Cosa sta facendo il governo contro il sovraffollamento delle carceri

Per ora molto poco, e la proposta del ministro Nordio di riadattare le caserme dismesse ha vari problemi

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA/TINO ROMANO)
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA/TINO ROMANO)
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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, visitando sabato la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, conosciuta comunemente come carcere Le Vallette, ha fatto alcune proposte per ridurre il sovraffollamento nelle carceri italiane. Queste proposte, quasi tutte già espresse nei mesi scorsi, non costituiscono un «piano», come è stato definito da alcuni giornali, ma aiutano a capire quali siano le intenzioni del governo di Giorgia Meloni nella gestione del problema strutturale del sovraffollamento delle carceri in Italia.

A Torino venerdì due detenute erano morte a poche ore di distanza: nella notte era morta Susan John, una donna di 42 anni, entrata in carcere il 22 luglio dopo una condanna a 10 anni. Dal suo ingresso nella struttura si era rifiutata di mangiare, di bere e di sottoporsi a valutazioni o cure mediche. Poche ore dopo la morte di John, nel pomeriggio, si era uccisa un’altra detenuta, Azzurra Campari: aveva 28 anni.

Durante la sua visita a Torino, Nordio ha individuato il principale problema delle carceri italiane nel sovraffollamento, e ha sostenuto che la soluzione starebbe in quella che ha definito «detenzione differenziata», cioè nello sviluppo di pene detentive alternative al carcere. Nordio ha detto che secondo lui le “pene alternative” tradizionali, come la detenzione domiciliare o la semilibertà, «non sono sufficienti a colmare il gap che c’è tra la necessità di garantire la sicurezza dello stato, che per noi è una priorità, e garantire anche l’umanità e il trattamento rieducativo del detenuto che per noi è una priorità altrettanto importante».

Per Nordio il miglior modo di risolvere il problema del sovraffollamento è espandere l’edilizia carceraria, ma costruire nuove carceri «è costosissimo, ed è quasi impossibile sotto il profilo temporale, perché abbiamo vincoli idrogeologici, architettonici, burocratici». Per questo, la soluzione del ministro è di riadattare le caserme dismesse, in cui detenere le persone condannate per reati a basso impatto sociale. «Utilizzare strutture che sono perfettamente compatibili con la sicurezza di un carcere, quindi con i muri di cinta, con le garitte e con gli altri spazi che sono all’interno di queste caserme è la soluzione sulla quale stiamo lavorando, spero, con risultati abbastanza prossimi».

Non è la prima volta che Nordio parla della possibilità di riadattare la caserme dismesse per alleviare il problema del sovraffollamento delle carceri: l’aveva già fatto lo scorso dicembre. Più in generale Nordio ha sempre dedicato, almeno a parole, molta attenzione alla questione del sovraffollamento: «Le carceri sono la mia priorità» come ministro, aveva detto a ottobre del 2022.

La risposta del governo però è sempre stata quella di cercare pene alternative al carcere che prevedano comunque la detenzione e la completa restrizione della libertà anche per reati poco gravi. Il governo si è sempre dimostrato piuttosto scettico nei confronti delle pene alternative come la semilibertà o la detenzione domiciliare, o anche nei confronti di soluzioni che evitino il carcere a chi commette reati lievi: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sempre a ottobre, parlando in Senato aveva detto che «non si combatte il sovraffollamento delle carceri depenalizzando (…) Credo che la certezza del diritto dipenda anche dalla certezza della pena».

Benché il governo parli di potenziare l’edilizia carceraria da mesi, finora i passi concreti sono stati relativamente pochi. Il Sole 24 Ore ha scritto che il ministero intende mettere in atto una «ricognizione» degli interventi di edilizia penitenziaria in corso e da attuare, e che il primo passo verso il riadattamento delle caserme a carceri dovrebbe cominciare su iniziativa dei «singoli provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria», che dovrebbero contattare «Demanio e ministero della Difesa a livello territoriale per una ricognizione delle caserme disponibili, in vista di un piano nazionale». Di fatto, dunque, un piano per l’utilizzo delle caserme è ancora inesistente.

La proposta di riadattare le caserme dismesse non è nuova: era già stata avanzata durante il primo governo Conte dall’ex ministro Alfonso Bonafede, che aveva formalizzato il piano in un articolo del decreto semplificazioni del 2018 e aveva anche avviato accordi con il ministero della Difesa per individuare le caserme da ristrutturare: nessuna caserma però è mai stata riadattata. Non è chiaro se il piano sia stato abbandonato per mancanza di volontà politica o perché le vecchie caserme non sono in realtà conformi alle esigenze di edilizia penitenziaria moderne.

A questo si aggiunge il fatto che, nell’ultima legge di bilancio, il governo ha previsto tagli per 36 milioni di euro all’amministrazione penitenziaria nei prossimi tre anni. Il Sole 24 Ore ricorda che nel PNRR sono stati approvati dei progetti per l’edilizia penitenziaria, che dovrebbero portare alla costruzione di otto nuovi padiglioni presso carceri già esistenti, che aggiungerebbero 640 nuove camere per la detenzione e altri spazi. Al momento però questi progetti non sono partiti.

In Italia attualmente la capienza totale delle carceri è di 51.249 posti (dato che però non tiene conto dei posti non disponibili, che sono più di 3.000), mentre le persone detenute nel mese di luglio erano 57.749. Ufficialmente il tasso di affollamento è di poco più del 110 per cento (significa che le strutture carcerarie ospitano circa il 10 per cento delle persone oltre la loro capienza massima), ma in realtà se si calcolano anche i posti non disponibili l’affollamento medio sale al 119 per cento, con casi particolarmente gravi come quelli della Lombardia e della Puglia, che sono entrambe attorno al 150 per cento.

Nel 2022 i suicidi in carcere erano stati 85: è stato l’anno con più suicidi di sempre, più di una persona ogni quattro giorni. A luglio del 2023 i suicidi dell’anno erano stati 46, dunque in linea con il 2022.

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Puoi anche chiamare l’associazione da qui al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.