Le debolezze dell’ECOWAS
L'organizzazione che riunisce i paesi dell'Africa occidentale aveva promesso di intervenire in Niger ma non l'ha fatto, e non è la prima volta che si dimostra poco efficace
Giovedì 10 agosto c’è stato un incontro dei leader dei paesi che fanno parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS in inglese, CEDEAO in francese), l’organizzazione che subito dopo il colpo di stato del 26 luglio in Niger aveva minacciato di intervenire militarmente per reinsediare Mohamed Bazoum, il presidente democraticamente eletto. Con il passare dei giorni, e per diversi motivi, l’ipotesi di un intervento militare ha perso forza e l’ultimatum dato dall’ECOWAS alla giunta militare in Niger è scaduto senza conseguenze.
Dopo l’incontro molto atteso di giovedì l’ECOWAS ha usato una formulazione assai vaga dicendo di aver ordinato la «mobilitazione immediata delle proprie forze di emergenza» per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger. Allo stesso tempo ha aggiunto di voler dare «priorità alle negoziazioni diplomatiche e al dialogo».
L’ECOWAS, nato come accordo puramente economico tra gli stati dell’Africa occidentale, a partire dagli anni Novanta iniziò a darsi come obiettivo anche il mantenimento della pace, attraverso la creazione di un gruppo militare che nel tempo è intervenuto in diversi conflitti. L’organizzazione non è però riuscita a garantire o a migliorare la stabilità della regione, dove dal 2020 ci sono stati sette colpi di stato riusciti. Secondo qualcuno, anzi, la sua strategia spesso poco definita ha avuto un ruolo nel peggiorare le cose.
Come nasce e perché
La Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Economic Community of West African States, ECOWAS, in inglese; Communauté économique des États de l’Afrique de l’Ouest, CEDEAO, in francese) è un’organizzazione regionale fondata da quindici stati dell’Africa occidentale nel 1975. Copre un’area di circa 5,2 milioni di chilometri quadrati abitata da quasi 425 milioni di persone. Negli anni la sua composizione è stata messa in discussione e in parte è cambiata.
Capo Verde entrò a farne parte nel 1977, mentre l’unico paese membro con l’arabo come lingua ufficiale, la Mauritania, si ritirò nel 2000 per poi tornare a firmare con l’organizzazione nel 2017 un accordo di semplice associazione. Dopo una serie di colpi di stato, negli ultimi anni alcuni paesi sono stati sospesi dall’ECOWAS: la Guinea e il Mali nel 2021, il Burkina Faso nel 2022 e il Niger lo scorso 26 luglio, quando una giunta militare ha preso il potere.
Il Marocco chiese di aderire all’ECOWAS il 27 febbraio del 2017: inizialmente prevista per la fine di quell’anno, la decisione finale dell’organizzazione fu rimandata al 2018 e poi rinviata di nuovo a una data successiva che, ad oggi, ancora non c’è. All’adesione del Marocco si oppone innanzitutto la Nigeria, le cui dimensioni e il cui potenziale economico hanno permesso al paese di assumere fin dall’inizio un ruolo di leadership nell’organizzazione. La sede centrale dell’ECOWAS si trova proprio ad Abuja, in Nigeria, e la Nigeria ha presieduto l’organizzazione ben nove volte, molto più di altri paesi membri. Anche l’attuale presidente dell’ECOWAS è nigeriano: è il presidente Bola Tinubu.
La domanda di adesione del Marocco si inserisce nel contesto delle tensioni interne all’ECOWAS, già esistenti, tra paesi francofoni come Senegal, Costa d’Avorio, Guinea, Togo, Benin e paesi anglofoni. Questi ultimi, e la Nigeria in particolare, temono che l’entrata del Marocco (francofono) possa rafforzare l’intero blocco di riferimento minacciando la loro influenza in Africa occidentale.
Diversi paesi dell’organizzazione credono che sarebbe negativo per loro l’impatto economico che deriverebbe dall’entrata del Marocco nell’accordo: temono cioè una competizione con le aziende marocchine che difficilmente riuscirebbero a reggere, che gli accordi di libero scambio del Marocco con l’Unione Europea e gli Stati Uniti possano facilitare l’ingresso di prodotti occidentali (liberi dai dazi) nei mercati africani e temono infine di perdere il gettito derivante dai dazi sui prodotti marocchini su cui diversi paesi fanno oggi affidamento.
Un altro motivo di resistenza all’adesione del Marocco è che l’accordo originario tra i paesi dell’ECOWAS, che prevede la promozione e il consolidamento di un sistema di governo democratico in ogni stato che ne fa parte, dovrebbe essere modificato per includere il Marocco, che non è una Repubblica, come gli altri paesi membri, ma una monarchia costituzionale.
