Le norme sui vestiti religiosi nelle scuole europee
In Francia si sta discutendo se vietare l'abaya, in Germania sono i singoli stati a decidere, in Italia non c'è alcun divieto del genere
Lunedì in Francia il nuovo ministro francese dell’Istruzione, Gabriel Attal, ha detto che nelle scuole francesi non sarà più possibile indossare l’abaya, cioè la lunga tunica della tradizione mediorientale portata dalle donne sopra altri indumenti. Secondo Attal, l’abaya rappresenta un vestito tradizionalmente islamico, e quindi va vietato secondo la cosiddetta legge sulla laicità nelle scuole, che dal 2004 vieta l’ostentazione di simboli e abiti religiosi nelle scuole stesse.
In Francia se ne sta discutendo molto, soprattutto perché non è chiaro se sia corretto interpretare l’abaya come un abito religioso. Dibattiti pubblici simili a quello in corso in Francia sono avvenuti un po’ in tutta Europa negli ultimi anni, anche se nella maggior parte dei paesi le norme su vestiti e simboli religiosi sono molto più permissive.
Nel Regno Unito una legge del 2010 approvata dai Conservatori, l’Equality Act, permette a studenti e insegnanti di indossare vestiti o simboli religiosi in classe. La norma si estende anche ad acconciature di capelli riconducibili a una certa cultura: nel 2022 la Equality and Human Rights Commission (EHRC), un’agenzia pubblica che si occupa di promuovere i diritti delle minoranze, ha stabilito per esempio che le scuole britanniche non possono vietare a ragazze e ragazzi di origini africane di legarsi i capelli con trecce molto appariscenti per gli standard occidentali.
Il ministero dell’Interno britannico ha spiegato che «le scuole dovrebbero dimostrarsi sensibili ai bisogni di culture, etnie e religioni differenti», «senza compromettere la sicurezza o la disciplina dell’istituto».
In Germania sono i singoli stati ad avere competenza sull’istruzione, e ciascuno può decidere se vietare abiti o simboli religiosi nelle scuole. Euronews scrive che «almeno otto stati hanno introdotto una “legge sulla neutralità” che vieta simboli religiosi nelle scuole pubbliche, anche se in molti casi il divieto non si estende ai simboli cristiani». Negli anni scorsi fra i promotori di queste leggi c’erano soprattutto membri della CDU, il principale partito di centrodestra. A giugno la Corte Costituzionale federale ha invece giudicato incostituzionale una legge dello stato di Berlino che vietava alle insegnanti nelle scuole pubbliche di indossare lo hijab, che le donne musulmane usano per coprire testa, collo e capelli.
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Anche in Spagna una competenza simile ce l’hanno le regioni (che si chiamano comunità autonome): e nel caso non esistano norme a livello regionale, sono le singole scuole che decidono se vietare o meno i simboli religiosi.
In Svezia invece la Corte Suprema alla fine del 2022 ha abolito il divieto di indossare lo hijab imposto da due cittadine per le bambine di età inferiore ai 12 anni, citando le leggi svedesi sulla libertà di culto.
In Norvegia nel 2018 il parlamento ha approvato una legge che vieta alle studentesse delle scuole pubbliche di indossare il niqab, il velo che serve a coprire completamente il volto di chi lo indossa, lasciando solo una fessura per gli occhi. All’epoca il dibattito fu piuttosto intenso, e alla fine il divieto fu molto più morbido rispetto alla versione inizialmente proposta.
In Italia non esiste alcun divieto di indossare vestiti o simboli religiosi a scuola. Dal 1977 la cosiddetta legge Reale vieta «l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo». Negli anni i partiti di estrema destra hanno chiesto che questa legge venisse interpretata in maniera restrittiva per vietare i veli più coprenti, come per esempio il niqab. Finora però non è mai stato approvato alcun divieto del genere.