Gli Stati Uniti hanno un problema con le “armi fantasma”
Sono pistole e fucili che si assemblano dopo avere comprato le singole parti online: Biden vorrebbe limitarle, ma molti si oppongono
Martedì una decisione della Corte Suprema statunitense ha temporaneamente ristabilito le regole approvate dall’amministrazione di Joe Biden sulle cosiddette “armi fantasma”, cioè quelle armi che possono essere assemblate in autonomia grazie all’acquisto di un kit apposito che ne contiene le singole parti. Non hanno un numero di serie, non sono rintracciabili e non prevedono controlli preventivi sul compratore: aggirano quindi molte delle regolamentazioni esistenti negli Stati Uniti sul controllo delle armi da fuoco.
Ad agosto del 2022 Biden aveva introdotto a livello federale una regolamentazione sulle “armi fantasma”: non ne vietava la vendita, ma introduceva l’obbligo di un numero seriale, di una licenza per le ditte produttrici e di controlli preventivi sui compratori. L’amministrazione statunitense riteneva la regolamentazione una risposta necessaria alla proliferazione di questo tipo di armi, popolari soprattutto fra chi non possiede i requisiti per comprare legalmente altre armi, come persone precedentemente condannate, con problemi mentali o minorenni.
A luglio un tribunale del Texas aveva però bloccato le nuove regole, sostenendo che il kit con dentro le parti di un’arma da assemblare in autonomia non potesse essere considerato un’arma. La decisione della Corte Suprema di martedì permette alle regole di Biden di restare in vigore in attesa di un giudizio legale sul ricorso contro la sentenza del Texas.
Le armi fantasma non sono una novità. Kit per assemblare pistole e fucili sono acquistabili dagli anni Novanta ma è solo dal 2009 che iniziò a esistere un mercato rilevante. Allora alcune aziende cominciarono a vendere kit per assemblare i più popolari fucili d’assalto, gli AR-15 e gli AK-47 (conosciuti anche come kalashnikov), per aggirare i divieti approvati in alcuni stati, soprattutto in California. Le vendite online crebbero ulteriormente a partire dal 2016, trainate soprattutto dal successo dei kit per assemblare a domicilio una pistola basata sul modello della semiautomatica Glock da 9 millimetri.
Il fatto che le vendite delle “armi fantasma” non siano tracciabili rende impossibile stimare quante ne circolino negli Stati Uniti. I dati presentati dall’amministrazione Biden e dalla procuratrice generale Elizabeth Prelogar sottolineano però come oltre 19mila armi fantasma siano state recuperate dalla polizia sulle scene del crimine nel 2021, contro le 1.600 del 2017. La diffusione di questo genere di armi è maggiore negli stati in cui sono state approvate leggi più rigide sul controllo delle armi: secondo la polizia californiana sarebbero state presenti nel 25-50 per cento delle scene del crimine dello stato fra il 2020 e il 2021 e avrebbero sostituito quelle solitamente acquistate nel mercato criminale, rubate e con i numeri di serie cancellati.
Il costo delle armi fantasma è tutto sommato contenuto: si può ottenere un kit per un fucile d’assalto per meno di 350 euro e il prodotto più popolare, quello per assemblare una pistola semiautomatica della Polymer80 (azienda leader del settore), è in vendita a circa 590 euro.
I kit, pubblicizzati con lo slogan “Compra, costruisci, spara”, sono piuttosto semplici da montare: le armi arrivano complete all’80 per cento, l’altro 20 per cento va assemblato (sopra questa percentuale legalmente sarebbero considerati “prodotti finiti”). Per completare le operazioni serve unicamente un trapano, mentre le punte necessarie sono fornite nei kit: si montano in circa un’ora. Alcuni kit contengono strumenti per l’assemblaggio che riducono i tempi a una ventina di minuti, le istruzioni sono quasi sempre un tutorial su YouTube (ce ne sono numerosi e con centinaia di migliaia di visualizzazioni).
Prima del 2022 al momento dell’acquisto non venivano richieste informazioni particolari, nemmeno sulla maggiore età (di solito bastava barrare una casella di autocertificazione): una volta montate le armi sono perfettamente funzionanti e letali, ma totalmente irrintracciabili.
Le lobby delle armi, le case produttrici e le associazioni che negli Stati Uniti difendono il diritto di possedere e portare con sé armi sostengono che questi kit non possano essere considerati armi da fuoco per la legge americana: ritengono quindi che non debbano essere sottoposte alle regole imposte dal governo federale riguardo alle armi. Il giudice Reed O’Connor del tribunale del Texas ha dato loro ragione, stabilendo che «le parti di un kit per un’arma non sono considerabili un’arma». Ha detto che la sua interpretazione avrebbe probabilmente creato un vuoto legislativo, ma ha aggiunto che sarebbe spettato al Congresso porvi rimedio, e non a un tribunale.
Nel presentare le regole d’emergenza adottate dal governo di Biden, la procuratrice generale Prelogar aveva invece utilizzato un’analogia: «È chiaro a tutti che un’eventuale tassa sugli scaffali per i libri riguarderebbe anche Ikea, che pure vende scatole che contengono parti e istruzioni per montare uno scaffale per i libri». Alcune associazioni che ritengono non legittima la regolamentazione hanno presentato le proprie ragioni alla Corte Suprema con un’altra analogia, definita «più calzante»: «Un supermercato che vendesse un kit per fare i taco, con tutti i vari ingredienti, non potrebbe dire di vendere taco: finché gli ingredienti non vengono tagliati, cotti, preparati e assemblati quel cibo non è un taco».
La questione verrà discussa nella causa per il ricorso presentata dall’amministrazione Biden contro la decisione della Corte del Texas e potrebbe anche tornare proprio alla Corte Suprema.
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