Infine, un importante ostacolo è la questione del Sahara occidentale e le critiche dei paesi anglofoni alla posizione marocchina. Il Sahara occidentale è un territorio conteso (occupato, secondo alcuni stati africani) tra Marocco e il Fronte Polisario, un movimento nazionalista che si batte per l’indipendenza di quell’area e che è sostenuto, tra gli altri, dall’Algeria. La Nigeria vede la volontà di controllo del Marocco sul Sahara occidentale come un residuo del periodo colonialista.
L’ECOWAS è composto da otto istituzioni. Una delle principali è la Conferenza dei capi di stato e di governo, che definisce gli orientamenti e la politica dell’organizzazione. La Conferenza controlla inoltre come vengono svolte le attività dell’organizzazione, il raggiungimento degli obiettivi e sorveglia il funzionamento degli altri organismi. Agisce mediante decisioni prese, a seconda dell’argomento in esame, all’unanimità o a maggioranza di due terzi. Tali decisioni sono vincolanti per gli stati membri. La Conferenza nomina anche il presidente della Commissione, che è a capo dell’esecutivo dell’ECOWAS e che ha il compito di eseguire ciò che decide la Conferenza. L’ECOWAS ha anche una serie di agenzie che, tra le altre cose, si occupano in modo specifico di politica monetaria, di politiche di genere, di agricoltura e alimentazione e di efficienza energetica.
L’obiettivo principale dell’ECOWAS è promuovere la cooperazione e l’integrazione tra i paesi membri e creare, in futuro, un’unione economica e monetaria dell’Africa occidentale, per la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Tra i propri principi fondamentali, l’ECOWAS elenca la cooperazione tra paesi che ne fanno parte, la non aggressione reciproca, il mantenimento della pace, della sicurezza e della stabilità regionali e la risoluzione pacifica delle controversie tra membri.
Sebbene l’organizzazione fosse stata pensata principalmente per raggiungere obiettivi economici, fin dall’inizio nell’ECOWAS si parlò esplicitamente di mantenimento della pace e della stabilità della regione. Nel 1990, durante la prima guerra civile liberiana, l’organizzazione creò l’Economic Community of West African States Monitoring Group (ECOMOG), chiamato anche gruppo dei “caschi bianchi” in riferimento ai caschi blu delle Nazioni Unite. L’ECOMOG, composto da un centinaio di soldati, doveva controllare che fossero rispettati i cessate il fuoco firmati nei paesi membri che erano in guerra. Ma il gruppo divenne permanente nel 1999, aumentando fino a 20mila i propri componenti e intervenendo militarmente in vari conflitti.
Gli interventi militari dell’ECOWAS
Negli anni Novanta l’ECOWAS, attraverso l’ECOMOG, intervenne in Liberia durante la guerra civile inviando più 3mila soldati poi accusati di numerose violazioni dei diritti umani, soprattutto contro le donne. Le truppe rimasero nel paese fino al 1996 quando la guerra finì. L’ECOWAS intervenne anche in Sierra Leone e in Guinea-Bissau in seguito a due colpi di stato, uno riuscito, l’altro tentato.
Negli anni Duemila i soldati dell’ECOWAS, cooperando con delle missioni internazionali, tornarono in Liberia durante la seconda guerra civile che si è conclusa nel 2003, e poi in Mali dopo il colpo di stato del 2012. Nel 2017 l’organizzazione si attivò in Gambia quando il presidente Yahya Jammeh, sconfitto alle elezioni, si rifiutò di cedere il potere al suo successore Adama Barrow, il candidato di opposizione che le aveva vinte. Dopo alcune minacce l’ECOWAS avviò l’operazione Restore Democracy, inviando migliaia di soldati provenienti da diversi stati africani nella capitale del paese, Banjul, e costringendo Jammeh ad andarsene e a cedere il potere a Barrow.
In molti altri casi l’ECOWAS ha scelto invece di non intervenire.
Non lo fece in Costa d’Avorio nel 2010, quando in una situazione simile a quella del Gambia l’ex presidente Laurent Gbagbo, che aveva perso le elezioni, si rifiutò di cedere il potere al suo successore, Alassane Ouattara: l’ECOWAS minacciò di inviare 6.500 soldati, ma poi non successe nulla; Ouattara entrò comunque in carica nel 2011 ed è tuttora presidente. Non intervenne nemmeno in Guinea, dove con una procedura molto contestata nel 2020 Alpha Condé (in carica da oltre dieci anni, accusato di corruzione, di violazioni dei diritti umani e di aver amministrato male il paese) fu riconfermato per un terzo mandato.
Nonostante alcuni suoi interventi di successo, la forza militare dell’ECOWAS è stata accusata di non avere una chiara strategia, di averne anzi una altalenante e di non essere comunque riuscita, come dimostrano le crisi e i numerosi colpi di stato nella sua area di influenza, a portare stabilità nella regione.
Cosa ha fatto l’ECOWAS dopo il colpo di stato in Niger
Il 26 luglio, quando in Niger il presidente Mohamed Bazoum è stato deposto, l’ECOWAS ha subito condannato il colpo di stato annunciando l’intenzione di procedere «con ogni mezzo necessario, compreso un intervento armato» per ristabilire l’ordine democratico nel paese indicando alla giunta militare che aveva preso il potere una sorta di ultimatum di sette giorni.
