Da dove vengono i problemi con i mutui a tasso variabile
Sono rischiosi, soprattutto per chi ha un reddito fisso e basso, eppure piuttosto comuni in Italia: c'entra la poca educazione finanziaria, ma non solo
Da quando la Banca Centrale Europea ha iniziato a rialzare i tassi di interesse per far scendere l’inflazione, le rate dei mutui a tasso variabile sono aumentate molto, in certi casi di oltre il 70 per cento. È un problema sentito in Italia perché i mutui a tasso variabile sono piuttosto diffusi, benché siano ritenuti generalmente rischiosi proprio per l’eventualità che la rata da pagare aumenti nel tempo, anche di molto, come sta succedendo in questi mesi.
La questione in Italia è diventata a tal punto sentita che il governo, in maniera piuttosto controversa, ha annunciato una tassa sui cosiddetti extraprofitti delle banche, che dovrebbe servire ad aiutare chi è in difficoltà con il pagamento delle rate di mutui a tasso variabile. Molti ritengono che, tra le altre cose, questa tassa non sia appropriata perché stipulare mutui a tasso variabile è una libera scelta di chi fa un mutuo, e le conseguenze di questa libera scelta non dovrebbero ricadere sulla collettività se una decisione rischiosa diventa sfavorevole.
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Altri sostengono che spesso la decisione di stipulare un mutuo a tasso variabile non sia il frutto di una decisione consapevolmente rischiosa, ma piuttosto di inconsapevolezza e mancanza di educazione finanziaria. Sarebbe per questo che in Italia moltissime persone hanno contratto mutui a tasso variabile negli ultimi anni quando i tassi erano molto bassi. E soprattutto sarebbe per questo che negli ultimi due anni ci sono persone che hanno scelto il tasso variabile anche se era ormai evidente che i tassi stavano per salire, e che la rata del mutuo era certamente destinata ad aumentare, come poi è successo. In realtà le cose sono più complicate di così: spesso la decisione di fare un mutuo a tasso variabile è stata per molti l’unico modo di ottenere un mutuo, soprattutto nell’ultimo anno.
Tipicamente il mutuo a tasso fisso comporta una rata mensile più alta che però resterà sempre la stessa per tutta la durata del mutuo; il variabile ne ha una più bassa ma che può cambiare a seconda delle condizioni di mercato.
Nella teoria i mutui a tasso variabile non sono adatti a tutti, proprio perché per definizione hanno una componente di imprevedibilità: le rate sono agganciate alle oscillazioni e all’andamento dei cosiddetti indici Euribor, ossia il tasso di interesse medio a cui le banche europee si prestano denaro. A questo viene poi aggiunto un cosiddetto “spread”, una percentuale che varia da banca a banca e che rappresenta in pratica il guadagno delle banche. Per esempio, se l’indice Euribor di riferimento è del 3 per cento e lo spread della banca è dell’1,5, il tasso di interesse totale sarà la somma delle due componenti, ossia il 4,5 per cento.
L’Euribor sale per vari motivi e tipicamente lo fa se la BCE alza i tassi, come sta facendo da oltre un anno per ridurre l’inflazione: nell’ultimo anno li ha aumentati di oltre 4,25 punti percentuali, il rialzo più veloce e ampio nella storia dell’euro. Di conseguenza l’Euribor è salito moltissimo e di conseguenza anche le rate dei mutui a tasso variabile.
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I mutui a tasso fisso invece non risentono delle dinamiche dei tassi di interesse e dei mercati; l’ammontare della rata non subirà mai variazioni, indipendentemente dai rialzi dei tassi di interesse. È questo il motivo per cui il mutuo a tasso fisso costa quasi sempre più del variabile: il sovrapprezzo copre una sorta di polizza assicurativa che consente al debitore di dover pagare sempre la rata stabilita nel giorno della stipula, fino alla scadenza. Le tendenze di mercato influenzano però i tassi applicati sui nuovi mutui a tasso fisso, che oggi sono comunque molto più cari rispetto a un anno fa.
Quando la banca deve decidere se concedere un mutuo lo fa tramite il cosiddetto “rapporto rata/reddito”, ossia quanta parte del reddito mensile sarebbe destinata al pagamento della rata. Normalmente le banche considerano sostenibile un rapporto inferiore al 30 per cento: se si guadagnano mille euro al mese, al pagamento del mutuo non dovrebbero essere destinati più di 300 euro, altrimenti è probabile che per il debitore sia un po’ difficile sostenere le spese ordinarie e che col tempo rischi di diventare insolvente.
