Le sistematiche violenze della guardia di frontiera saudita contro i migranti
Soprattutto etiopi, che tentano di entrare in Arabia Saudita dallo Yemen: ne ha parlato un rapporto di Human Rights Watch
Lunedì l’ong Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto che documenta le violenze compiute dalle guardie di frontiera dell’Arabia Saudita contro i migranti africani, soprattutto etiopi, in arrivo dallo Yemen (la guardia di frontiera risponde al ministero dell’Interno). Questa è una delle rotte migratorie più pericolose del mondo, su cui già in passato erano state documentate violenze. Il rapporto aggiunge nuovi dettagli e dice che queste violenze si sono intensificate per frequenza e brutalità, passando da sparatorie occasionali a uccisioni diffuse e sistematiche.
Human Rights Watch parla di regolari attacchi compiuti dalla guardia di frontiera su gruppi di migranti in transito usando tra le altre cose razzi e mortai. Documenta episodi di migranti picchiati con pietre e spranghe e colpiti agli arti causando danni permanenti o amputazioni, o costretti a violentare le donne del gruppo davanti agli agenti sauditi. Il rapporto di Human Rights Watch è basato su decine di interviste con migranti che hanno raggiunto il confine tra Yemen e Arabia Saudita, e sull’analisi di centinaia di foto e video e delle immagini satellitari delle aree coinvolte. Copre un periodo di 15 mesi, da marzo del 2022 a giugno del 2023.
La rotta documentata parte dall’Etiopia e termina in Arabia Saudita, passando per lo Yemen, il paese della penisola arabica dove da otto anni è in corso una guerra che ha provocato una gravissima crisi umanitaria. A migrare sono soprattutto etiopi (oltre il 90 per cento, secondo le stime contenute nel rapporto), spinti da motivi diversi, tra cui la povertà, le conseguenze della siccità o le violenze e le persecuzioni legate a conflitti etnici.
Dall’Etiopia i migranti vanno regolarmente in Gibuti, dove poi gruppi di trafficanti li portano in Yemen passando per il golfo di Aden. Una volta raggiunto lo Yemen, i migranti vengono trasportati al confine saudita, che come altre zone nel nord ovest del paese è controllato dagli Houthi, milizie sciite sostenute dall’Iran che dal 2014 combattono una guerra contro il governo yemenita, a sua volta sostenuto da una coalizione di stati arabi guidati dall’Arabia Saudita. Le violenze nei confronti dei migranti in Yemen sono note da anni, anche se è impossibile quantificarle e descriverle con precisione: è molto difficile che giornalisti indipendenti, osservatori internazionali e operatori umanitari riescano ad avere accesso a quella zona, e nel 2021 fu interrotta l’attività di monitoraggio delle Nazioni Unite.
Il rapporto di Human Rights Watch si concentra sulle violenze attuate dalla guardia di frontiera saudita per tener fuori i migranti dai propri confini, ma in altre occasioni la stessa ong aveva documentato violenze compiute sia dal governo yemenita che dagli Houthi: rapporti passati avevano parlato di torture, stupri e roghi di corpi di migranti. La situazione non sembra essere cambiata nemmeno con la recente e molto cauta distensione dei rapporti tra Arabia Saudita e Houthi, facilitata anche dalla ripresa dei rapporti diplomatici tra l’Iran, che sostiene gli Houthi, e l’Arabia Saudita.
Nel rapporto si stima che il numero di migranti uccisi nei 15 mesi analizzati sia almeno nell’ordine delle centinaia, ma si aggiunge che il bilancio complessivo potrebbe raggiungere le migliaia. In totale 3.442 persone avrebbero attraversato il confine, e ci sarebbero stati centinaia di morti per ogni attraversamento.
Alcuni sopravvissuti hanno raccontato di aver raggiunto lo Yemen con viaggi compiuti su imbarcazioni di fortuna sovraffollate e con cibo e acqua insufficienti. Una volta arrivati sarebbero stati divisi dai trafficanti in gruppi, su base etnica, e sarebbero stati rinchiusi in campi di detenzione allestiti in modo provvisorio e senza assistenza medica e altri servizi di base. I migranti hanno raccontato di essere stati maltrattati e costretti a pagare per poter uscire dai campi. A chi non poteva farlo veniva ordinato di guidare il proprio gruppo nell’attraversamento del confine con l’Arabia Saudita, esponendosi così per primo agli spari della guardia di frontiera.
Faisal Othman, un migrante proveniente dall’Etiopia, ha raccontato al New York Times che lo scorso settembre lui e altre circa 200 persone che cercavano di attraversare il confine erano stati raggiunti da spari che avevano ucciso un intero gruppo di donne. Una ragazza di 14 anni citata nel rapporto di Human Rights Watch ha detto invece di aver visto uccidere circa 30 persone intorno a lei quando la guardia di frontiera saudita aveva sparato sul suo gruppo lo scorso febbraio, e di essere sopravvissuta perché era riuscita a nascondersi sotto una roccia.
Secondo le testimonianze contenute nel rapporto, in diversi casi le violenze sono proseguite anche dopo l’attraversamento del confine, quando i migranti sono stati fermati dalle guardie di frontiera saudite e portate nei centri di detenzione. Un ragazzo di 17 anni ha detto di essere stato costretto, insieme ad altri ragazzi che erano con lui, a stuprare due donne mentre gli agenti li guardavano, e ha aggiunto che un membro del suo gruppo che si era rifiutato di farlo era stato ucciso sul posto da un agente.