I comuni hanno finito i posti per i migranti minorenni non accompagnati
A causa dell'aumento degli arrivi molti territori stanno attivando misure di emergenza, a scapito dei percorsi di formazione
Nelle ultime settimane molti comuni italiani hanno fatto sapere di essere in grande difficoltà con la gestione dei minori stranieri non accompagnati (Msna), cioè i cittadini di paesi extraeuropei che hanno meno di 18 anni e sono arrivati in Italia da soli, senza alcuna assistenza o rappresentanza legale. L’aumento degli arrivi sta mettendo alla prova le capacità dei territori e aumentando le responsabilità dell’accoglienza sugli amministratori locali: i sindaci sostengono di non riuscire più a garantire la disponibilità di alloggi né l’avvio di percorsi di integrazione adeguati, perché sia le strutture ordinarie che i centri aperti in via emergenziale sono ormai pieni.
Lunedì per esempio Giorgio Gori, sindaco di Bergamo del Partito Democratico, ha detto in un’intervista a Repubblica che le strutture comunali per l’accoglienza di migranti minorenni «sono sature», e anche i servizi sociali non hanno più posti liberi. Secondo Gori, negli ultimi cinque anni il comune ha speso oltre 5,5 milioni di euro per interventi legati all’accoglienza di minori che non rientrerebbero nel proprio ambito di competenza: per questo l’amministrazione locale ha presentato una diffida e un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar).
In alcuni posti la situazione è già difficile, al di là dei minori non accompagnati. Il 20 agosto l’assessore al Welfare e alla Salute per il comune di Bologna, Luca Rizzo Nervo, ha detto che la prefettura e il ministero dell’Interno hanno chiesto al comune di farsi carico, con fondi propri, dell’accoglienza di 150 migranti, perché le risorse e i posti disponibili nelle strutture apposite erano terminati: il comune dovrebbe quindi collocare i migranti «in albergo, a costi di mercato». Notizie simili e riguardanti questa volta minori non accompagnati sono arrivate da molte città, da Modena a Parma e Genova.
In Italia, i migranti minorenni non accompagnati non possono essere espulsi, e devono essere accolti in strutture separate rispetto a quelle per gli adulti. Secondo un decreto legislativo del 2015, che recepì alcune normative europee, i minori possono rimanere per un massimo di 30 giorni in strutture governative di prima accoglienza, gestite dal ministero dell’Interno in convenzione con gli enti locali. Qui i ragazzi e le ragazze vengono identificati e ricevono informazioni sui loro diritti, compreso quello di richiedere la protezione internazionale. In seguito vengono trasferiti in apposite strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), gestite dagli enti locali: secondo i dati più aggiornati, a marzo 2023 i posti disponibili nel SAI erano 43.786, di cui 6.299 per minori (il 14,4 per cento).
Nel caso in cui questi posti non siano sufficienti – situazione ormai diventata la normalità – la responsabilità dell’accoglienza passa direttamente ai comuni, che per far fronte alle spese aggiuntive possono accedere ai contribuiti del Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Infine, nel caso in cui nemmeno le strutture gestite dai comuni risultino sufficienti, le prefetture possono attivare strutture temporanee, con una capienza massima di 50 posti l’una.
Di fatto, i circa 6mila posti messi a disposizione per i minori tramite il SAI sono di gran lunga insufficienti. Dal 1 gennaio al 21 agosto 2023 sono arrivati in Italia 105.449 migranti, di cui 12.188 minorenni non accompagnati, un numero già superiore rispetto ai 10.053 arrivati nel corso dell’intero 2021. Secondo l’ultimo monitoraggio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, al 30 giugno erano presenti in Italia 20.926 minori stranieri non accompagnati: oltre il triplo dei posti disponibili nel SAI. La maggior parte era composta da maschi tra i 16 e i 17 anni, provenienti dall’Egitto, dall’Ucraina e dalla Tunisia. Le regioni con le maggiori presenze erano la Sicilia, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Campania.
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Vista l’inadeguatezza del SAI, l’accoglienza passa spesso nelle mani dei comuni e delle prefetture. Queste ultime, in particolare, pubblicano regolarmente dei bandi pubblici per trovare strutture e associazioni locali interessate a farsi carico dell’accoglienza dei minori. Di recente però diversi bandi sono andati deserti, soprattutto perché i rimborsi messi a disposizione dal ministero dell’Interno – pari a un massimo di 60 euro per persona al giorno – sono ritenuti insufficienti. I centri devono infatti offrire diversi servizi, tra cui corsi di italiano e assistenza sanitaria, e seguire standard rigorosi per quanto riguarda l’alimentazione e l’igiene. Aprire nuovi centri di accoglienza per minorenni infatti non è semplice né veloce, perché richiede la disponibilità di strutture adeguate e la presenza di educatori e altri professionisti capaci di lavorare con giovani che provengono da situazioni molto spesso critiche.
Secondo Michele Guerra, sindaco di Parma sostenuto dal centrosinistra, i bandi delle prefetture non vanno a buon fine per due motivi principali: da un lato «gli operatori non vogliono rimetterci per ospitare i migranti», e dall’altro devono assicurare standard dignitosi, offrendo tutti i servizi previsti e necessari.
