Cosa fa il commissario tecnico della Nazionale di calcio
Il nome viene dal passato e non ha più lo stesso significato di allora, ma negli ultimi anni i suoi incarichi sono stati ampliati per necessità
Le dimissioni a sorpresa di Roberto Mancini da commissario tecnico della Nazionale di calcio maschile hanno rimesso al centro del dibattito sportivo uno dei ruoli più antichi, discussi e delicati del calcio italiano. L’incarico di commissario tecnico trova infatti origine nei primi anni della diffusione dello sport in Italia e nel tempo è cambiato molto: non sono cambiate invece pressioni, discussioni e critiche che da sempre lo circondano.
Vista la popolarità raggiunta dal calcio nei primi del Novecento, ossia nel decennio successivo all’istituzione della Federcalcio (FIGC), nel gennaio del 1910 l’allora presidente federale, Luigi Bosisio, formò ufficialmente la Nazionale, la cui composizione venne affidata agli arbitri, allora ritenuti i più esperti conoscitori del gioco. Fu così che nacque la commissione tecnica: un gruppo di esperti nominati di volta in volta dalla Federazione per seguire la preparazione della Nazionale in vista dei suoi impegni. A capo della prima commissione tecnica fu nominato l’arbitro ed ex calciatore milanese Umberto Meazza: da questa pratica deriva il nome di “commissario tecnico” in uso ancora oggi ed esteso anche alle nazionali femminili e giovanili.
Negli anni, però, il ruolo del commissario tecnico è cambiato molto: di fatto rispetto al passato è rimasto soltanto il nome, che non rispecchia più di tanto le caratteristiche attuali dell’incarico. Tuttavia le recenti difficoltà della Nazionale, rimasta fuori da due Mondiali consecutivi come mai era successo nella sua storia, hanno ampliato le responsabilità di questa figura, riavvicinandola in un certo senso alle sue origini.
Rispetto agli anni Novanta, il ruolo di allenatore della Nazionale prevede maggiori responsabilità e quindi più coinvolgimento. L’istituzione degli stage formativi periodici nel Centro tecnico di Coverciano, per esempio, fu introdotta in modo stabile da Antonio Conte tra il 2014 e il 2016. Fu un modo per coinvolgere più giocatori nel giro della Nazionale e per allungare i periodi dedicati agli allenamenti in modo da sopperire con la preparazione alla mancanza di giocatori di qualità evidenziata dalle tante difficoltà avute in questi ultimi anni.
Un altro cambiamento significativo per il ruolo era stato presentato proprio pochi giorni fa, ed è uno dei motivi principali per cui le dimissioni presentate da Mancini hanno spiazzato un po’ tutti. A inizio agosto la FIGC aveva infatti definito, su proposta dello stesso Mancini, il nuovo assetto delle nazionali maschili, da quella maggiore fino alle giovanili, con «l’obiettivo di valorizzare il patrimonio calcistico italiano». Si trattava in sostanza di una riforma del cosiddetto “Club Italia”, ossia l’organismo che riunisce tutte le squadre nazionali e ne coordina la gestione delle attività per uniformare i metodi di lavoro e favorire dialoghi e collegamenti tra le varie categorie.
Se questa riorganizzazione verrà mantenuta anche dopo le dimissioni di Mancini, d’ora in avanti il commissario tecnico «si occuperà direttamente della selezione e delle attività tecniche delle Nazionali A, Under 21 e Under 20 per applicare gli stessi stili e sistemi di gioco, favorendo e velocizzando l’apprendimento tecnico». Come supervisore di questo sistema risulta ancora in carica l’ex allenatore Maurizio Viscidi, il cui ruolo da direttore tecnico prevede «un continuo e reciproco collegamento» con il commissario tecnico.
Per il commissario tecnico questi recenti incarichi si aggiungono a quelli tradizionali di ricerca, selezione e preparazione della Nazionale maggiore che coprono la durata di una stagione. Per l’Italia l’ultima stagione si era conclusa a giugno con la fase finale di Nations League; l’inizio della prossima, invece, coincide più o meno con la nuova stagione delle squadre di club, che sta cominciando in questi giorni. Dopo le sue prime giornate, la Serie A si fermerà infatti per l’inizio della stagione internazionale. Per l’Italia i primi appuntamenti sono le qualificazioni ai Campionati europei del prossimo anno in Germania, ossia l’ultimo e più importante appuntamento della stagione 2023/24.
Dal 2018 allo scorso marzo, Mancini aveva convocato complessivamente 104 giocatori: 12 portieri, 34 difensori, 25 centrocampisti e 33 attaccanti. Molti di questi non sono mai stati utilizzati in incontri ufficiali, ma solo coinvolti negli stage formativi per essere valutati e nel caso istruiti in modo da non arrivare totalmente impreparati a un’eventuale chiamata in caso di necessità.
Le maggiori difficoltà hanno riguardato e riguardano tuttora gli attaccanti: di italiani ce ne sono pochi e se mancano i titolari, gli altri non giocano a sufficienza nei loro club, e se giocano segnano poco. Per questo negli ultimi anni è entrato in gioco un altro compito del commissario tecnico e del suo staff, ossia quello di andare a scovare all’estero giocatori con origini italiane. Il caso più emblematico è stato quello di Mateo Retegui, attaccante argentino con nonni italiani che dopo aver accettato la convocazione e aver esordito (segnando) ha favorito il suo coinvolgimento con la Nazionale venendo a giocare in Italia con il Genoa.
Retegui era stato in precedenza uno dei tanti giocatori con origini italiane individuati da Mancini e dal suo staff. Alcuni giocano già in Italia, come Bruno Amione del Verona e Valentin Carboni dell’Inter; altri sono venuti a giocare di recente, come Facundo Gonzalez della Juventus e Lucas Beltran della Fiorentina, che da attaccante potrebbe essere convocato presto al fianco di Retegui. Tutti gli altri rimangono all’estero, in particolare in Sud America e nel Nord Europa, i cui campionati vengono monitorati continuamente dallo staff del commissario tecnico, così come la Serie A e tutti i tornei ritenuti di particolare interesse.