L’Iran ha parecchi occidentali nelle sue carceri
Secondo alcune stime sono almeno 30, spesso arrestati con accuse false: il regime li usa per ottenere qualcosa in cambio dai loro paesi
Negli ultimi mesi è accaduto spesso che una persona europea o statunitense venisse arrestata in Iran, con accuse spesso risibili o palesemente false, e che al suo paese di origine venissero avanzate richieste molto precise per la sua liberazione. L’ultimo caso emerso pubblicamente è quello di Johan Floderus, un diplomatico dell’Unione Europea arrestato nell’aprile del 2022 all’aeroporto di Teheran, la capitale iraniana, e da allora detenuto in carcere con accuse di spionaggio.
Soltanto fra 2022 e 2023 si sono trovati in una situazione simile un operatore umanitario belga, una blogger di viaggi italiana, Alessia Piperno, e cinque statunitensi con la cittadinanza iraniana. Diversi osservatori ritengono che il loro arresto e la detenzione facciano parte di una strategia precisa da parte di uno dei regimi più repressivi e isolati al mondo: «scambiarli con iraniani detenuti in Europa o negli Stati Uniti, o usarli come pedine per ottenere soldi o altre concessioni», sintetizza il New York Times.
Citando alcuni funzionari europei che hanno preferito rimanere anonimi, il Wall Street Journal scrive che al momento potrebbero essere detenuti nelle carceri iraniane almeno 30 cittadini dell’Unione Europea. Si ritiene che molti di loro siano detenuti nella stessa struttura: la prigione di Evin a Teheran, nota fra le altre cose come simbolo dell’autoritarismo del regime iraniano e per le accuse di torture ai detenuti.
In diversi momenti della sua storia il regime iraniano ha arrestato e detenuto persone europee o statunitensi per fare pressioni sui loro governi, a partire dalla cosiddetta “crisi degli ostaggi” del 1979 fra Iran e Stati Uniti, quando più di 50 dipendenti dell’ambasciata statunitense in Iran furono arrestati durante una protesta di massa. La maggior parte di loro fu liberata soltanto un anno e mezzo dopo.
I rapporti dell’Iran con i paesi occidentali sono tornati piuttosto complicati dopo che nel 2018 l’allora presidente statunitense Donald Trump aveva fatto uscire unilateralmente gli Stati Uniti dallo storico accordo del 2015 che riduceva la capacità dell’Iran di sviluppare la tecnologia per la creazione di un’arma nucleare, in cambio della rimozione delle sanzioni internazionali sull’economia iraniana.
Dopo l’elezione di Joe Biden i funzionari statunitensi e iraniani hanno provato a rinegoziare un accordo, ma finora senza successo. In Iran nel frattempo è cambiato il governo: al presidente moderato Hassan Rouhani, che aveva fatto dell’accordo sul nucleare uno dei più importanti obiettivi del suo mandato, nell’estate del 2021 è subentrato l’ultraconservatore Ebrahim Raisi. La sua elezione e una nuova legittimazione di fatto della classe politica ultraconservatrice hanno esacerbato le diffidenze reciproche fra l’Iran e i paesi occidentali. Anche per queste ragioni, secondo alcuni, l’Iran ha ripreso la sua vecchia strategia di arrestare e imprigionare cittadini stranieri per fare pressione sui loro governi e ottenere in cambio obiettivi limitati e specifici.
Da almeno due anni sono emerse varie storie di cittadini europei o statunitensi arrestati in Iran con accuse ritenute false, spesso di spionaggio. Oltre a quelle già citate, nel maggio del 2022 due cittadini francesi, Cecile Kohler e Jacques Paris, furono arrestati e accusati di spionaggio mentre si trovavano in vacanza in Iran. Entrambi lavorano per un sindacato degli insegnanti. Nell’ottobre del 2022 la tv di stato iraniana ha diffuso un video in cui Kohler e Paris sembrano confessare di lavorare per i servizi segreti francesi. Kohler indossa un velo, e diversi elementi fanno pensare che la confessione sia stata estorta dalle autorità iraniane.