Al momento della stipula di un mutuo la scelta tra tasso di interesse fisso e tasso variabile dipende da varie cose. La principale valutazione che solitamente si dovrebbe fare è quella di essere disposti o meno a rischiare di pagare rate più alte in periodi di rialzo dei tassi, a fronte di periodi in cui le rate saranno più basse della media quando i tassi scendono. Se si vuole la certezza di pagare sempre la stessa rata, se non si vuole essere esposti alle fluttuazioni di mercato, o se banalmente non ci si possono permettere aumenti della rata, allora il mutuo a tasso fisso è la scelta migliore, per quanto leggermente più costoso.
Questo è un tipo di valutazione quasi da manuale, ma nella realtà del mercato entrano in gioco altri tipi di considerazioni che hanno a che fare con tre dimensioni: le conoscenze finanziarie di chi contrae il mutuo; la chiarezza e la serietà degli impiegati delle banche che consigliano i clienti nella scelta dei mutui; e se si è già individuato o meno la casa da acquistare.
Per quanto riguarda la prima questione, bisogna ricordare che l’Italia è uno dei paesi europei in cui l’educazione finanziaria – ossia la conoscenza degli strumenti di base per la gestione delle finanze personali – è più bassa. E questo si riflette anche sul fatto che il tasso variabile è molto diffuso, per quanto rischioso: secondo i dati dell’ABI (l’Associazione Bancaria Italiana) i mutui a tasso variabile sono il 37 per cento del totale. Secondo un’altra associazione bancaria, la FABI, in questo periodo chi ha un mutuo a tasso variabile si trova in difficoltà col pagamento delle rate in otto casi su dieci.
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Molti hanno fatto notare che spesso le persone fanno fatica con le rate del mutuo perché al momento della stipula e della scelta del tasso di interesse hanno sottovalutato i rischi del tasso variabile, proprio per le scarse conoscenze finanziarie che hanno portato a una decisione inconsapevole e inappropriata rispetto alle proprie possibilità.
Per esempio capita che in certi casi vedere nei prospetti una rata più bassa in caso di tasso variabile abbia poi portato a sceglierlo, sottovalutando però il rischio di futuri aumenti. «Il tasso variabile spesso risultava più conveniente del fisso e quindi di conseguenza veniva scelto da chi acquistava casa pensando di ottenere le migliori condizioni di quel momento», dice Angelo Spiezia, amministratore delegato di TeleMutuo, un portale di consulenza sui mutui e di confronto fra le varie offerte del mercato. I tassi però salgono e scendono in modo ciclico, dice Spiezia, ma spesso si ignora questa dinamica per una questione di poca consapevolezza o conoscenza dei temi finanziari.
Talvolta succede anche che i mutui a tasso variabile siano però gli unici che alcuni clienti possono permettersi, soprattutto quelli a reddito più basso e con margini piuttosto risicati per comprare una casa: prevedendo una rata più bassa del fisso sono gli unici che la banca è in grado di concedere per restare dentro un rapporto rata/reddito sostenibile, quantomeno al momento dell’emissione.
Secondo Guido Bertolino, responsabile di business development di MutuiSupermarket, questi casi sono però piuttosto sporadici, soprattutto se sono coinvolte le grosse banche italiane: le più importanti calcolano la sostenibilità del rapporto rata/reddito nell’ipotesi di mutuo più oneroso, tipicamente quello a tasso fisso. Solo se si passa questa valutazione si otterrà il prestito, e si potrà poi scegliere tra fisso e variabile.
C’è però un altro motivo molto pratico. Anche quando si sa che i tassi possono aumentare, è difficile avere la reale percezione di quanto gli aumenti possano impattare sulle rate: in pochissimi sanno calcolare quanto gli aumenti dei tassi in punti percentuali significhino in termini di euro in più da pagare ogni mese. Racconta Bertolino che è così anche per chi ha una formazione economica e non solo per chi non sa nulla di finanza.
Sapere per esempio quanto impatta un aumento di un punto percentuale dei tassi di riferimento su una rata «è un’informazione che aiuterebbe a prendere una scelta più consapevole» perché indicativamente ognuno sa fino a quanto può spendere ogni mese per pagare il mutuo, dice Bertolino. Nei prospetti dei mutui è un dato che si trova, ma «le informazioni generali, sebbene siano obbligatorie per legge, non le legge comunque nessuno» perché sono molto lunghe, difficili da comprendere e in questo senso molto respingenti per un cliente medio.
La questione dell’educazione finanziaria è complementare alla seconda dimensione della situazione in cui ci si trova a chiedere un mutuo, ossia con quanta chiarezza e trasparenza i dipendenti delle banche o i consulenti spiegano ai clienti i rischi dei vari tipo di mutuo. In una situazione ideale, più un cliente è sprovvisto di conoscenze finanziarie e più il dipendente di una banca dovrebbe entrare nel dettaglio delle diverse opzioni.
