Cosa ci dice questa finale dei Mondiali di calcio femminili
Inghilterra e Spagna sono i due movimenti più cresciuti in Europa negli ultimi quattro anni e non a caso si giocano il titolo mondiale
di Pietro Cabrio
Nelle ultime sette edizioni dei Mondiali di calcio femminili non era mai successo che una finale venisse giocata da due nazionali mai state finaliste prima. E se si prendono in considerazione tutte le edizioni disputate dal 1991 fino a quattro anni fa, non c’è mai stata una finale senza Stati Uniti o Germania, le due nazionali che hanno vinto il 75 per cento dei tornei disputati fin qui. I Mondiali, quindi, sono stati vinti quasi sempre dai due maggiori movimenti femminili: uno ha ottenuto le maggiori vittorie nel calcio europeo, l’altro in Nord America e poi su scala globale.
Basterebbe questo a rendere speciale e inedita la finale che Inghilterra e Spagna giocheranno domenica allo Stadio Olimpico di Sydney quando in Italia sarà l’ora di pranzo: ma c’è molto altro.
Per un movimento, quello femminile, che può essere considerato ancora giovane e per questo soggetto a frequenti variazioni, l’edizione di un Mondiale può riflettere questi cambiamenti tramite avvenimenti e risultati. Da questo punto di vista, Inghilterra-Spagna è la finale tra i due movimenti europei che più hanno raggiunto alti livelli negli ultimi quattro anni, e che hanno avuto la forza di approfittare delle difficoltà incontrate di recente da Stati Uniti e Germania, ma anche da Francia e Olanda.
Che quello inglese e quello spagnolo siano due movimenti in grande crescita lo dicono per esempio le recenti istituzioni di nuove squadre femminili legate ai grandi club maschili, come il Real Madrid Femenino, fondato nel 2014, e il Manchester United Women, fondato nel 2018. Ma lo dicono anche i risultati ottenuti dalle squadre già esistenti, tra le più vecchie d’Europa. Il Barcellona, che gode ancora del vantaggio di essere stato fondato già nel 1988, è stata la squadra che ha interrotto la serie di cinque vittorie consecutive in Champions League del Lione, la prima grande squadra femminile europea, e da tre anni arriva in finale. Una di queste l’ha vinta nel 2021 contro il Chelsea, che ha riportato l’Inghilterra in una finale di Champions League dopo sedici anni.
Il fatto che tante grandi squadre inglesi e spagnole abbiano istituito le loro squadre femminili da pochi anni garantisce a questi movimenti ancora ampi margini di crescita e una maggior presenza internazionale, finora garantita dalle squadre con più tradizione. E in Inghilterra in particolare le squadre femminili possono contare sull’ottimo stato di salute dei rispettivi club di riferimento, come testimoniano gli investimenti fatti negli ultimi dieci anni: Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, United e Tottenham hanno speso complessivamente 123 milioni di sterline per le loro squadre femminili.
Il campionato inglese ha avuto finora tre squadre di riferimento: l’Arsenal, che esiste già dal 1987, il Manchester City, fondato l’anno dopo, e il Chelsea, fondato nel 1992. In attesa che vengano raggiunte dai club più giovani, queste tre squadre compongono di fatto la Nazionale inglese. L’attuale generazione di giocatrici è stata allenata prima dall’ex calciatore Phil Neville e poi dall’olandese Sarina Wiegman, che dopo gli ottimi risultati ottenuti con l’Olanda dal 2021 sta guidando l’Inghilterra nella sua epoca migliore: l’anno scorso ha vinto gli Europei, il primo grande torneo per il calcio inglese dal Mondiale maschile del 1966. Visti i risultati, la stampa estera sostiene che la Federazione inglese possa considerare Wiegman come eventuale sostituta di Gareth Southgate per la Nazionale maschile. Wiegman tuttavia sembra interessare anche gli Stati Uniti, attualmente alla ricerca di un nuovo allenatore.
La Spagna invece è arrivata alla sua prima finale di un Mondiale in modo tanto inaspettato quanto turbolento. L’attuale generazione di calciatrici è la più forte e preparata mai avuta dalla Spagna, ma finora aveva sempre fallito nei grandi tornei. Dopo gli Europei del 2022 conclusi ancora una volta in modo deludente, quindici giocatrici avevano chiesto la sostituzione dell’allenatore, Jorge Vilda, con una sorta di ammutinamento: denunciarono alla loro Federazione una situazione che le stava influenzando in modo significativo e per la quale non potevano più rispondere alle convocazioni.
La risposta della Federazione era stata però completamente a difesa di Vilda, che è rimasto in carica. Delle quindici giocatrici che avevano chiesto le sue dimissioni, dodici sono ancora escluse e hanno saltato i Mondiali: tra queste c’è anche Mapi León, considerata una delle migliori giocatrici difensive in attività. Nonostante i rapporti con Vilda siano tutt’altro che buoni, e nonostante la Spagna abbia dovuto fare a meno di ben dodici giocatrici — praticamente una squadra titolare — negli ultimi anni il movimento ha prodotto un numero adeguato di giocatrici di qualità per far fronte a tutte queste difficoltà e arrivare alla prima finale mondiale della sua storia.
I significati e l’importanza di Inghilterra-Spagna riguardano infine i due paesi coinvolti. Dopo Germania-Brasile del 2007, la finale torna a essere disputata da due grandi nazioni calcistiche che tra maschile e femminile formano due dei movimenti più seguiti e stimati a livello globale. In Inghilterra per la vittoria degli ultimi Europei c’erano stati festeggiamenti come non se ne vedevano da decenni, anche perché furono giocati e vinti in casa; in Spagna non c’è mai stato nulla di simile, ma il paese detiene i primi due record di presenze allo stadio per una partita femminile, entrambi stabiliti dal Barcellona negli ultimi anni con oltre 90mila spettatori.
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