Perché “Barbie” è stato vietato in alcuni paesi
L'ultimo è l'Algeria, con la ragione che «promuove l'omosessualità», anche se è un tema che nel film non viene mai trattato
Lunedì il ministero della Cultura dell’Algeria, che ha tra le altre cose lo scopo di controllare i contenuti dei film proiettati nei cinema sul territorio, ha vietato la proiezione di Barbie, il popolarissimo film americano di Greta Gerwig già uscito nel paese da qualche settimana. Secondo Reuters, che cita un giornale algerino, il ministero ritiene che il film «promuova l’omosessualità e altre devianze occidentali» e «non sia conforme alle credenze religiose e culturali dell’Algeria». In Algeria l’omosessualità e la transessualità sono illegali e punite col carcere.
Non è l’unico paese di tradizione musulmana ad aver preso una decisione simile. La settimana scorsa anche il Kuwait – piccolo paese sul Golfo Persico, confinante con Iraq e Arabia Saudita – ne aveva vietato la proiezione: Lafy Al-Subei’e, un sottosegretario del ministero per la Stampa e la Comunicazione, aveva affermato che il film promuove «idee e convinzioni che sono estranee alla società e all’ordine pubblico kuwaitiani».
Negli stessi giorni anche il ministro della Cultura libanese Mohammad Mortada aveva chiesto al ministero dell’Interno di vietare Barbie perché secondo lui «va contro i valori della fede e della morale», promuove «l’omosessualità e la transessualità», ridicolizza il ruolo delle madri e mette in dubbio la necessità di sposarsi. In Libano tuttavia non sono ancora state prese decisioni definitive al riguardo.
Sebbene molti membri della comunità LGBTQ+ abbiano riconosciuto in Barbie diversi temi cari alle loro rivendicazioni, nel film il tema dell’omosessualità non è mai trattato esplicitamente. Tra i collegamenti impliciti sottolineati da alcuni commentatori c’è il fatto che il film racconta la storia di una persona che mette in discussione il ruolo che ha sempre pensato di dover ricoprire nella propria società, e ci sono alcuni riferimenti molto velati alla possibile omosessualità del personaggio di Allan, che però nella “storia” di Barbie è sposato con Midge.
Nel cast ci sono anche diversi attori apertamente queer: Kate McKinnon, che interpreta “Barbie stramba” è apertamente lesbica; Hari Nef, la Barbie dottoressa, è una modella transgender; Alexandra Shipp, la Barbie scrittrice, ha detto di essere parte della comunità LGTBQ+ e Scott Evans, uno dei Ken, è apertamente gay. Di fatto però Barbie non contiene nessun dialogo o scena che possa esplicitamente essere interpretata come «promozione dell’omosessualità», e nessuno dei personaggi parla mai del proprio orientamento sessuale.
Non è però raro che i governi di paesi arabi molto conservatori – dove le persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ spesso vivono in condizioni di marginalizzazione e stigma, se non di illegalità, più che in gran parte dell’Occidente – siano molto rigidi al riguardo. Soltanto l’anno scorso il film d’animazione Pixar Lightyear – La vera storia di Buzz, che mostrava brevemente due personaggi femminili baciarsi, era stato vietato in diversi paesi della regione. Per motivazioni simili era stato censurato anche Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Nello stesso anno in Kuwait, paese dove l’omosessualità maschile è un reato, c’erano state polemiche per il fatto che l’ambasciata degli Stati Uniti avesse issato la bandiera della comunità LGBTQ+ per celebrare il Pride. E a settembre Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Oman e Qatar avevano chiesto formalmente a Netflix di rimuovere i contenuti che «violano i valori e i principi islamici e sociali», riferendosi esplicitamente alla rappresentazione della comunità LGBTQ+ nei film e nelle serie tv presenti nel catalogo Netflix.
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I divieti non hanno a che fare soltanto con un maggiore conservatorismo di questi governi, ma anche con ragionamenti di politica interna. In Kuwait, per esempio, il professore di storia all’Università del Kuwait Bader Al-Saif ha spiegato che «vietare Barbie è una scelta che fa parte di un più ampio slittamento a destra, sempre più sentito. Le forze islamiste e conservatrici in Kuwait sfruttano queste guerre culturali per dimostrare la loro ascesa».
In Libano, paese a maggioranza musulmana con una considerevole popolazione cristiana, le persone LGBTQ+ sono storicamente più sicure e tollerate che in gran parte dei paesi limitrofi. La discussione sulla possibilità di bandire Barbie si inserisce però in una più ampia campagna omotransfobica guidata dal gruppo armato Hezbollah: il mese scorso il capo del movimento, Hassan Nasrallah, ha invitato le autorità libanesi ad agire contro i materiali che riteneva promuovessero l’omosessualità, considerata un «pericolo imminente» da «affrontare». «Fa tutto parte di una campagna che mette d’accordo Hezbollah, l’estrema destra cristiana e altri leader religiosi influenti in un attacco mirato contro le persone LGBTQ+», ha detto a Reuters Ayman Mhanna, direttore esecutivo della Samir Kassir Foundation, grossa organizzazione non governativa per la libertà d’espressione in Medio Oriente. «È un’ondata di fanatismo».
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Ragionamenti politici stanno probabilmente anche alla base della scelta dell’Arabia Saudita, che ha invece deciso di permettere la proiezione del film. Fino a otto anni fa, nel paese non esistevano nemmeno i cinema: la loro apertura è stata decisa dal principe ereditario Mohammed bin Salman, che negli ultimi anni sta cercando di dare un’immagine più moderna e presentabile del proprio paese per allentare la pressione dei media occidentali, favorire gli investimenti esteri e migliorare i rapporti politici con i propri alleati, ma continua a reprimere duramente attivisti e critici. Secondo il New York Times, Barbie sta avendo molto successo tra la popolazione e non sembra essere stato censurato in alcun punto.
Altrove, Barbie è stato bandito per ragioni che non hanno a che fare con il proprio contenuto ideologico: a inizio luglio il Vietnam ne ha vietato la proiezione a causa della presenza in una breve scena di una mappa che riconosce le rivendicazioni cinesi sul Mar Cinese Meridionale. Le Filippine, che hanno a loro volta delle rivendicazioni proprie sul territorio, ne hanno permesso la proiezione ma hanno chiesto che la mappa venisse nascosta.