La storia dei rottami di un drone trovati in Romania, dall’inizio
Sono stati trovati vicino al confine con l'Ucraina e potrebbero appartenere a un drone russo: c'è stata qualche preoccupazione
Mercoledì il ministro della Difesa della Romania Angel Tilvar ha detto che sul territorio del paese sono stati trovati rottami che potrebbero appartenere a un drone russo, in un’area molto vicina al confine ucraino. Il ritrovamento, che deve ancora essere confermato, ha suscitato alcune preoccupazioni in Europa, tra le altre cose perché la Romania è un paese membro della NATO. Non c’è però al momento nessuna reale possibilità che questo evento possa portare a un qualche tipo di allargamento degli scontri.
Si era cominciato a parlare di droni caduti sul territorio della Romania lunedì, quando l’Ucraina aveva detto che un drone russo era caduto a seguito di bombardamenti russi sul porto ucraino di Izmail, una città a sud di Odessa che si trova sul Danubio, che in quella zona corre lungo il confine fra Ucraina e Romania. Il governo rumeno aveva inizialmente negato l’accaduto, ma a seguito del ritrovamento di rottami nel villaggio rumeno di Plauru, che si trova esattamente davanti ad Izmail, ha ordinato che sia effettuata un’analisi per determinare l’origine e le caratteristiche di quelli che potrebbero essere pezzi di un drone iraniano appartenente all’esercito russo.
Il presidente della Romania Klaus Iohannis ha detto che, se questa ipotesi fosse confermata, questo «costituirebbe una grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Romania, uno stato alleato della NATO». In qualità di stato membro, la Romania gode della protezione dell’articolo 5 della Costituzione della NATO, secondo cui un attacco armato contro un membro è considerato un attacco contro tutti i paesi membri. Questo articolo prevede in realtà notevoli eccezioni e cautele a seconda del tipo di minaccia, e non ci sono automatismi che obblighino i paesi a difendersi l’uno con l’altro.
A ogni modo il ministro della Difesa Tilvar ha subito rassicurato che per ora non vi è alcuna minaccia diretta della Russia e, attraverso l’agenzia di stampa nazionale Agerpres, ha spiegato che è possibile che il drone sia semplicemente caduto in Romania per qualche malfunzionamento, o che sia esploso in Ucraina e che, data la vicinanza, alcuni pezzi siano finiti sul territorio rumeno.
Su internet è circolato un video che mostrerebbe un’esplosione sulla sponda rumena del Danubio, di fronte a Izmail, ma Reuters, pur avendo confermato che è stato girato in quell’area geografica, non è stata in grado di verificare la data del video, né la causa dell’esplosione.
Non è la prima volta che resti di bombardamenti legati alla guerra in Ucraina finiscono su un paese confinante. A novembre un missile che l’Ucraina inizialmente aveva detto fosse russo aveva colpito una fattoria in Polonia e ucciso due persone, vicino al confine con l’Ucraina. Si era però capito poco dopo che si trattava molto probabilmente di un missile della contraerea ucraina che aveva mancato il proprio bersaglio o era uscito dalla sua traiettoria. Anche in quel caso si erano sviluppate soprattutto sui media molte preoccupazioni su un possibile allargamento del conflitto a causa di un coinvolgimento di un paese NATO, tutte largamente infondate.
Gli attacchi russi ai porti ucraini sul Danubio sono aumentati notevolmente da quando la Russia si è ritirata a luglio dall’accordo sul grano, che per un anno aveva permesso alle navi cariche di cereali di lasciare l’Ucraina e transitare sul mar Nero in sicurezza nonostante la guerra. Il ritiro dall’accordo, che garantiva una relativa sicurezza ai porti da cui partiva il grano, ha significato nuovi bombardamenti sulle città di Odessa, Mykolaiv e Chornomorsk, che affacciano sul mar Nero.
Nonostante tutto l’Ucraina ha continuato a esportare, non senza qualche difficoltà, il suo grano attraverso il Danubio, che è il secondo fiume più lungo d’Europa (quasi 3mila chilometri) e la collega a diversi stati europei. I frequenti bombardamenti degli ultimi giorni sui tre principali porti fluviali ucraini (Izmail, Reni e Ust-Danube) sono probabilmente un tentativo della Russia di impedire ulteriormente l’esportazione di milioni di tonnellate di cereali, di cui l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori al mondo.