#CécileKohler, enseignante française, ne fera pas sa rentrée de classe car elle est détenue arbitrairement en otage par le régime islamique d'Iran depuis presque 500 jours dans de très mauvaises conditions. Elle a été contrainte de faire des aveux forcés télévisés à deux… pic.twitter.com/306CofiLZH
— lettres de Teheran (@LettresTeheran) September 4, 2023
Nel settembre del 2022 un altro cittadino francese, l’impiegato di banca Louis Arnaud, è stato arrestato in Iran mentre si trovava lì in vacanza. Il governo francese ha confermato che un’altra persona con la cittadinanza francese si trova nelle carceri iraniane, ma non ha rivelato ulteriori dettagli sulla sua identità. Il governo francese si riferisce alle persone arrestate in Iran come a degli «ostaggi».
A ottobre un uomo spagnolo che stava cercando di raggiungere il Qatar per seguire i Mondiali di calcio è sparito in Iran. I suoi genitori hanno riferito che secondo informazioni ricevute dal governo «al 99 per cento» era stato arrestato dalle autorità iraniane. Qualche tempo dopo l’agenzia di stato iraniana ha fatto sapere che l’uomo era stato arrestato nell’ambito delle proteste di massa di quell’autunno contro il regime, innescate dalla morte della ragazza di etnia curda Mahsa Amini. A fine novembre del 2022 il regime iraniano aveva annunciato che fra le centinaia di persone arrestate per le proteste c’erano anche 40 stranieri: non è chiaro però quanti di loro fossero occidentali.
Spesso negli anni scorsi a essere arrestate erano persone con la doppia nazionalità, iraniana e di un paese occidentale, che si trovavano in Iran per lavoro o questioni personali. Qualche mese fa BBC News ha riassunto le storie dei più famosi tra loro.
Una delle più note riguarda lo scienziato svedese-iraniano Ahmadreza Djalali, arrestato in Iran nel 2016 e successivamente condannato per spionaggio per conto di Israele. Djalali è stato condannato a morte e da più di tre anni periodicamente emergono voci sul fatto che stia per essere ucciso. Nel 2022 è stata liberata dopo sei anni di detenzione Nazanin Zaghari-Ratcliffe, che aveva la doppia cittadinanza britannica e iraniana. Al momento del suo arresto Zaghari-Ratcliffe lavorava per una ong impegnata a formare giornalisti e blogger in Iran, ed era stata condannata a cinque anni di carcere con l’accusa di aver «cospirato contro il governo iraniano». In cambio della sua liberazione il governo britannico accettò di saldare al governo iraniano un debito vecchio di decenni, stimato in circa 450 milioni di euro.
Un altro detenuto con la doppia cittadinanza, il dissidente politico iraniano-svedese Habib Chaab, è stato invece condannato a morte e ucciso dalle autorità iraniane nel maggio di quest’anno. Chaab viveva in esilio in Svezia da tempo, ma nel 2020 era stato arrestato da alcuni agenti iraniani mentre si trovava in Turchia. Era stato considerato colpevole di un crimine che si può tradurre come “Diffondere la corruzione sulla terra”, un’accusa che il regime iraniano utilizza per punire gli oppositori politici del regime.
In vari casi le richieste delle autorità iraniane per la liberazione degli occidentali arrestati sono molto precise. In cambio della liberazione di cinque persone statunitensi, l’Iran ha ottenuto dagli Stati Uniti l’accesso a 6 miliardi di dollari di fondi bloccati dalle sanzioni internazionali, e la liberazione di vari funzionari del regime detenuti negli Stati Uniti. Nel caso dell’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele, l’Iran ottenne la liberazione di Assadollah Assadi, un funzionario del regime arrestato nel 2018 in Belgio con l’accusa di voler organizzare un attentato terroristico contro un raduno di oppositori iraniani a Parigi, in Francia.
Alcuni ritengono che sul medio-lungo termine l’Iran voglia utilizzare le persone occidentali arrestate per avere la possibilità di avvicinare i paesi occidentali di origine e «segnalare la propria disponibilità a riprendere i negoziati per un accordo sul nucleare», come ha ipotizzato qualche mese fa un rapporto del think tank statunitense Institute for the Study of War. Al momento però è difficile capire se quella iraniana è una strategia pianificata oppure una tattica più limitata per fare pressioni su singoli paesi.