In Pakistan comanda l’esercito
I militari hanno sempre avuto un ruolo sproporzionato nella politica e nell'economia pachistana, come dimostra la condanna dell'ex primo ministro Imran Khan
Per tutta la storia indipendente del Pakistan, cominciata nel 1947 con la divisione dall’India, l’esercito ha sempre avuto un’eccezionale importanza nella vita politica, economica e sociale del paese. Ha avuto un ruolo (nella maggior parte dei casi determinante) nella scelta di tutti i primi ministri del paese, e per quasi metà della storia del Pakistan (34 anni su 76) i generali hanno governato direttamente, tramite colpi di stato militari. L’esercito pachistano ha enormi interessi economici in tutto il paese, gestisce buona parte dei media e della propaganda e gode di leggi speciali che di fatto consentono di imporre pene molto gravi a chiunque critichi i militari.
L’eccezionale influenza dell’esercito nella vita politica, economica e sociale del Pakistan è diventata evidente durante il durissimo scontro politico tra l’ex primo ministro Imran Khan e i capi dell’esercito che è avvenuto negli ultimi mesi. Dopo essere stato destituito l’anno scorso, Khan, che era diventato primo ministro nel 2018 grazie all’appoggio dei militari, ha messo in atto un’ampia campagna pubblica contro l’esercito a causa della quale è stato più volte arrestato. La scorsa settimana Khan è stato condannato a tre anni di carcere e non potrà partecipare alle prossime elezioni.
L’influenza dell’esercito sul Pakistan, un paese da 240 milioni di persone, risale a prima dell’indipendenza e della divisione dall’India, ed è così pervasiva che spesso il Pakistan è stato definito un “regime ibrido”, in cui dietro ai governi civili ci sono quasi sempre i militari. Al Pakistan è stato anche applicato un celebre aforisma che nel Settecento veniva usato per descrivere il regno di Prussia: non è uno stato con un esercito, ma un esercito con uno stato.
In Pakistan l’esercito è tanto influente in parte a causa della storia del paese. Dopo la partizione dall’India e le numerose guerre combattute tra i due paesi (nel 1947, nel 1965, nel 1971, nel 1984, nel 1999) il Pakistan si è sempre sentito in una condizione di inferiorità e accerchiamento che rendeva fondamentale il mantenimento di un esercito forte e influente. Rispetto all’India era anche un paese più piccolo, meno popoloso e dall’economia meno florida. Nel corso della Guerra Fredda inoltre gli Stati Uniti videro nel Pakistan un importante alleato contro l’Unione Sovietica, e sostennero economicamente e militarmente i generali pachistani.
L’ossessione della guerra con l’India ha anche portato l’esercito pachistano ad adottare strategie e posizioni piuttosto ambigue: tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta l’esercito spinse per l’islamizzazione del paese e cominciò a sviluppare rapporti molto stretti con l’Afghanistan, che si mantennero anche quando nel 1996 salirono al potere i talebani. Ancora oggi l’esercito pachistano è ampiamente accusato di avere rapporti piuttosto stretti con vari gruppi jihadisti.
Ad ogni modo, nel corso dei decenni l’influenza economica e politica dell’esercito sul Pakistan non ha fatto che aumentare. Oggi si stima che l’esercito detenga un patrimonio di quasi 40 miliardi di dollari (il PIL del Pakistan è di circa 350 miliardi di dollari). L’esercito inoltre gestisce più o meno indirettamente numerosi media, e ha un potente sistema di propaganda che negli ultimi anni è diventato piuttosto efficiente anche sui social media.
Ma è nella politica che l’influenza dell’esercito pachistano è più evidente. Dal 1947 a oggi, nessun primo ministro ha mai completato un intero mandato da cinque anni. L’esercito ha compiuto tre colpi di stato militari: nel 1958, nel 1977 e nel 1999. Quello del 1977 fu particolarmente grave perché il primo ministro deposto, Zulfiqar Ali Bhutto, fu accusato di un reato che probabilmente non aveva commesso e fu impiccato. Sua figlia Benazir Bhutto, che divenne prima ministra in due occasioni negli anni Ottanta e Novanta, fu assassinata nel 2007 in circostanze poco chiare mentre al potere c’era un altro militare, il generale Pervez Musharraf.