La minaccia militare, sostenuta con forza dal presidente dell’ECOWAS che è anche il presidente della Nigeria, è stata criticata però da altri stati africani come la Guinea, il Burkina Faso e il Mali, sospesi dall’organizzazione a seguito dei propri colpi di stato, ma anche dall’Algeria e dal Ciad, che non fanno parte dell’ECOWAS. Anche il Senato della Nigeria e dal Consiglio supremo nigeriano per gli affari islamici (NSCIA), la massima e molto influente autorità islamica del paese, si sono detti contrati a un eventuale intervento armato.
Dopo sette giorni, domenica 6 agosto, l’ultimatum dell’ECOWAS è scaduto senza che accadesse nulla. Due giorni dopo il presidente della Nigeria ha ammorbidito le sue posizioni dicendo che la «diplomazia» è la «migliore strada da percorrere» per risolvere la crisi in Niger, e che comunque l’ECOWAS non intende escludere a priori anche altre opzioni. Poi l’ECOWAS si è riunito decidendo la mobilitazione delle proprie forze di emergenza, ma lasciando anche spazio ai negoziati.
L’ECOWAS si è indebolito?
Secondo alcuni analisti i colpi di stato degli ultimi anni sarebbero stati incoraggiati dall’arretramento democratico di diversi governi civili, ma anche dall’azione o dall’inazione dell’ECOWAS. In base a quello che chiama Protocollo supplementare sulla democrazia e il buon governo, il blocco dell’Africa occidentale ha un chiaro insieme di regole sui golpisti che tentano di candidarsi alle elezioni e sui presidenti in carica che cercano di ottenere un terzo mandato modificando la Costituzione. Tuttavia non li ha sempre applicati, come in Guinea e Costa d’Avorio, dimostrando una scarsa efficacia.
Secondo alcuni c’è una disfunzionalità strutturale nell’ECOWAS: i governi dei paesi membri hanno di fatto impedito all’organizzazione di essere sufficientemente indipendente e di adempiere al proprio mandato, non applicando le regole che si erano dati all’inizio (è una cosa che succede abbastanza di frequente quando si parla di organizzazioni regionali che richiedono che gli stati cedano parte della propria sovranità). L’ECOWAS si trova dunque ora in mezzo a uno scontro tra leader civili la cui legittimità in parte si sta logorando e leader militari che, nel frattempo, si sono dimostrati abili nel farsi strada.
La giunta militare del Niger sta di fatto dicendo al blocco dell’Africa occidentale che resisterà a qualsiasi tentativo di restituire il potere al deposto presidente nigerino Bazoum, sebbene nelle ultime ore sembra essersi dichiarata disponibile a un tentativo di negoziazione. Ma ha anche definito «illegali, disumane e umilianti» le sanzioni imposte dall’ECOWAS al Niger e ha riferito, senza dare molti altri dettagli, che accuserà il deposto presidente Bazoum di alto tradimento.
Prima della riunione di giovedì dell’ECOWAS, la giunta del Niger aveva annullato un incontro diplomatico che era in programma tra i militari nigerini e l’organizzazione. Una delegazione dell’ECOWAS sarebbe dovuta andare a Niamey, la capitale del Niger, ma la visita è stata sospesa per motivi di sicurezza: «L’attuale contesto di rabbia e rivolta delle popolazioni a seguito delle sanzioni imposte dall’ECOWAS non consente l’accoglienza della suddetta delegazione nella serenità e sicurezza richieste».
L’annullamento della visita, confermato poco dopo dalla stessa ECOWAS, si è aggiunto a un altro segnale dato dai nuovi vertici nigerini: la giunta militare, tra mercoledì 9 agosto e giovedì 10 agosto, ha annunciato di aver formato un governo guidato dal primo ministro Ali Mahaman Lamine Zeine, un economista, e con dei generali responsabili del colpo di stato ai ministeri della Difesa e dell’Interno. La mossa potrebbe far pensare che la giunta stia già pianificando la transizione verso un governo democratico, rendendo di fatto irrilevante le posizioni e le richieste dell’ECOWAS: «Tutti gli sforzi diplomatici intrapresi dall’ECOWAS per risolvere la crisi sono stati respinti con aria di sfida dai leader militari» ha dovuto ammettere l’organizzazione nella dichiarazione finale di giovedì.
Per alcuni, la recente posizione dell’ECOWAS è invece sensata. Il politologo Niagalé Bagayoko ha detto: «L’organismo si sta concedendo tempo e sta guadagnando credibilità. Continua a favorire un esito pacifico, mentre inizia a mobilitarsi militarmente, il che consentirà di addossare interamente ai golpisti la responsabilità del fallimento di un percorso negoziale. Se nel frattempo si troverà una soluzione politica, l’ECOWAS potrà mostrare all’opinione pubblica di avere delle reali capacità e di averle messe in campo».