Gori ha detto che l’accoglienza di un minore costa tra i 100 e i 120 euro al giorno, e almeno nel caso di Bergamo i fondi spesi non sono stati rimborsati: in questo modo le attività di accoglienza, che dovrebbero essere un’eccezione, finiscono per pesare in modo notevole sui bilanci dei territori, nonostante la legge preveda che non ci debbano essere spese od oneri a loro carico. Da Parma, il sindaco Guerra è d’accordo: «Quello che tutti i comuni chiedono al governo, almeno nell’immediato, sono più risorse economiche», ha detto. «I soldi non risolveranno il problema, per quello servono politiche nazionali ed europee, ma nell’immediato servono risorse».
Nelle ultime settimane i comuni stanno rispondendo come possono all’arrivo di migranti minorenni, creando alloggi in centri di fortuna e sistemazioni temporanee. Alcune amministrazioni, come quella di Bergamo, non hanno ancora attivato misure considerate emergenziali come la sistemazione in albergo, mentre in altre la situazione è più precaria: a Padova, per esempio, dal 18 agosto circa 40 migranti sono ospitati nella palestra di una scuola media attrezzata con alcune brandine, ma lo spazio dovrà essere liberato entro l’inizio dell’anno scolastico, il 13 settembre. Anche Parma ha considerato l’idea di far alloggiare alcuni migranti in una palestra, ma ha poi deciso diversamente a causa dell’imminente inizio delle lezioni.
Il problema non è solo economico o di spazi. Oltre a dover trovare una sistemazione ai migranti che arrivano sul territorio, gli enti incaricati della loro accoglienza dovrebbero anche assicurare l’attivazione di percorsi di formazione e integrazione, per fare in modo che una volta lasciata la comunità, al compimento dei 18 anni, i ragazzi e le ragazze possano trovare un lavoro. Sistemare queste persone in albergo garantisce un riparo, ma non offre i servizi utili allo sviluppo di persone in età adolescenziale: «Oltre all’accoglienza bisogna provvedere a istruzione, alfabetizzazione, assistenza sanitaria, sociale e psicologica, e contribuire a formare persone che trovino un corretto posto nella comunità che li ha accolti», ha detto il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli, del PD. Nella città al 17 agosto erano presenti 229 minori non accompagnati, di cui 28 arrivati a luglio e 24 nella prima metà di agosto. I posti nelle comunità sono ormai terminati, e circa 10 persone alloggiano negli alberghi che si sono resi disponibili a ospitarli, dove però non ci sono educatori.
La mancanza di organizzazione è un altro motivo di difficoltà. Guerra ha raccontato che a Parma in molti casi i minori vengono accompagnati dalle autorità direttamente alle sedi degli uffici comunali, e lasciati lì perché vengano accolti: «Se consideriamo che i numeri degli arrivi sono in continua crescita, e che quindi questa situazione si verifica sempre più di frequente, è chiaro che siamo davanti a una situazione problematica», ha detto. Per gestire le urgenze, la città ha dovuto collocare alcuni minorenni in strutture che ospitano migranti adulti.
Infine, oltre ai centri e alle comunità gestite dal SAI o dagli enti locali c’è un’altra possibilità di accoglienza per i migranti minorenni: l’affido familiare, che secondo una legge del 2017 nota come “legge Zampa” (per la sua prima firmataria, la senatrice del PD Sandra Zampa) dovrebbe essere sempre preferita. La legge ha anche introdotto la figura del “tutore volontario”, con cui i privati cittadini possono esercitare la rappresentanza legale per un massimo di tre minori stranieri non accompagnati, senza necessariamente doverne garantire l’accoglienza. Per ora però i risultati ottenuti con questi strumenti alternativi sono poco soddisfacenti, e di certo non sufficienti a risolvere i malfunzionamenti e il sovraffollamento del sistema di accoglienza: a fine 2021 (ultimi dati disponibili) il 51 per cento dei minori non accompagnati si trovava in comunità di accoglienza, il 35 per cento nelle strutture del SAI, il 14 per cento in altre strutture e solo l’1 per cento presso una famiglia affidataria. I tutori erano 3.457, a fronte di oltre 12 mila minori non accompagnati.
Parlando con l’agenzia di stampa Adnkronos un portavoce del ministero dell’Interno ha definito «surreali» le polemiche sollevate negli ultimi giorni dai sindaci: ha detto che molti di loro, soprattutto quelli appartenenti al centrosinistra, hanno rifiutato lo «stato di emergenza decretato dal governo proprio per aiutare i territori a reggere meglio l’urto dell’accoglienza». Per questo secondo il ministero in alcune regioni sarebbe stato impossibile attivare «procedure accelerate e derogatorie per creare adeguate strutture di accoglienza».
L’11 aprile il governo Meloni aveva attivato uno stato di emergenza di sei mesi su tutto il territorio nazionale per gestire i flussi di migranti in arrivo dal mar Mediterraneo: prevedeva uno stanziamento iniziale di cinque milioni di euro e la nomina di un commissario, Valerio Valenti, per la gestione dei fondi e delle misure più urgenti. Cinque regioni – Puglia, Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Valle d’Aosta – non avevano aderito. Al di là dei minori, negli ultimi mesi molti amministratori regionali e locali hanno mostrato difficoltà nella gestione generale dei migranti, anche in regioni o zone da tempo governate dal centrodestra come Lombardia e Veneto.
Contattato dal Post, il ministero dell’Interno non ha fornito ulteriori commenti riguardo all’attuale situazione dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia.