Le proteste a Tripoli per l’incontro tra ministri degli Esteri di Libia e Israele
L'incontro si è tenuto la scorsa settimana a Roma, favorito da Antonio Tajani: i due paesi non hanno rapporti diplomatici dal 1965
Nella notte tra domenica e lunedì a Tripoli, la capitale della Libia, ci sono state proteste per un incontro avvenuto la scorsa settimana a Roma tra la ministra degli Esteri del governo libico, Najla al Mangoush, e la sua controparte israeliana, Eli Cohen, mediato e favorito dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani (Daniele Raineri ha scritto su Repubblica che la riunione si sarebbe tenuta mercoledì). La notizia dell’incontro, che pare non fosse stato autorizzato dal governo libico guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, è stata data da Israele e ha provocato enormi proteste in Libia. I due paesi infatti non hanno relazioni diplomatiche dal 1965, la Libia non riconosce ufficialmente Israele ed è sostenitrice della causa palestinese.
Dbeibah ha annunciato la sospensione di Mangoush dal suo incarico e ha detto che la ministra sarebbe stata soggetta a una «indagine amministrativa» di una commissione legata al ministero della Giustizia.
Durante l’incontro, ha detto Israele, i due ministri degli Esteri hanno parlato di aiuti umanitari, agricoltura, gestione delle risorse idriche e salvaguardia di monumenti ebraici in Libia. Cohen ha definito l’incontro «un primo passo» in un possibile processo di normalizzazione dei rapporti bilaterali, versione smentita decisamente dal governo libico, che ha parlato di incontro «casuale» a Roma all’interno di colloqui della ministra con funzionari italiani. In una dichiarazione ufficiale il ministero libico ha ribadito «il suo completo e assoluto rifiuto di una normalizzazione dei rapporti».
Dal 2020 Israele ha cominciato una politica di avvicinamento verso alcuni stati arabi con cui i rapporti in precedenza erano stati di aperta ostilità, nel tentativo di vedere riconosciuta la propria sovranità e di stabilire rapporti diplomatici.
Il processo è stato aperto dai cosiddetti “Accordi di Abramo”, con cui nel 2020 Israele aveva normalizzato le proprie relazioni diplomatiche con Emirati Arabi Uniti e Bahrein: da allora sono stati ristabiliti rapporti anche con Sudan e Marocco. Nelle intenzioni del governo israeliano di Benjamin Netanyahu l’avvicinamento alla Libia andrebbe in questa direzione.
Un’operazione simile però rischia di essere politicamente complessa per la Libia, la cui opinione pubblica resta fortemente ostile al governo israeliano. La solidità del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah è inoltre relativa: il suo è ufficialmente un governo a interim, e nell’est del paese ne è presente un altro, non riconosciuto dalla comunità internazionale. Il maresciallo libico Khalifa Haftar ormai da anni, e grazie al controllo di milizie armate, governa di fatto un’ampia regione nell’est della Libia, la cosiddetta Cirenaica, con un governo che ha sede nella città di Tobruk.
Domenica il Consiglio presidenziale libico, che svolge il ruolo di un capo di stato (nell’impossibilità di svolgere elezioni presidenziali), ha chiesto al primo ministro di riferire sul «sorprendente incontro» e di indicarne tutti i responsabili.
Le proteste si sono svolte prevalentemente a Tripoli, ma hanno interessato anche altri centri libici, pur restando di dimensioni ridotte: alcune strade sono state bloccate e i manifestanti hanno urlato slogan contro Israele, in alcuni casi bruciandone delle bandiere. Nella notte alcuni gruppi isolati di manifestanti avrebbero anche provato ad assaltare edifici pubblici e governativi.
#BREAKING: Protesters storm Libya’s Ministry of Foreign Affairs in Tripoli after Israel's Foreign Minister meeting with Libya's foreign minister https://t.co/aHt3iJBryj pic.twitter.com/QavVWaZVAg
— Amichai Stein (@AmichaiStein1) August 28, 2023