Il narcotraffico a Marsiglia sta cambiando
Le bande criminali reclutano membri sempre più giovani, usando molto i social network: il nuovo sistema fa più morti di prima e complica parecchio il lavoro della polizia
Dall’inizio di agosto a Marsiglia, la seconda città più grande della Francia e una delle più povere del paese, sette uomini tra i 21 e i 39 anni sono stati uccisi in altrettante sparatorie. Secondo la polizia dall’inizio dell’anno ci sono state 68 sparatorie che hanno causato la morte di una trentina di persone: sono numeri praticamente in linea con quelli di tutto il 2022 (60 sparatorie, 31 morti). Questi episodi sono riconducibili a scontri interni tra diverse bande di narcotrafficanti, che negli ultimi anni hanno subito cambi nella loro composizione e nella loro modalità di agire.
La polizia ha attribuito l’80 per cento delle violenze degli ultimi mesi alla rivalità tra due gruppi in particolare, chiamati DZ Mafia e Yoda. Inizialmente i due clan si contendevano il mercato nella zona di La Paternelle, che si trova nel nord di Marsiglia e in una posizione strategica perché vicina alle autostrade. Con il tempo DZ Mafia e Yoda si sono però espansi in altri quartieri, estendendo dunque anche conflitti e violenza.
Il 16 agosto, durante una conferenza stampa, il prefetto Frédérique Camilleri ha detto che all’interno di una dinamica violenta ben nota legata al narcotraffico si sta verificando qualcosa di «molto diverso»: un «cambio di paradigma» che ha a che fare con la messa in scena della violenza sui social network, parte fondamentale della strategia dei narcotrafficanti, e con il coinvolgimento di persone sempre più giovani. I due fenomeni sono collegati.
Lo scorso anno il pubblico ministero Dominique Laurens aveva già raccontato come Marsiglia continuasse ad apparire come una «città eldorado agli occhi dei giovani in cerca di soldi facili». E aveva detto che questo mito era stato creato e continuamente alimentato sui social network attraverso il racconto di grandi guadagni e di una vita quasi eroica all’interno della criminalità organizzata. Questo meccanismo, aveva detto Laurens, «spinge i ragazzi a venire qui a “jober” (a “fare un lavoretto”, ndr) e a ritrovarsi poi in situazioni infernali».
A causa di una pressante propaganda su Internet e del conseguente reclutamento, si è creata una nuova “forza lavoro” all’interno delle reti di narcotrafficanti marsigliesi composta da giovani provenienti da tutta la Francia. Si tratta dei cosiddetti “charcleurs”, cioè sicari o «mercenari di circostanza», come li definisce Le Monde, che vengono pagati in media tra i 15mila e i 20mila euro per “stare sul campo”.
I social vengono anche usati per aumentare la popolarità dei vari gruppi nelle strade. Ad alcuni di questi sicari viene esplicitamente chiesto di filmare le loro azioni. I video vengono resi pubblici o inviati ai committenti e usati come strumento di ricatto per garantire una continuità nell’affiliazione.
I committenti, cioè i capi delle reti, spesso vivono all’estero e delegano le violenze e gli altri reati da compiere a ragazzi molto giovani che non hanno precedenti penali. Questo meccanismo ha reso più complicate anche le indagini, come ha spiegato un investigatore a Le Monde: al centro degli omicidi non solo non ci sono più persone conosciute e strutturate all’interno della rete, ma chi commette l’omicidio nella maggior parte dei casi non è nemmeno più colui che ha subito il “danno”.
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Secondo un’analisi della procura di Marsiglia fatta a fine giugno, delle 114 vittime di sparatorie avvenute fino a quel momento dall’inizio dell’anno (25 morti e 89 feriti), 16 avevano tra i 14 e i 17 anni (il 14 per cento) e 49 avevano tra i 18 e i 25 anni (il 42 per cento). Secondo le statistiche del ministero dell’Interno francese, l’età media degli autori degli omicidi e delle vittime è in linea con l’età delle persone coinvolte nel traffico di stupefacenti che, ad oggi, si è abbassata a 22 anni.
Molte delle sparatorie avvenute negli ultimi anni a Marsiglia sono state catalogate come tentativi di omicidio, non riusciti a causa dell’inesperienza e del dilettantismo degli autori. Spesso le persone sempre più giovani che vengono reclutate non hanno la padronanza delle armi, né hanno esperienze precedenti nella criminalità. È anche per questo motivo che sui luoghi delle sparatorie vengono ritrovate grandi quantità di proiettili: «In alcuni casi ci si chiede se la sparatoria sia stata fatta per uccidere o se l’autore abbia semplicemente mancato il bersaglio», ha detto un magistrato a Le Monde, sottolineando però anche il “significato simbolico” di queste azioni dove spesso si spara a raffica con delle mitragliatrici come atto dimostrativo (che comunque causa un aumento delle vittime collaterali).
In generale, questo cambio di paradigma nelle reti marsigliesi ha portato a un aumento dell’uso delle armi e a una banalizzazione della violenza che spesso è legata alla gestione di un marciapiede, di un palazzo e a questioni “minori”, come il mancato pagamento di una piccola cifra: fatti che un tempo sarebbero stati gestiti in modo differente.
Alcuni poliziotti e magistrati hanno dunque parlato della “messicanizzazione” dei gruppi marsigliesi, facendo riferimento ai sicari che i cartelli sudamericani reclutano tra le bande di adolescenti, all’aumento delle gambizzazioni, dell’uso di fiamme ossidriche nei regolamenti di conti o della cosiddetta tecnica del “barbecue”, che consiste nel chiudere una persona in un’auto per poi darvi fuoco. A questo si unisce anche l’aumento di rapimenti e sequestri, sempre ispirati alle modalità dei cartelli sudamericani.
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Dopo le violenze degli ultimi giorni, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha annunciato l’invio a Marsiglia della CRS 8, un’unità addestrata nella gestione della violenza urbana.