Cosa sappiamo su Natalia Burlinova, accusata di essere un’agente russa
La sua associazione ha avuto contatti con studiosi e istituti italiani, e secondo gli Stati Uniti era uno strumento dei servizi segreti russi
Questa settimana sui media italiani si sta parlando molto di Natalia Burlinova, una donna russa di 40 anni accusata dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di lavorare come spia per conto dei servizi di intelligence russi, con l’obiettivo di diffondere in Occidente la propaganda del presidente Vladimir Putin. Le attività di Burlinova, legittime o meno, hanno raggiunto anche l’Italia: negli anni alcuni analisti italiani esperti di politica e società russa hanno partecipato a conferenze ed eventi organizzati da Burlinova, ma naturalmente è plausibile che non fossero a conoscenza dei sospetti a suo carico o delle indagini in corso.
Il nome di Burlinova è emerso una prima volta lo scorso aprile, quando il dipartimento di Giustizia statunitense ha diffuso un comunicato in cui accusa Burlinova di lavorare come agente russa nel paese senza aver avvertito le autorità nazionali né aver ricevuto alcuna autorizzazione. Secondo il dipartimento, le attività di Burlinova sarebbero volte a «promuovere gli interessi nazionali russi negli Stati Uniti» e finanziate dalla principale agenzia di intelligence interna del paese, l’FSB. In particolare, Burlinova avrebbe puntato alle università e ai centri di ricerca per invitare alcuni studiosi a viaggiare in Russia per partecipare a un programma chiamato “Meeting Russia”, organizzato dall’associazione PICREADI (Public Initiative “Creative Diplomacy”), di cui Burlinova è fondatrice e presidente.
Sul suo sito l’associazione si presenta come «organizzazione non governativa con sede a Mosca», fondata nel 2010 e attiva nel settore della public diplomacy, cioè l’insieme di attività promosse da uno stato per informare o influenzare l’opinione pubblica all’estero. Secondo PICREADI, le attività dell’associazione sarebbero svolte in maniera «completamente indipendente» da governi o altri enti esterni.
“Meeting Russia” è una sorta di convegno che ogni anno riunisce ricercatori, accademici, analisti e rappresentanti del settore pubblico e privato per discutere dei «punti principali delle relazioni tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea». Il primo evento fu organizzato nel 2017, e negli anni oltre 80 persone hanno partecipato all’iniziativa.
Tra questi ci sono anche alcuni italiani. Nel 2017, per esempio, tra gli ospiti della conferenza c’era Maria Michela D’Alessandro, allora studentessa all’Università di San Pietroburgo e oggi giornalista. Nel 2019 invece ha partecipato Karolina Muti, ricercatrice per l’Istituto Affari Internazionali (IAI). Sempre nel 2019 PICREADI ha organizzato un evento a Milano in collaborazione con l’ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, chiamato “La politica estera della Russia: affrontare le turbolenze internazionali”, a cui hanno partecipato vari esperti e giornalisti sia italiani che russi, tra cui la stessa Burlinova. Infine, nel 2021 l’associazione ha organizzato un evento online a cui ha partecipato la ricercatrice dell’ISPI Eleonora Tafuro Ambrosetti.
È plausibile che queste persone fossero in buonafede e non sapessero nulla delle presunte attività illecite gestite da Burlinova, e che in ogni caso non siano state influenzate da sue eventuali richieste. Lunedì sera il TgLa7 ha mandato in onda un’intervista a una di queste, Maria Michela D’Alessandro, che ha definito assurda l’ipotesi che lei possa essere stata reclutata da Burlinova: «Quando ero una studentessa ho partecipato a una singola conferenza del think tank PICREADI diretto da Natalia Burlinova, persona che non ho più rivisto e con la quale non ho mai avuto contatti».
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Secondo le autorità americane, Burlinova collaborava con un ufficiale dell’FSB a cui forniva informazioni sensibili sui cittadini americani che partecipavano agli eventi organizzati dalla sua associazione, evidenziando quelli che esprimevano pareri favorevoli sulla Russia e quindi potevano essere più inclini a collaborare. Lo scorso giugno il dipartimento del Tesoro statunitense ha rivelato che l’ufficiale dell’FSB in questione sarebbe Yegor Sergeyevich Popov, che avrebbe collaborato con Burlinova dal 2015 fino almeno al 2022. Popov è stato sanzionato e tutti i suoi beni negli Stati Uniti sono stati requisiti. Anche Burlinova è stata messa sotto sanzioni, e l’FBI ha emesso contro di lei un mandato di arresto.
Delle accuse contro Burlinova si è tornato a parlare in questi giorni a causa di alcuni articoli, pubblicati dai principali media statunitensi e poi ripresi da quelli italiani, che hanno rivelato l’esistenza di un altro dossier dell’intelligence americana in cui vengono approfonditi gli sforzi della Russia per diffondere la propaganda di Putin nei paesi occidentali. Secondo quanto riportato, il dossier confermerebbe che le attività di Creative Diplomacy erano finanziate in parte dall’FSB e servivano per creare una rete di «futuri leader occidentali» potenzialmente filorussi.
Mercoledì Burlinova ha dato un’intervista a Repubblica, in cui risponde alle accuse del governo statunitense dicendosi innocente e sostenendo di non aver «mai ricevuto incarichi dall’FSB». Per quanto riguarda i ricercatori italiani che hanno partecipato alle iniziative di Creative Diplomacy, Burlinova ha detto di non ricordare la studentessa D’Alessandro, mentre la ricercatrice dell’IAI, Muti, era stata selezionata semplicemente perché «rispondeva ai criteri del programma». Anche Tafuro Ambrosetti, la ricercatrice dell’ISPI, secondo Burlinova «non ha colpe». Burlinova ha poi detto di aver incontrato un solo politico italiano, l’europarlamentare della Lega Marco Zanni, nel 2018, durante un incontro «normale» organizzato da alcuni attivisti russi a Bruxelles.