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  • Venerdì 11 agosto 2023

L’alpinista accusata di non aver soccorso uno sherpa morente sul K2, per battere un record

Un video ripreso da altri scalatori mostra Kristin Harila e altri membri della spedizione scavalcare il suo corpo e procedere con la scalata

K2
(EPA/ Ho via ANSA)
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A fine luglio l’alpinista norvegese Kristin Harila ha stabilito il record per il minor tempo impiegato per scalare le 14 montagne più alte del mondo, completando l’ascesa di tutte le cime che superano gli 8mila metri tra Cina, Nepal, India e Pakistan in 92 giorni. Adesso però Harila è accusata di non aver soccorso uno sherpa – cioè un portatore – pakistano durante la sua ultima scalata sul K2, e di averlo lasciato morire pur di proseguire verso la vetta e battere il record. Lo sembra mostrare un video ripreso da altri alpinisti, che lei però smentisce. Si è difesa sostenendo infatti che l’uomo, Mohammed Hassan, era stato soccorso, ma che date le condizioni impervie salvarlo sarebbe stato impossibile.

Harila ha 37 anni, è una ex sciatrice di fondo e tra il 26 aprile e il 27 luglio di quest’anno ha completato la scalata di tutte e 14 le vette mettendoci meno della metà del tempo rispetto al record precedente. La prima è stata quella dello Shisha Pangma, in Cina, di 8.027 metri; l’ultima quella del K2, che si trova tra Pakistan e Cina, è alto 8.611 metri ed è notoriamente l’8mila più difficile e pericoloso al mondo. Harila ha scalato le montagne assieme alla guida nepalese Tenjen “Lama” Sherpa e a un gruppo di assistenti e collaboratori. Durante scalate di questo tipo i cosiddetti sherpa sono indispensabili: sono persone di etnia nepalese o comunque originarie delle zone montuose che generalmente conoscono bene le montagne e si occupano per lo più dei lavori “di fatica”, come portare i pesi per gli scalatori, montare le tende e attrezzare i percorsi prima della scalata degli alpinisti.

Hassan in particolare doveva occuparsi di sistemare le corde fisse che gli alpinisti usano per aiutarsi nei passaggi più tecnici ed esposti. Durante la salita però era caduto vicino a uno dei punti più pericolosi della montagna, noto come collo di bottiglia, a circa 8.200 metri di altitudine.

Due alpinisti austriaci che il 27 luglio erano a loro volta sul K2, Wilhelm Steindl e Philip Flämig, hanno ripreso alcune immagini che mostrano Harila e alcuni alpinisti del suo gruppo passare sopra al corpo di Hassan, immobile, durante la scalata. Steindl e Flämig hanno accusato Harila di aver voluto avanzare verso la vetta pur di non rallentare e di riuscire a battere il record, anziché provare a salvarlo.

Attenzione: alcune persone potrebbero essere turbate dalle immagini

In un’intervista data al giornale austriaco Standard, Flämig dice di aver visto Hassan che veniva «soccorso da una persona, mentre tutte le altre procedevano verso la vetta», anche se nella comitiva c’erano sherpa e guide che avrebbero potuto aiutarlo. Secondo Steindl «una cosa del genere sarebbe impensabile sulle Alpi»: a suo dire Hassan è stato «trattato come un essere umano di serie B», e se si fosse trattato di una persona europea «sarebbe stato soccorso immediatamente». «Nessuno si è sentito responsabile per lui», ha detto sempre Steindl.

Harila ha negato le accuse, sostenendo che non è vero che lei e il suo gruppo non abbiano fatto nulla per aiutarlo. «Abbiamo cercato di tirarlo su per un’ora e mezza e il mio cameraman è rimasto con lui un’altra ora per occuparsene», ha detto Harila, aggiungendo che «non era mai stato lasciato solo». Secondo Harila date le circostanze però «è difficile immaginare come potesse essere salvato»: Hassan era caduto in quella che l’alpinista ha definito «probabilmente la parte più pericolosa della montagna», dove portarsi dietro qualcuno è estremamente complicato sia perché il percorso è strettissimo, sia per via della neve.

Steindl, che è andato a trovare la famiglia di Hassan dopo la scalata, ha detto che l’uomo aveva accettato il lavoro nonostante non avesse molta esperienza, per aiutare la madre a pagare le sue spese mediche. Diversi alpinisti citati dal Telegraph comunque hanno espresso dubbi sul tipo di equipaggiamento di cui era stato dotato: Harila ha detto che quando il suo gruppo lo aveva trovato non indossava guanti né una giacca adatta e non sembrava aver avuto a disposizione ossigeno supplementare, fondamentale a queste quote in cui l’aria è molto più rarefatta (sono in pochissimi tra sherpa e alpinisti a non usarlo).

Thaneswar Guragai, il responsabile dell’agenzia che aveva organizzato la scalata di Harila, Seven Summits, ha detto che di norma i portatori tentano di salvare le persone ferite in alta montagna, a meno che «non sia praticamente impossibile farlo».

Il K2 fa parte della catena montuosa del Karakorum ed è la seconda montagna più alta della Terra dopo l’Everest (che è alto 8.848,86 metri). A causa dell’elevazione, dei diversi tratti che richiedono notevoli doti tecniche e dell’alto rischio di valanghe e di caduta di massi è considerata la più difficile tra le montagne di ottomila metri, nel senso che anche la via normale, la più semplice e sicura, è molto ostica. Storicamente è anche una di quelle con il tasso di mortalità maggiore tra chi provava a scalarla, assieme all’Annapurna I (8.091 metri) e al Nanga Parbat (8.126 metri): un tempo circa un alpinista su cinque moriva. Negli ultimi anni è diventata particolarmente popolare tra gli alpinisti occidentali, che di norma ora adottano molte più precauzioni. Nel 2022 secondo il sito specializzato Climbing.com le persone morte durante la scalata del K2 sono state solo tre, su circa 190 che avevano provato a scalarla.

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