Gli isolani greci protestano per le loro spiagge
Contro le attività balneari che le occupano in molti casi illegalmente, senza che vengano fatti i dovuti controlli
Dall’inizio di giugno in Grecia si è creato un movimento di protesta per il diritto di libero accesso alle spiagge e contro le attività balneari che le occupano in molti casi illegalmente, senza che vengano fatti i dovuti controlli. In alcune isole greche, inoltre, le persone che non vogliono pagare per noleggiare lettini e ombrelloni, o che non possono permetterselo visti i prezzi, non vengono “ammesse” o vengono invitate ad andarsene. Il movimento, che i giornali greci hanno chiamato “la rivolta degli asciugamani da spiaggia”, si oppone dunque a quella che è stata definita una «strisciante privatizzazione».
In Grecia, per legge, le spiagge sono di proprietà pubblica: il 50 per cento dello spazio di una spiaggia può essere affittato a privati, ma il restante 50 deve rimanere libero e accessibile. Nel caso di un’area naturale protetta, la parte che può essere data in gestione a privati scende al 30 per cento. Nei mesi estivi, sebbene non possano occupare più della metà di una spiaggia, molte attività commerciali si espandono illegalmente, occupando più spazio di quello che dovrebbero.
Paros è la terza isola più grande delle Cicladi. È abitata da 14mila persone e dispone di oltre 700 strutture turistiche che offrono 25mila posti letto. Altri 10mila posti letto sono disponibili tramite Airbnb. Secondo le statistiche ufficiali, lo scorso anno circa 750mila turisti hanno visitato l’isola. Nelle dieci spiagge più frequentate hanno aperto bar, caffetterie e ristoranti che si sono progressivamente espansi e diffusi con la loro attività di noleggio lettini e ombrelloni, non lasciando alcuno spazio libero sulla sabbia. I prezzi per il noleggio sono in alcuni casi molto alti: si arrivava anche a 120 euro per un posto su una sedia a sdraio davanti al mare. E ci sono stati casi in cui le persone che stendevano un asciugamano sulla sabbia sono state cacciate: «Ci dicono che roviniamo la vista», ha detto una residente.
All’inizio di giugno alcuni residenti di Paros hanno organizzato un incontro con il consiglio comunale per discutere del problema e si sono presentate circa 200 persone dell’isola che hanno poi creato quello che ufficialmente si chiama Movimento dei cittadini di Paros per le spiagge libere. Il movimento ha scaricato i contratti delle attività commerciali sulle spiagge di Paros da un registro online del governo e ha tracciato i limiti delle aree assegnate a queste attività su delle foto aeree scattate con dei droni: «Ci sono enormi discrepanze», ha detto una persona del movimento: «I 7.186 metri quadrati affittati alle imprese, lo scorso anno, alla fine sono diventati 18.800 metri quadrati».
A fine luglio il movimento ha organizzato due manifestazioni sulle spiagge dell’isola a cui hanno partecipato circa 400 persone, molte delle quali tenevano grandi striscioni con scritto: “Reclamiamo le nostre spiagge”. Alla manifestazione del 13 agosto nella spiaggia di Monastiri erano presenti 700 persone e alla gente del posto si sono uniti anche alcuni turisti. Da Paros, le proteste si sono estese ad altre isole, come Naxos e Serifos. Ciò che il movimento chiede è che venga rispettata la legge, ovvero che la metà delle spiagge rimanga libera da ombrelloni e lettini, e che vengano fatti i dovuti controlli.
In due mesi il movimento ha già ottenuto dei risultati. A fine luglio, dopo le prime manifestazioni, gli ispettori sono andati in due spiagge di Paros e hanno rimosso i lettini in eccesso. Poi il procuratore ha ordinato un’indagine sulle violazioni a Paros e sull’isola di Serifos. Temendo delle sanzioni, alcune attività hanno rimosso i loro lettini, ma in alcuni casi l’hanno fatto solo temporaneamente: in una spiaggia di Naxos, le strutture in eccesso sono state tolte, ma sono ricomparse non appena gli ispettori se ne sono andati. Un successivo intervento ha portato all’arresto di tre persone: i tre proprietari di altrettanti bar sulla spiaggia avevano infatti continuato ad occupare illegalmente una superficie di 180, 234 e 126 metri quadrati. Altri arresti, in casi simili, sono avvenuti ad Achaia, nel nord-ovest del Peloponneso, e anche a Paros.
Il 10 agosto il ministro greco delle Finanze, Kostis Hatzidakis, ha scritto che dal 21 luglio sono stati fatti quasi mille controlli sulle spiagge greche e che le violazioni accertate sono state più di 350. Tra queste risultano anche casi di attività commerciali a cui la licenza per l’occupazione delle spiagge era stata negata.
Il ministro Hatzidakis ha annunciato poi una revisione delle leggi che regolano la concessione delle spiagge alle imprese per renderle più trasparenti. L’attuale sistema è tutt’altro che efficiente, ha detto in un’intervista Markos Kovaios, sindaco di Paros, spiegando che ad oggi gli enti locali dipendono dal ministero per l’approvazione dei contratti di affitto con le imprese e anche per il controllo delle infrazioni. Per Kovaios dovrebbero essere invece gli enti locali a gestire la situazione. In molti casi, ha detto il sindaco di Paros, sono i ritardi burocratici a consentire ad alcune imprese di operare illegalmente e impunemente sulle spiagge. È infatti frequente che le attività commerciali che ricevono una iniziale autorizzazione ad occupare la spiaggia con ombrelloni e lettini firmino i contratti governativi solo a fine stagione, invece che prima, facendo nel frattempo quel che vogliono.
Il 15 agosto il movimento ha detto di aver ottenuto una vittoria «significativa e simbolica» dopo che il consiglio comunale dell’isola di Paros ha adottato all’unanimità tutte le proposte presentate attraverso una petizione e che, tra le altre cose, comprendevano l’attuazione rigorosa della delimitazione delle aree in concessione: «Non ci aspettiamo risultati quest’anno, ma riteniamo che il voto sia vincolante per il futuro», ha detto il movimento. Sono state inoltre istituite delle squadre miste, composte da agenti di polizia e dipendenti comunali, per fare sopralluoghi regolari: «Fino a ieri dicevano che questo era impossibile a causa della carenza di personale, ma alla fine è stato possibile, e avrebbe potuto cominciare dieci anni fa».