Cosa stiamo facendo contro i granchi blu
Governo e regioni finanzieranno l'eliminazione di questi animali invasivi che fanno danni nel delta del Po, nella laguna Veneta e in altre parti d'Italia
Da giovedì nelle acque del Veneto saranno posate 300 nasse per la cattura di granchi blu, una specie aliena e invasiva di crostacei che nell’ultimo anno è proliferata nel delta del Po, causando molti danni agli allevatori di vongole e alle reti dei pescatori, come anche in altre zone d’Italia. Le nasse serviranno per monitorare la diffusione e la distribuzione della popolazione della specie e saranno distribuite da Arpav, l’agenzia regionale veneta per la prevenzione e la protezione ambientale, insieme a Veneto Agricoltura, l’agenzia per l’agricoltura, e all’Università di Padova.
Lo studio sarà finanziato con 80mila euro stanziati dalla regione per il contrasto della diffusione del granchio blu, a cui potrebbe aggiungersi una parte dei 2,9 milioni di euro che invece ha stanziato il governo con il decreto-legge del 7 agosto per incentivare economicamente chi si occupa della cattura e dello smaltimento di questi animali.
“Granchio blu” è il nome dato al Callinectes sapidus per via del colore delle sue chele. È una specie originaria della costa orientale degli Stati Uniti, diffusa tra il Canada meridionale e l’Argentina settentrionale. Diversi studi hanno stimato il suo arrivo nel mar Mediterraneo intorno alla metà del Novecento, prima in Tunisia e Algeria e poi nel mar Egeo, in Turchia, e infine nel mar Adriatico. Una delle ipotesi più condivise è che abbia viaggiato dal continente americano all’Europa nelle acque di zavorra delle navi mercantili. È quindi una specie aliena o alloctona, che l’azione diretta o indiretta dell’uomo ha spostato in una zona diversa rispetto al suo ambiente storico.
È lungo circa 9 centimetri e il suo carapace può anche superare i 23 centimetri di larghezza. Le chele sono in grado di danneggiare le reti da pesca e in assenza di predatori si riproduce molto velocemente: ogni esemplare femmina può deporre da 700mila a 2 milioni di uova. Gli individui più giovani e piccoli possono essere mangiati da pesci, uccelli o tartarughe, mentre in Italia gli adulti non hanno grandi predatori dato che si tratta di una specie aliena, che non si è evoluta negli ecosistemi italiani. Sono solo altri granchi blu eventualmente che possono uccidere gli individui adulti.
Negli Stati Uniti il granchio blu viene pescato e cucinato al vapore o bollito, e usato come ingrediente per paste, insalate e zuppe, e anche in Italia ha cominciato a essere pescato per il consumo alimentare. Questo tipo di pesca però non è sufficiente a limitare l’aumento della popolazione perché sono richiesti solo i granchi di maggiori dimensioni, mentre per contrastare la riproduzione bisognerebbe eliminare quelli più piccoli: il problema è che non sono interessanti per il mercato alimentare e smaltirne le carcasse è un costo. I soldi stanziati dal governo dovrebbero servire anche a questo.
Anche se la situazione è particolarmente grave nel delta del Po e nella laguna Veneta, tanto che la Regione Veneto ha autorizzato l’utilizzo in deroga di strumenti di pesca più aggressivi, il problema riguarda anche altre zone d’Italia. Ad esempio in Sardegna, dove la presenza del granchio blu è stata segnalata per la prima volta nel 2017. La specie si è diffusa lungo la costa orientale, tra San Teodoro e Orosei, nelle lagune della zona di Oristano e del Sulcis e più di recente in quelle vicine a Cagliari; è dannosa per gli allevamenti di ostriche e cozze. Agris Sardegna, l’agenzia regionale per la ricerca scientifica, la sperimentazione e l’innovazione tecnologica nei settori agricolo, agroindustriale e forestale, era uno degli enti regionali che avevano chiesto fondi al governo per contrastare la diffusione del granchio blu.
– Ascolta anche: Vicini e lontani, il podcast del Post e Oikos sulle specie aliene