Tutto questo però a volte non avviene. Nella sua esperienza di mediatore creditizio, ossia un consulente che orienta il cliente tra le varie offerte di mutuo sul mercato, Lorenzo Di Cosimo, dipendente della società Kiron, racconta che gli è capitato spesso di avere dei clienti che si sono rivolti a lui dopo essere stati in varie banche ed essere stati serviti con un po’ di superficialità e fretta.
«Dipende comunque molto dalle filiali, ma talvolta le banche non aiutano proprio il cliente a trovare una soluzione per fargli comprare casa, gli spiegano poco, non lo aiutano a capire come funziona un mutuo, come funziona un tasso variabile e un tasso fisso, a quali tutele hanno diritto», dice Di Cosimo.
Secondo vari esperti, in questo tipo di distanza che c’è tra i clienti e le banche è improbabile che ci sia stata una componente di dolo da parte delle banche nell’indirizzare, per esempio, i clienti a contrarre un mutuo a tasso variabile in una condizione di mercato in cui era evidente che i mutui stessero salendo.
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Spiezia spiega che per le banche non è comunque auspicabile che il cliente smetta di pagare il mutuo e diventi insolvente: in quel caso le banche perdono soldi e devono attivare tutta una serie di procedure lunghe e costose per pignorare l’immobile all’asta. Questo è vero soprattutto per le grosse banche, che hanno una struttura talmente grande da non dover per forza concedere un mutuo a una persona che rischia di diventare insolvente per avere un guadagno. Secondo Spiezia è invece più probabile che siano le banche più piccole a spingere per i mutui a tasso variabile.
Tuttavia c’è stato nell’ultimo anno un aumento dei mutui a tasso variabile, che si spiega con alcuni vincoli di legge per i mutui garantiti dallo stato per i giovani sotto i 36 anni e sotto determinati limiti di reddito, una forma di mutuo introdotta dal governo di Mario Draghi per aiutare chi non ha grossi capitali da investire ad accedere comunque al mercato immobiliare.
Di Cosimo e Bertolino raccontano che nei mesi indicativamente tra maggio e novembre 2022 era praticamente impossibile scegliere il tasso fisso per chi voleva fare questo tipo di mutui. Il motivo era che la legge prevedeva che la garanzia pubblica potesse essere attivata solo nei casi in cui il tasso applicato fosse sotto una determinata soglia decisa dalla Banca d’Italia, che periodicamente viene rivista a seconda delle condizioni di mercato. Quando i tassi hanno cominciato ad aumentare, le banche hanno aumentato i tassi applicati ai nuovi mutui, sia fissi che variabili, mentre ci sono voluti vari mesi affinché la Banca d’Italia ricalcolasse la soglia.
C’è stato quindi un lasso di tempo per cui i mutui a tasso fisso (generalmente più cari di quelli a tasso variabile) che si trovavano sul mercato superavano tutti la soglia sotto cui dovevano rimanere quelli erogati con la garanzia pubblica. Per i giovani sotto i 36 anni che volevano accedere ai mutui agevolati il tasso variabile è stata quindi l’unica opzione per poter comprare casa in quei mesi: la norma è stata poi corretta e l’ultima legge di bilancio ha imposto alle banche la rinegoziazione di questi mutui qualora il cliente l’avesse chiesto, togliendo quindi la consueta discrezionalità che gli istituti hanno in questi casi.
Un’opinione diffusa – e che riguarda la terza dimensione in gioco quando si vuole comprare casa – è che ci sia comunque un vizio di fondo nel modo in cui in Italia ci si approccia all’acquisto della casa. Tipicamente si inizia a guardarsi intorno, si iniziano a fare le visite, si trova la casa che si desidera acquistare e solo allora si va in banca a chiedere il mutuo.
Il rischio di questo tipo di meccanismo è che quando poi ci si trova di fronte a condizioni di ottenimento del mutuo non ideali o anche piuttosto sfavorevoli in generale si tenda ad accettare più o meno tutto perché ormai si è determinati nel comprare quella specifica casa: magari si è già fatta la proposta, magari ci si è già impegnati con l’agenzia o il venditore e così via.
Per esempio, a causa dei problemi della garanzia pubblica dello scorso anno, sono stati molti i casi di giovani sotto ai 36 anni che pur di comprare la casa per cui avevano fatto un’offerta hanno accettato di stipulare un mutuo a tasso variabile pur sapendo che i tassi stavano aumentando.
Questo è un meccanismo che si può tentare di ribaltare tramite la cosiddetta “predelibera” del mutuo, che consiste nel farsi approvare dalla banca un mutuo senza avere ancora idea di quale immobile si comprerà: in questo modo ci si affaccia al mercato più consapevoli di quanto sia la reale capacità di spesa. È comunque un sistema che ha dei limiti, e che per questo non è molto usato in Italia: le predelibere restano valide tipicamente sei mesi, arco di tempo in cui bisogna trovare la casa da comprare, piuttosto breve per il mercato italiano; in più non le fanno tutte le banche.
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