Heineken ha venduto tutte le sue attività in Russia per 1 euro
Oltre un anno dopo aver annunciato l'intenzione di ritirarsi, i beni sono stati ceduti per un prezzo simbolico, tra qualche difficoltà
Venerdì Heineken ha ceduto tutte le proprie attività in Russia al prezzo simbolico di un euro, rendendo così effettiva l’uscita dal mercato del paese annunciata poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina, a febbraio del 2022. I sette birrifici russi di Heineken, insieme a una serie di altri beni, sono stati venduti al gruppo russo Arnest, specializzato nella produzione di scatole, imballaggi e altri beni di consumo. Con la vendita Heineken perderà 300 milioni di euro, ma l’azienda ha detto che l’impatto dell’operazione sul bilancio complessivo del 2023 sarà «trascurabile»: il fatturato netto del 2022 è stato infatti di 28,7 miliardi di euro. Intanto, Arnest si è impegnata a non licenziare i 1.800 dipendenti di Heineken nel paese per almeno tre anni.
In seguito all’invasione russa dell’Ucraina centinaia di aziende occidentali si sono ritirate dal mercato russo, sia per ragioni etiche o di immagine che a causa delle sanzioni economiche imposte proprio dai paesi occidentali con lo scopo di indebolire l’economia russa. Per molte aziende però fermare le operazioni in Russia non è stato facile: le nuove regole imposte dal presidente Vladimir Putin richiedono infatti che per vendere le proprie attività le compagnie estere debbano ricevere l’approvazione del ministero delle Finanze russo, un processo che può richiedere diversi mesi.
Heineken aveva annunciato l’intenzione di ritirarsi dalla Russia a marzo del 2022, cioè subito dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, ma l’azienda ha detto che vari problemi burocratici hanno rallentato le operazioni. Se infatti le birre a marchio Heineken erano state ritirate rapidamente dal mercato russo dopo l’inizio della guerra, la produzione e la vendita di birra Amstel – un marchio che fa parte del gruppo Heineken – è sempre continuata, attirando diverse critiche. Venerdì l’amministratore delegato Dolf van den Brink ha detto che il ritiro dalla Russia «ha richiesto più tempo del previsto», ma l’accordo raggiunto «assicura uno stipendio ai nostri dipendenti e ci permette di uscire dal paese in maniera responsabile».
Intanto, la situazione per le aziende occidentali che continuano a operare in Russia sta diventando sempre più complicata. Ad aprile, per esempio, Putin aveva approvato un decreto con cui autorizzava il governo a sequestrare i beni di aziende di paesi considerati “ostili”, in risposta alle sanzioni occidentali. In questo modo il governo ha sequestrato i beni delle filiali locali di varie aziende, tra cui il produttore di yogurt Danone e la società di birra Carlsberg, che come Heineken erano in trattativa per vendere le loro attività in Russia da mesi.
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