La questione di genere nei campionati di scacchi
Ha una lunga storia e se ne riparla perché la federazione internazionale ha escluso le giocatrici trans dai tornei femminili
Mercoledì la Federazione internazionale degli scacchi (FIDE) ha annunciato di aver cambiato le regole di ammissione alle competizioni per le persone trans. Il cambiamento più grosso riguarda nello specifico le donne trans, che non potranno più competere nei campionati femminili almeno fino a che, come si legge nell’annuncio, «una nuova decisione non verrà presa».
È stata una notizia particolarmente sorprendente perché, sebbene nell’ultimo anno diverse federazioni sportive abbiano preso decisioni analoghe, normalmente quest’esclusione è attribuita alla possibilità che le atlete trans abbiano un vantaggio fisico rispetto alle atlete cisgender, il cui genere corrisponde cioè al sesso biologico. Negli scacchi, la forza e la fisicità invece non hanno un ruolo, e non è quindi chiaro quali siano le ragioni di un simile cambiamento, che secondo qualcuno finisce per perpetuare stereotipi di genere sulla presunta inferiorità delle donne nella disciplina.
La maggior parte dei tornei di scacchi, a partire dal Campionato del mondo di scacchi, è aperta a tutti senza divisione per genere. Esiste però il Campionato del mondo di scacchi solo femminile, così come altri tornei riservati alle giocatrici, che furono introdotti con l’idea di dare visibilità e incentivi economici a donne che nei campionati misti a grande prevalenza maschile non sarebbero state notate e rendere il gioco più appetibile per le giovani esordienti. Non esistono quindi tornei solo maschili di scacchi, motivo per cui il regolamento fa esplicito riferimento alle donne trans e non agli uomini trans.
Le principali novità introdotte dalla FIDE sono due: la prima è che le persone trans che partecipano a tornei di scacchi non verranno più registrate con il genere in cui si riconoscono fino a che non avranno completato la transizione burocratica nel proprio paese; la seconda è che le donne trans saranno escluse dalle competizioni finché la FIDE non avrà preso una decisione definitiva, cosa che avverrà entro i prossimi due anni. La FIDE ha inoltre fatto sapere di aver agito in questo modo in seguito a un aumento delle richieste di riconoscimento di giocatrici trans.
Yosha Iglesias è una donna trans, un’insegnante di scacchi e una youtuber, e in questi giorni ha commentato il nuovo regolamento della FIDE in alcuni post su Twitter chiedendosi se potrà partecipare al Campionato francese femminile di scacchi che si terrà fra tre giorni e che considerava «il sogno di una vita». Iglesias ha spiegato anche che per le federazioni di scacchi di molti paesi tra cui la Francia, la Spagna e gli Stati Uniti prima era sufficiente mandare una richiesta di riconoscimento del cambio di genere, anche se questo non era avvenuto in modo ufficiale sui documenti, e che la federazione inoltrava la modifica alla FIDE.
Col nuovo regolamento invece sarà necessario avere il genere e il nome aggiornati sui documenti per poter competere con il proprio nome di elezione: una cosa abbastanza limitante perché in molti paesi il processo burocratico per l’aggiornamento dei documenti è lungo, e per esempio in Francia non può essere portato a termine prima dei 18 anni. Più in generale, la pratica di accettare i nomi scelti delle persone trans in modo informale, a prescindere dai documenti ufficiali (nota come identità alias o carriera alias), è sempre più diffusa in alcuni contesti, come le scuole e le università, anche in Italia.
Nel regolamento della FIDE inoltre si legge che per impedire «un’eventuale iscrizione illegittima ai tornei», la federazione ha il diritto di affiancare ai nomi delle giocatrici trans «un preciso contrassegno nel database dei giocatori, o adottare altre misure per informare gli organizzatori». Secondo Iglesias, e in generale secondo chi si occupa di diritti delle persone trans, una donna che ha completato la transizione e ha aggiornato i documenti non dovrebbe essere tenuta a dichiarare il proprio trascorso – una cosa che in molti casi viene vissuta come stressante o addirittura dolorosa, oltre che privata – per partecipare a una competizione in cui la sua transizione non avrebbe teoricamente alcuna rilevanza.
