione delle auto è strettamente legata ai blocchi del traffico istituiti da stati, regioni o comuni per migliorare la qualità dell’aria. In Italia da sempre i partiti di centrodestra manifestano un certo scetticismo – se non un’aperta opposizione – nei confronti dei divieti di circolazione, che invece sono sostenuti dal centrosinistra oltre che dalle associazioni ambientaliste.

La prima classificazione fu introdotta nel 1992 ed entrò in vigore dall’1 gennaio del 1993. La Euro 1 impose ai costruttori il passaggio a benzina senza piombo, l’installazione delle marmitte catalitiche e dell’alimentazione a iniezione per ridurre le emissioni inquinanti. Tutte le auto immatricolate prima del 31 dicembre 1992 sono molto inquinanti perché non hanno nessun filtro dei gas di scarico: sono chiamate Euro 0 o “pre Euro”.

Queste auto emettono una quantità notevole di inquinanti prodotti dal motore a combustione interna, cioè il motore a scoppio. I principali inquinanti sono cinque: il monossido di carbonio (CO), un gas velenoso prodotto quando l’ossigeno presente nell’aria non è sufficiente a convertire tutto il carbonio in anidride carbonica (CO2). Gli idrocarburi incombusti (HC), composti chimici costituiti da carbonio e idrogeno presenti nel petrolio, nel metano e nel carbone. Risultano essere particolarmente dannosi in quanto irritanti e cancerogeni. Gli ossidi di azoto (NOx), molecole composte da azoto e ossigeno, che causano problemi all’apparato respiratorio. Gli ossidi di zolfo (SOx) prodotti dalla combustione di combustibili fossili nei quali lo zolfo è presente come impurità.

Il particolato (PM), che spesso prende il nome di polveri sottili, identifica l’insieme delle sostanze sospese nell’aria di diametro inferiore a 100 micrometri, cioè 0,1 millimetri. Le particelle più pericolose per la salute sono comprese tra 0,5 e 10 micrometri di diametro e causano patologie acute e croniche dell’apparato respiratorio, come bronchiti, allergie, asma e tumori, e all’apparato cardio circolatorio.

Inoltre il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale. Gli alti livelli di CO2 disciolti nell’aria sono tra i primi responsabili del riscaldamento globale tramite l’effetto serra: impediscono alla Terra di disperdere parte del calore ricevuto dal Sole.

– Leggi anche: L’inquinamento dell’aria, spiegato bene

A partire dallo standard Euro 2, introdotto nel gennaio del 1997, fu approvata un’ulteriore limitazione delle emissioni e per la prima volta venne fatta una distinzione tra auto con motori a benzina e diesel. Ai motori diesel furono imposti limiti anche per le emissioni di polveri sottili, prodotte in quantità modeste dai motori a benzina. Le auto immatricolate dopo l’1 gennaio 2001 sono Euro 3: hanno tutte un sistema chiamato EOBD (European On Board Diagnostic) che segnala il malfunzionamento dei filtri del gas di scarico attraverso delle spie.

In molte regioni italiane, soprattutto al nord, negli ultimi anni sono stati introdotti divieti di circolazione permanenti per tutte le auto, che siano benzina o diesel, con le classificazioni dalla Euro 0 all’Euro 3, indipendentemente dai livelli di inquinamento misurati nell’aria. Nei periodi dell’anno in cui la qualità dell’aria è peggiore, in particolare durante i mesi invernali, le limitazioni vengono poi estese anche alle auto più recenti e meno inquinanti.

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(Claudio Furlan LaPresse)

Le Euro 4, immatricolate dal primo gennaio 2006, hanno limiti più restrittivi sulle emissioni così come le Euro 5, in particolare per le emissioni di particolato e di ossidi di azoto dei motori diesel. La maggior parte delle auto in circolazione in Italia appartiene a queste due classificazioni, per questo il blocco del traffico deciso dal Piemonte e poi revocato dal governo avrebbe avuto un impatto significativo per gli abitanti dei comuni coinvolti.

Tutte le auto immatricolate dopo il primo gennaio 2015 sono classificate Euro 6. Questo standard impone una significativa riduzione delle emissioni: nel caso delle auto a benzina il limite per il monossido di carbonio (CO) rimane fissato a 1 grammo per chilometro come nell’Euro 5, mentre per le auto diesel è di 0,5 grammi per chilometro. Nelle auto diesel, inoltre, è stato abbassato il limite delle emissioni di ossidi di azoto a 80 milligrammi per chilometro contro i 180 dell’Euro 5. Il limite è più basso anche per gli idrocarburi totali: 170 milligrammi per chilometro contro i 230 delle auto Euro 5.

La maggior parte delle auto Euro 6 ha installato il sistema EGR (Exhaust Gas Recirculation) che fa ricircolare parte dei gas di scarico abbattendo le emissioni inquinanti. Le auto diesel Euro 6, inoltre, hanno un sistema per limitare l’emissione di ossidi di azoto che utilizza un particolare additivo chiamato AdBlue.

Secondo i dati diffusi dall’ANFIA, l’associazione nazionale filiera automobilistica, nel 2021 circolavano in Italia oltre 9,7 milioni di Euro 4, 6,7 milioni di auto Euro 5 e 11,8 milioni di auto Euro 6. Per conoscere la classe della propria auto basta consultare il portale dell’automobilista, un sito del ministero dei Trasporti, inserendo il tipo di veicolo e la targa nei campi richiesti.

Nel 2019 ci fu un’importante novità nella misurazione delle emissioni: fino ad allora avveniva in laboratorio e non durante la guida su strada, in un contesto molto più realistico e affidabile.

Il cambio fu dettato da uno scandalo che coinvolse diverse aziende automobilistiche. Già nel 2015 test indipendenti avevano dimostrato che alcuni produttori dichiaravano emissioni inquinanti molto inferiori rispetto ai livelli reali. Il caso partì dagli Stati Uniti, ma coinvolse milioni di automobili del gruppo Volkswagen – che comprende anche Audi – e altre aziende automobilistiche, sia in Europa che in altri paesi. Per via delle grosse implicazioni economiche, giuridiche e sanitarie lo scandalo mise in grossi guai Volkswagen e venne nominato “Dieselgate”.

Per aggirare le normative sulle emissioni dei motori diesel, Volkswagen aveva installato un apposito software sulle centraline dei motori di cinque modelli di auto venduti a partire dal 2008: il dispositivo consentiva di abbassare il dato delle emissioni inquinanti in fase di test e aveva permesso all’azienda automobilistica di truffare gli organi di controllo per anni.

Negli ultimi mesi si è discusso molto della nuova classe Euro 7 che dovrebbe entrare in vigore dall’1 luglio del 2025. Il 10 novembre 2022 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di regolamento che fissa i nuovi limiti.

Secondo le stime della Commissione, le auto Euro 7 consentiranno di ridurre le emissioni totali di ossido di azoto del 35 per cento rispetto alle Euro 6, mentre le emissioni di particolato diminuiranno del 13 per cento. L’obiettivo più ambizioso fissato dall’Europa è però al 2035, da quando non si potranno più produrre auto alimentate da combustibili fossili.

Diverse associazioni che rappresentano le aziende produttrici di automobili sostengono che sarà impossibile adeguare i processi di produzione in così poco tempo. Un altro timore riguarda gli investimenti: sviluppare nuovi componenti per adeguare i motori ai nuovi standard potrebbe assorbire parte delle risorse economiche dedicate allo sviluppo e quindi rallentare la transizione verso i motori elettrici.