La contestata trasformazione del faro di Capo Figari in un hotel di lusso
È in un'area naturale in Sardegna, fu utilizzato da Guglielmo Marconi in un esperimento e anche per questo gli abitanti vogliono tutelarlo
Alla fine di giugno, negli uffici dell’assessorato agli Enti locali della regione Sardegna, è stato firmato il contratto di concessione per la riqualificazione e la gestione dell’ex faro di Capo Figari. L’ex faro si trova su un promontorio a 344 metri di altezza in un’area naturale protetta nel comune di Golfo Aranci, in provincia di Sassari, nella zona nordorientale della Sardegna. Il progetto prevede la realizzazione di un piccolo hotel di lusso con 8 suite, una zona benessere e una piscina presentata come “piscina emozionale”.
Da quando è stata annunciata la riqualificazione, che di fatto rende privato un bene pubblico per i prossimi 35 anni, molti abitanti di Golfo Aranci riuniti in un comitato hanno organizzato diverse manifestazioni e una raccolta firme per opporsi al progetto. Finora sono state raccolte già oltre 52mila firme.
Il faro di Capo Figari non è un semplice faro. Innanzitutto, anche se spesso viene chiamato così, in realtà non è un faro ma una stazione semaforica. Le stazioni semaforiche servivano a guidare le navi di giorno grazie a segnali esposti su un albero a quattro bracci con la possibilità di trasmettere 301 diverse comunicazioni. Le prime furono costruite lungo le coste della Sardegna alla fine del 1700: quella di Capo Figari fu inaugurata nel 1890 e ha una sua importanza storica anche perché lì ci lavorò il premio Nobel Guglielmo Marconi all’inizio degli anni Trenta.
L’11 agosto del 1932 Marconi fece un esperimento per collegare con un ponte radio a onde corte l’osservatorio geofisico di Rocca di Papa, in provincia di Roma, con la stazione semaforica di Capo Figari, distante 270 chilometri: fu un passaggio importante per lo sviluppo delle radiocomunicazioni, che contribuì indirettamente all’invenzione del radar, della televisione e della telefonia cellulare.
La diffusione delle comunicazioni via radio, più veloci e affidabili, rese obsoleto il sistema dei segnali delle stazioni semaforiche, che vennero via via abbandonate. Il faro di Capo Figari venne trattato come moltissime altre proprietà militari italiane, chiuse senza la possibilità di riqualificarle o utilizzarle perché di proprietà del ministero della Difesa o del Demanio.
Si tornò a discutere della stazione di Capo Figari soltanto nel 2011 quando la regione Sardegna decise di includerla in un articolato programma di valorizzazione del patrimonio demaniale costiero. Nel 2017 venne compresa nel progetto chiamato “orizzonte fari”, sempre promosso dalla regione, che puntava a concedere nove fari e stazioni semaforiche sarde a operatori privati per realizzare strutture ricettive, alberghi e b&b.
Nel frattempo, però, diverse direttive europee e nazionali avevano inserito l’intero promontorio di Capo Figari in una vasta area naturale protetta: è citato nella direttiva chiamata Habitat, nei siti della Rete Natura 2000 per la conservazione della biodiversità ed è classificato come ZPS, cioè zona a protezione speciale. La stazione semaforica, inoltre, è stata dichiarata di interesse culturale, storico e artistico dal ministero dell’Ambiente e sottoposta a vincoli paesaggistici: significa che non è possibile abbatterla e ricostruirla, ma sono permessi soltanto interventi minimi.
Alla fine di giugno, commentando la firma della concessione tra la regione e la società New Fari srl che si è aggiudicata il faro per i prossimi 35 anni a un canone annuo di 35 mila euro, l’assessore agli Enti locali Aldo Salaris ha detto che il recupero della struttura potrà garantire la crescita economica per tutta l’area.
Negli ultimi tre mesi il comitato Maremosso, di cui fanno parte molti abitanti di Golfo Aranci, ha promosso una raccolta firme per chiedere di opporsi al progetto che porterà all’apertura di un albergo di lusso. «Ci chiediamo come questo possa essere compatibile con il contesto di grande pregio naturalistico di Capo Figari, un’oasi faunistica con diverse colonie di specie endemiche e vulnerabili al suo interno dove non è possibile costruire nuove strade o ampliarne di esistenti, non sono consentiti scavi o movimentazioni di terra», dice il comitato. «Ci chiediamo come sia possibile che un bene di grandissima rilevanza storico-culturale, legato alla figura di un premio Nobel e testimonianza di un processo storico alla base della comunicazione odierna possa essere trasformato in una struttura turistico-ricettiva privata esclusiva». La mobilitazione è piuttosto trasversale: oltre agli abitanti di Golfo Aranci hanno aderito anche politici locali e nazionali di diverso orientamento politico.
Nonostante la New Fari avesse presentato il progetto di riqualificazione a una parte del consiglio comunale di Golfo Aranci già nel 2020, finora né la regione né l’amministrazione comunale hanno presentato alla cittadinanza i dettagli del recupero. Non è ancora chiaro quale sarà l’impatto del cantiere sulla stazione semaforica, dove verranno realizzate la spa e la piscina, come sarà adeguata la strada per raggiungere il faro e da dove passeranno i servizi come le tubazioni dell’acqua e delle fogne.
L’associazione ambientalista Italia Nostra ha chiesto alla regione Sardegna di annullare la concessione. La richiesta fa leva soprattutto sulla privatizzazione della stazione semaforica, a cui potranno accedere soltanto i clienti dell’albergo in contrasto con il vincolo storico secondo cui un bene pubblico dovrebbe essere a disposizione della collettività e non solo di chi potrà permettersi di soggiornare nell’albergo.
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Nelle manifestazioni e negli incontri organizzati negli ultimi mesi dal comitato Maremosso si è più volte discusso del futuro turistico dell’intera zona di Golfo Aranci, molto vicina alla Costa Smeralda, che negli ultimi anni è diventata una meta turistica piuttosto elitaria. «Cosa sarà il lusso nel futuro? Stare in una piscina “emozionale” o avere la possibilità di accedere liberamente al nostro patrimonio storico e ambientale?», sostiene il comitato. «Utilizzare un bene pubblico per creare un hotel di lusso non è un modello turistico sostenibile».
In una lunga nota inviata ai giornali l’amministratore delegato della società New Fari, Alessio Raggio, ha detto che la sua azienda è composta totalmente da imprenditori sardi che rispettano profondamente l’isola. Tra le altre cose ha detto che prima di iniziare i lavori a Capo Figari saranno ascoltati gli amministratori e la comunità locale per cercare «di tutelare tutte le sensibilità coinvolte».
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