In Turchia la pallavolo femminile unisce quasi tutti
Le "Sultane della rete" hanno vinto gli Europei e sono un orgoglio nazionale, oltre che un modello per molte donne turche
Domenica sera a Bruxelles si è giocata la finale degli Europei di pallavolo femminili tra Serbia e Turchia, che attualmente è considerata la più forte al mondo e la squadra sportiva di maggior successo del paese. È allenata dall’italiano Daniele Santarelli, che peraltro fino all’anno scorso allenava proprio la Serbia. È stata una finale equilibrata, ma alla fine ha vinto la Turchia per tre set a due.
In un periodo di forti contrasti interni, inflazione altissima e ripresa dal devastante terremoto che ha colpito il paese a febbraio, le pallavoliste della nazionale turca, soprannominate Filenin Sultanları, cioè “Sultane della rete”, sono diventate «una rara fonte di orgoglio nazionale, che esercita un fascino trasversale nonostante tutte le divisioni sociali del paese», ha scritto il corrispondente da Istanbul del New York Times Ben Hubbard.
In Turchia le partite di pallavolo femminile vengono trasmesse dall’emittente nazionale e le semifinali sui maxischermi hanno radunato migliaia di persone nelle piazze delle città, soprattutto a Istanbul. «Le giocatrici trasudano potere da star», scrive Hubbard, attirando migliaia di follower sui social network e facendo parlare di sé sui giornali. Per molte donne turche poter tifare per una squadra femminile così forte ha un effetto anche sulla percezione del ruolo delle donne, in un paese in cui il governo sempre più autoritario e conservatore di Recep Tayyip Erdogan ha messo in discussione i passi avanti che erano stati fatti verso una maggiore parità di genere nella società. Allo stesso tempo le pallavoliste sono riuscite a ottenere anche grande sostegno internazionale, e la stessa Turchia considera da tempo lo sport come un modo per affermarsi a livello globale (da giovane Erdogan era un giocatore di calcio di alto livello).
Le giocatrici della nazionale si presentano in modo più o meno esplicito come sostenitrici della parte più progressista e non integralista della società turca. La settimana scorsa la giocatrice Zehra Gunes ha detto alla stampa che la squadra porta avanti una visione della società turca che si ispira a quella di Atatürk, considerato “padre fondatore” della Turchia moderna e laica. Le giocatrici inoltre non indossano il velo e giocano con l’uniforme standard formata da pantaloncini corti e canotta anziché con quella tipica delle giocatrici di alcuni paesi islamici, con il capo coperto. Melissa Vargas, una delle più note e forti della squadra, è scesa in campo con i capelli tinti di blu e ha le braccia coperte di tatuaggi.
I giornali e i gruppi più conservatori in Turchia hanno spesso espresso il proprio disappunto rispetto a come le atlete si presentano in pubblico. Recentemente un’altra giocatrice, Ebrar Karakurt, è finita al centro di un attacco online dopo aver pubblicato una foto in atteggiamenti intimi con un’altra donna. Dopo aver vinto alle semifinali contro l’Italia venerdì, Karakurt ha risposto alle critiche ricevute pubblicando su Twitter una foto con un cartello con la scritta «Basta con le stronzate, Abdulhamid», citando il nome di un utente che aveva commentato la sua lontananza dai principi musulmani.
— Ebrar Karakurt (@karakurtebrar18) September 1, 2023
Lo stesso presidente Erdogan mantiene posizioni ambigue nei confronti della squadra. Nel 2021, quando Vargas, che è di origini cubane, aveva ottenuto la cittadinanza turca, era stato lo stesso presidente a volerle consegnare ufficialmente la carta d’identità. Dopo la prima partita alle Olimpiadi di Tokyo, Erdogan aveva chiamato la capitana Eda Erdem per dirle: «Ci hai fatto diventare emotivi, ci hai fatto piangere». L’estate scorsa però era nato un piccolo caso quando un politico dell’opposizione, Gulcan Kis, aveva chiesto al parlamento come mai il ministro dello Sport non fosse stato presente a nessuna delle partite della Volleyball Nations League femminile, insinuando che il governo di Erdogan non volesse indispettire i suoi sostenitori più conservatori.
La pallavolista Neslihan Demir, che si è ritirata dalla squadra nel 2017, ha detto al New York Times che adesso «tutte le bambine turche vogliono giocare a pallavolo». Il ministero dell’Istruzione ha avviato il programma “Sultane di domani” in alcune scuole della provincia turca, per avvicinare bambine e ragazze a questo sport.
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