Il ruolo poco raccontato della Mauritania nel Qatargate
Il paese africano risulta coinvolto nello scandalo del Parlamento Europeo fin dall'inizio, ma le attenzioni si sono sempre rivolte altrove
Fra i paesi coinvolti nel presunto scandalo di corruzione al Parlamento Europeo, il cosiddetto Qatargate, non ci sono soltanto il Qatar e il Marocco: anche la Mauritania, un paese dell’Africa occidentale piuttosto povero e che ha scarsi rapporti con l’Unione Europea, è finita nell’inchiesta della procura federale belga sulla vicenda, tuttora in corso. Il coinvolgimento della Mauritania era noto già dai primi giorni del Qatargate, ma giornali e addetti ai lavori nel frattempo se ne sono quasi dimenticati. Verosimilmente perché i tentativi di influenza che sarebbero stati compiuti dalla Mauritania non hanno avuto alcuna ricaduta concreta.
Qualche giorno fa il sito di news Politico ha fatto il punto sul coinvolgimento della Mauritania nella vicenda.
Nei documenti dell’inchiesta letti da Politico, il ruolo della Mauritania sembrerebbe essere piuttosto lineare, anche se ovviamente tutte le accuse devono ancora essere provate (non è chiaro se e quando inizierà un processo). Secondo quanto raccontato ai magistrati da Pier Antonio Panzeri, l’ex parlamentare europeo del Partito Democratico diventato lobbista, considerato al centro della presunta rete di corruzione, il governo della Mauritania avrebbe voluto migliorare la propria immagine all’interno delle istituzioni europee e fra 2019 e 2022 avrebbe dato circa 200mila euro a Panzeri per raggiungere questo obiettivo.
È del tutto lecito che un paese assuma dei lobbisti per costruire una rete di rapporti con funzionari e politici dell’Unione Europea: va capito se Panzeri abbia accettato soldi dalla Mauritania quando era ancora in carica, cioè prima della primavera del 2019, oppure se nel periodo successivo abbia usato i soldi che gli aveva girato il governo della Mauritania per corrompere dei parlamentari europei in carica.
Sembra che anche Francesco Giorgi, il principale collaboratore di Panzeri, abbia confermato a grandi linee la testimonianza dello stesso Panzeri. A gennaio di quest’anno il Sole 24 Ore aveva pubblicato un articolo che conteneva vari stralci di una conversazione fra Giorgi e i magistrati della procura federale belga, in cui Giorgi avrebbe detto: «siamo andati all’ambasciata della Mauritania […] e abbiamo incontrato il loro ambasciatore e quello saudita che volevano informazioni su cosa si diceva al Parlamento Europeo del loro paese. Io ho affittato il mio appartamento all’ambasciatore che mi pagava 1.500 euro più 300 di spese. Panzeri ha preso 25mila euro cash. Anche in Mauritania hanno un problema di immagine», e per questa ragione avevano «ingaggiato Panzeri per avere consigli su cosa fare».
Il problema di immagine della Mauritania riguarda soprattutto lo scarso rispetto dei diritti umani da parte del governo.
La Mauritania è stato l’ultimo paese ad abolire la schiavitù, nel 1981, ma in realtà è una pratica ancora molto diffusa. Il potere è distribuito in un rigido sistema di caste in cui la popolazione di origine arabo-berbera (che è la minoranza) occupa il vertice della piramide sociale e gerarchica, mentre i mauritani neri (divisi in diverse etnie) occupano i gradini più bassi: parte di loro continua a essere esplicitamente sfruttata attraverso un sistema di schiavitù, di cui nel 2018 facevano parte circa 95mila persone sui 4 milioni di abitanti del paese.
L’Unione Europea ha più volte riconosciuto gli enormi limiti del rispetto dei diritti umani in Mauritania. Nel 2014 il Parlamento Europeo candidò alla vittoria del Premio Sakharov per la tutela della libertà di pensiero, il più importante riconoscimento per i diritti umani in Europa, un noto attivista mauritano contro la schiavitù, Biram Dah Abeid, a lungo perseguitato dal governo locale.
Cinque anni dopo, nel 2019, quando era presidente della sottocommissione del Parlamento Europeo per i diritti dell’uomo, Panzeri fece una visita ufficiale in Mauritania di cui parlò anche nella sua pagina Instagram. Fra le altre cose Panzeri disse di avere incontrato l’allora presidente Mohamed Ould Abdel Aziz, arrivato al potere nel 2008 dopo un colpo di stato, e vari ministri. Panzeri descrisse la visita e gli incontri in termini molto positivi: «Sono stati scambi di opinioni significativi, nel corso dei quali ho precisato che l’Unione Europea non vuole dare giudizi né lezioni. Vogliamo solo offrire consigli perché credo che i progressi ci siano nel paese, seppure siano difficili da comunicare».
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Sembra che gli sforzi di Panzeri per migliorare l’immagine della Mauritania all’interno delle istituzioni europee si siano concretizzati soprattutto in una conferenza sui diritti umani organizzata in un lussuoso centro congressi di Nouakchott, la capitale della Mauritania. Emanuela Del Re, inviata speciale dell’Unione Europea per il Sahel, ha detto a Politico che l’idea iniziale della conferenza era stata di Maria Arena, una parlamentare europea belga di origini italiane considerata molto vicina a Panzeri, ma che finora è stata coinvolta solo marginalmente nell’indagine.
Oltre a Panzeri e Giorgi, alla conferenza a Nouakchott parteciparono alcuni parlamentari europei e funzionari della Commissione Europea. A un certo punto si fece vedere anche il presidente mauritano, Mohamed Ould Abdel Aziz. «Arrivò all’inizio della conferenza senza dire una parola, si sedette, ascoltò qualche intervento, e poi se ne andò», ha raccontato a Politico una persona che partecipò alla conferenza come speaker. Una circostanza «davvero strana», ha commentato.
Stando alle carte dell’inchiesta lette da Politico, Panzeri ha raccontato alla procura federale che quella tenuta a Nouakchott fu «una conferenza importante», «di cui io e Giorgi approfittammo per rafforzare la nostra collaborazione col ministro degli Esteri mauritano e il presidente». Lo stesso Panzeri però ha ammesso che dopo la conferenza non ci furono altri sviluppi rilevanti. Proprio a giugno del 2022 l’Unione Europea e la Mauritania firmarono un accordo che consentiva ai pescatori europei di spingersi fino alle acque mauritane in cambio di un pagamento da circa 60 milioni di euro all’anno: ma si tratta di un accordo piuttosto piccolo e limitato, sia per l’Unione Europea sia tutto sommato per la Mauritania. Nell’ultimo anno il rapporto non ha subito grosse variazioni.
«Forse la migliore dimostrazione di quanto poco la Mauritania sia stata associata al Qatargate è il fatto che quando il Parlamento Europeo ha rafforzato le proprie linee guida per incontrare diplomatici stranieri, dopo la diffusione della notizia dello scandalo, ha previsto norme precise per i funzionari di Qatar e Marocco, fra gli altri, ma non ha incluso quelli mauritani», scrive Politico.