Il ministro Lollobrigida dice che in Italia spesso «i poveri mangiano meglio dei ricchi»
Ha cercato di spiegare così la differenza di abitudini alimentari tra l'Italia e gli Stati Uniti, attirandosi prevedibili critiche
Durante un incontro del Meeting di Rimini, il festival organizzato da Comunione e Liberazione, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha parlato delle differenze tra le abitudini alimentari italiane e statunitensi: per il ministro i modelli di educazione alimentare dei due paesi sono molto diversi, e ha definito quello italiano “interclassista” perché soprattutto le persone meno abbienti si rivolgono direttamente ai produttori, per questo mangerebbero meglio rispetto alle classi più agiate. «Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo spesso comprano qualità», ha detto Lollobrigida.
In merito agli Stati Uniti, invece, ha detto che «da loro c’è una divaricazione sociale tra chi mangia bene e le classi meno agiate che vengono rimpinzate con elementi condizionanti che vanno nell’interesse del venditore più che del consumatore finale».
Le parole di Lollobrigida sono state criticate da molti esponenti dei partiti di opposizione. «Non c’è neanche bisogno delle parodie quando c’è un governo che vive su un altro pianeta», ha detto la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.
Lollobrigida ha cercato di spiegare il suo punto di vista con la teoria dei cosiddetti food deserts, cioè “deserti alimentari”, secondo cui nei quartieri meno agiati c’è minore disponibilità di alimenti salutari, perché mancano i supermercati che li vendono e ci sono soprattutto minimarket che offrono cibi pronti e tendenzialmente scadenti, surgelati, prefritti. In realtà negli ultimi anni alcuni studi hanno confutato questa teoria dicendo che la ragione principale per cui le persone con reddito più basso mangiano peggio è più che altro culturale.
Il ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti usa l’espressione “deserto alimentare” per indicare i posti in cui un terzo della popolazione vive ad almeno un chilometro e mezzo di distanza dal supermercato più vicino, per quanto riguarda le aree urbane; ad almeno 16 chilometri di distanza per le aree rurali. Di solito le persone che vivono nei “deserti alimentari” sono quelle il cui reddito medio è più basso.
Gli studi hanno confermato anche che negli Stati Uniti le famiglie con un reddito più alto acquistano e consumano cibo più salutare, in media, in particolare più frutta, verdura e alimenti ricchi di fibre e proteine; acquistano in misura minore alimenti ricchi di grassi saturi e zucchero, che fanno meno bene. Gli unici prodotti poco salutari che le famiglie più ricche acquistano nella stessa misura di quelle più povere sono gli alimenti ricchi di sodio e colesterolo. Un altro aspetto rilevato è che tra il 2004 e il 2015 la differenza tra la qualità degli alimenti acquistati dalle famiglie più ricche e quella dei prodotti comprati dalle famiglie più povere è aumentata.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo un rapporto dell’ISTAT con dati aggiornati al 2020 la quota di famiglie che mostrano segnali di insicurezza alimentare è in calo, dall’1,7 per cento del 2021 all’1,3% del 2022, ma allo stesso tempo si è allargato il divario tra le regioni meridionali e il resto del paese: 2,7% al Sud, 0,6% nel Centro, 0,7% nel Nord. Inoltre, secondo i dati forniti nel 2021 dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), solo il 18,8 per cento degli italiani ha un’alimentazione adeguata e la povertà ne rappresenta una delle cause.
Con “insicurezza alimentare” si intende l’incapacità di nutrirsi con regolarità e di mantenere una dieta sana ed equilibrata, e nei casi più gravi l’elevata probabilità di non poter assumere cibo sufficiente ai bisogni vitali.
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Nei Paesi sviluppati la malnutrizione si manifesta con la diffusione dell’eccesso di peso, connessa a sedentarietà e cattive abitudini alimentari, soprattutto tra le fasce più povere della popolazione. Le stime disponibili per l’Italia in merito all’eccesso di peso mostrano una preoccupante tendenza al peggioramento negli ultimi anni. Nel 2021 i bambini da 3 a 5 anni sovrappeso o obesi erano il 33,3%: un valore invariato rispetto all’anno precedente, ma in aumento di 2,5 punti percentuali rispetto al 2017.
Secondo l’ISTAT nel 2021 due milioni di famiglie erano in condizione di povertà, anche per le conseguenze socioeconomiche della pandemia. La crescita più consistente è stata al Sud, dove le famiglie povere sono passate dall’8,6 per cento del 2019 al 10 per cento del 2021. L’incremento maggiore nel 2020 è stato nelle aree metropolitane, dove i poveri sono aumentati dal 4,8 al 7 per cento della popolazione.