Oltre che per gli effetti sulle vite delle giocatrici trans, la decisione della FIDE sta ricevendo alcune critiche perché secondo alcuni implicherebbe l’affermazione di alcune teorie sulla predisposizione maschile e femminile agli scacchi ampiamente considerate misogine. «È un gioco di strategia», ha scritto Rich Juzwiak su Jezebel, «e l’insinuazione della FIDE sembra essere che le donne trans abbiano un ingiusto vantaggio intellettuale rispetto alle donne cisgender, come se essere considerato uomo alla nascita [cioè nascere con attributi biologicamente maschili, ndr] possa rendere qualcuno naturalmente più intelligente».
Non è una conclusione così assurda, soprattutto per chi conosce bene la storia delle competizioni di scacchi. I campioni mondali di scacchi infatti sono sempre stati uomini e anche adesso tra i migliori giocatori del mondo le donne sono pochissime: più in generale tutto l’ambiente continua a essere notoriamente molto maschilista.
Solo per fare un esempio tra molti, nel 2015 l’allora vicepresidente della FIDE Nigel Short, che è ancora oggi parte della direzione, aveva detto in un’intervista che «gli uomini sono progettati per essere migliori giocatori di scacchi delle donne», aggiungendo: «dovete accettarlo con dignità». E non è una convinzione che riguarda solo gli uomini: nel 2020 anche la scacchista indiana Koneru Humpy, una delle più forti e vincenti al mondo, disse in un’intervista che è un dato di fatto che gli uomini sono giocatori migliori.
In un articolo uscito su Slate nel 2020 Wei Ji Ma, giocatore di scacchi ad alti livelli e docente di neurologia e psicologia della New York University, aveva spiegato come la disparità tra i migliori punteggi maschili e femminili negli scacchi fosse ampiamente giustificata dal fatto che le donne nei campionati di scacchi sono meno degli uomini e di conseguenza le loro probabilità di arrivare ad alti livelli come categoria sono sempre state inferiori. «Se un gruppo è molto più grande di un altro gruppo, confrontare tra loro i migliori performer dei due gruppi è fondamentalmente ingiusto», oltre che «un uso della statistica non accettabile nemmeno in un corso universitario introduttivo».
Ma aggiungeva anche che ci sono diversi fattori culturali che in qualche modo spiegano come per le donne le possibilità di accedere alle competizioni e quindi di raggiungere alti livelli negli scacchi siano di fatto inferiori rispetto a quelle dei colleghi maschi. Sono fattori che valgono spesso anche in altri ambiti: per esempio che le federazioni investono meno nelle donne rispetto a quanto investono nei colleghi uomini, che per questi ultimi è più facile guadagnarsi da vivere giocando a scacchi, che le donne con figli hanno meno tempo da dedicare agli scacchi rispetto agli uomini con figli e in generale che gli stereotipi hanno spesso l’effetto di condizionare la realtà e far credere a persone sminuite di essere effettivamente meno brave.
Per quanto riguarda l’ipotesi che cervelli femminili e maschili siano intrinsecamente diversi esistono alcune teorie formulate da neuroscienzati che sostengono fondamentalmente che quelli femminili siano più predisposti all’empatia e quelli maschili, più analitici, ad analizzare sistemi complessi. Queste teorie però non sono mai state veramente dimostrate, e sono anzi state contestate da molti. Nel tempo sono stati fatti vari studi, ma al momento non esistono prove definitive sull’esistenza di differenze biologiche tra donne e uomini in termini di capacità intellettive.
È quello che scrive anche Ma nel suo articolo, aggiungendo che, anche se ci fossero, dal suo punto di vista sarebbe comunque più interessante capire perché tra i giocatori di scacchi l’ipotesi delle differenze intellettuali tra uomini e donne sia così considerata. La sua conclusione, sostenuta anche da alcuni colleghi studiosi che cita e da alcune storiche tesi femministe, è che questo approccio «rinforzi le gerarchie» e quindi torni particolarmente comodo a chi si trova in ruoli di potere e privilegio, che negli scacchi (e anche nella gran parte degli altri settori) sono prevalentemente uomini. Secondo Ma «riconoscere che fattori esterni come una distribuzione ingiusta delle risorse o un ambiente ostile abbiano disincentivato le migliori giocatrici è molto più difficile».
La FIDE non ha approfondito il motivo per cui un crescente numero di donne trans abbia fatto richiesta di riconoscimento, ma è possibile che c’entrino le maggiori aperture e consapevolezze che nei paesi occidentali si sono diffuse rispetto al tema dell’identità di genere, oltre al fatto che il numero di donne interessate a competere nei tornei di scacchi è cresciuto nell’ultimo periodo, anche grazie al successo della serie tv La regina degli scacchi.