Anche durante i governi civili, tuttavia, il potere è sempre stato nelle mani dell’esercito, e in particolare in quelle del capo di stato maggiore. I due principali partiti politici pachistani, il PPP (Partito Popolare Pachistano) e il PML-N (Lega Musulmana del Pakistan), sono formalmente indipendenti, ma i loro leader cercano il sostegno dell’esercito, perché sanno che senza i militari nessun governo pachistano può durare.
Imran Khan
La vicenda di Imran Khan, che prima di diventare politico e primo ministro era un grande campione di cricket molto amato in Pakistan e all’estero, è piuttosto emblematica dell’influenza dell’esercito.
Dopo una brillante carriera sportiva, Khan entrò in politica nel 1996 fondando un nuovo partito, il PTI (Movimento per la Giustizia), ma per circa un decennio rimase una figura marginale nella politica pachistana, con pochi o nessun seggio in parlamento. Le cose cambiarono a metà degli anni Dieci, quando il capo di stato maggiore dell’esercito Qamar Javed Bajwa decise di sfruttare la popolarità di Khan per promuovere il PTI come terza forza politica del paese e contenere l’influenza dei due partiti principali, il PPP e il PML-N.
Secondo numerose ricostruzioni i militari manipolarono i risultati delle elezioni del 2018 per attribuire a Khan la vittoria e farlo diventare primo ministro. Nel giro di pochi anni, però, il rapporto tra Khan e il capo di stato maggiore Bajwa cominciò a peggiorare: l’esercito era insoddisfatto dei terribili risultati economici del governo di Khan e dei numerosi tentativi del primo ministro di rendersi indipendente dal controllo dei militari. Così alla fine dell’anno scorso i militari tornarono a usare la loro influenza per convincere il PPP e il PML-N a votare in parlamento la sfiducia contro Khan e a deporlo.
Dopo aver perso la carica di primo ministro, però, Khan cominciò una campagna durissima contro l’esercito, sfruttando l’enorme seguito popolare di cui disponeva. Tra la seconda metà del 2022 e gli ultimi mesi ha organizzato enormi manifestazioni in tutto il Pakistan, in cui accusava l’esercito di contaminare la vita democratica del paese e in cui chiedeva nuove elezioni libere, convinto di poterle vincere. Bisogna ricordare che Khan stesso è tutt’altro che un leader riformista e un democratico sincero: nei suoi quattro anni di governo è stato più volte accusato di tendenze autoritarie e di aver tentato di reprimere l’opposizione.
Inizialmente l’esercito fu preso alla sprovvista dalla ribellione di Khan. Nel maggio del 2023 Khan fu arrestato con un’accusa di corruzione, ma fu rapidamente liberato da una sentenza della Corte Suprema, anche a seguito delle enormi proteste dei suoi sostenitori, che avevano attaccato vari edifici di pertinenza dell’esercito.
A quel punto la repressione dei militari è diventata durissima. Migliaia di sostenitori di Khan sono stati arrestati negli ultimi mesi, così come la quasi totalità dei dirigenti del suo partito. Khan è stato definitivamente condannato la scorsa settimana a tre anni di prigione per corruzione, e soprattutto è stato interdetto per cinque anni dall’attività politica attiva. Per molti analisti, a questo punto, la rivolta di Khan contro l’esercito è di fatto fallita.
Dopo la condanna definitiva di Khan e il suo allontanamento dalla politica il governo che l’ha sostituito, formato da una coalizione tra PPP, PML-N e altri partiti, ha infine acconsentito a indire nuove elezioni: il primo ministro Shehbaz Sharif (fratello minore dell’ex primo ministro Nawaz Sharif) ha sciolto il parlamento e il voto è previsto entro novembre.