L’invasione russa della Georgia, circa 15 anni fa
Fu il primo di diversi interventi russi, che suscita ancora molte controversie: a partire dalla data in cui la guerra è cominciata
Tra il 7 e l’8 agosto del 2008, quindici anni fa, la Russia invase la Georgia e diede inizio alla guerra russo-georgiana, che oggi è ricordata come la prima guerra europea del Ventunesimo secolo e come la prima delle varie operazioni militari condotte nei territori ex sovietici dal presidente russo Vladimir Putin. La guerra durò pochi giorni, fino al 12 agosto, ma l’esercito russo arrivò vicino a conquistare Tbilisi, la capitale della Georgia. Centinaia di persone furono uccise, e decine di migliaia costrette a lasciare le proprie case, in alcune circostanze per sempre.
La Russia invase la Georgia formalmente per difendere la piccola repubblica autoproclamata e filorussa dell’Ossezia del Sud, che occupa una parte del territorio georgiano e in quel periodo era in conflitto contro il governo centrale della Georgia. Sulla guerra, però, ci sono numerose controversie, che riguardano perfino la data in cui commemorarne l’inizio: l’attuale governo georgiano (tendenzialmente filorusso) sostiene che sia cominciata l’8 agosto del 2008, mentre l’opposizione georgiana (oltre agli Stati Uniti e all’Unione Europea) la commemora un giorno prima, il 7 agosto. Le ragioni dipendono in parte dalla politica interna georgiana, e in parte dall’interpretazione che si dà a cosa successe in quei giorni sul campo di battaglia.
La guerra, rapidamente
La Georgia divenne indipendente dall’Unione Sovietica nel 1991, ma fin dai primi anni il governo georgiano si trovò a dover gestire due territori abitati da minoranze etniche, controllati da separatisti e sostenuti dalla Russia: l’Abcasia e l’Ossezia del Sud. All’inizio degli anni Novanta, la Georgia combatté guerre sia contro l’Abcasia sia contro l’Ossezia del Sud, che si risolsero in cessate il fuoco che comunque non placarono le tensioni. I due territori rimasero di fatto indipendenti, anche se non riconosciuti da nessun paese straniero e di fatto parte dello stato georgiano. La Russia continuò a sostenere entrambi, anche militarmente.
La questione dei due territori separatisti riprese nel 2004 con l’elezione di Mikheil Saakashvili a presidente della Georgia. Saakashvili, un riformatore ambizioso, mise al centro della sua politica il recupero dei due territori dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia. Questo portò a risposte sempre più aggressive da parte dei due territori e della Russia di Vladimir Putin, che cominciò a mettere in atto provocazioni militari contro la Georgia.
Nei primi mesi del 2008 il cessate il fuoco che aveva mantenuto stabile la situazione tra la Georgia e l’Ossezia del Sud cominciò a sgretolarsi. Qui è piuttosto difficile stabilire chi fu il principale responsabile, ma tendenzialmente il grosso degli attacchi arrivò dai separatisti dell’Ossezia del Sud, che nel 2008 intensificarono gli attentati contro le forze di peacekeeping georgiane presenti nell’area. Questi attacchi divennero sempre più pesanti in primavera e poi in estate, quando gli osseti cominciarono a bombardare con l’artiglieria il territorio georgiano, provocando la risposta altrettanto dura dell’esercito.
Ad agosto la situazione era ormai compromessa, e i bombardamenti degli osseti sulla Georgia si erano fatti molto intensi. Saakashvili decise di intervenire militarmente, e nelle prime ore dell’8 agosto bombardò Tskhinvali, la capitale dell’Ossezia del Sud, e fece entrare il proprio esercito nel territorio separatista. La Russia rispose quasi immediatamente e con una forza enormemente superiore. Accusò falsamente la Georgia di aver commesso pulizia etnica contro gli osseti e cominciò a bombardare varie città georgiane. Avviò anche un’imponente invasione di terra, che non si limitò a liberare territorio dell’Ossezia ma proseguì anche nel resto della Georgia. Nel frattempo anche le forze dell’Abcasia, sostenute dalla Russia, invasero la Georgia aprendo un secondo fronte.
Sopraffatto dalla forza superiore della Russia, l’esercito georgiano fu costretto a retrocedere precipitosamente e nel giro di qualche giorno la capitale Tbilisi fu in pericolo.
La guerra si concluse nel giro di pochi giorni grazie tra l’altro all’intervento diplomatico dell’Occidente: in particolare il presidente francese Nicolas Sarkozy negoziò personalmente un cessate il fuoco che prevedeva il ritiro delle truppe russe e garanzie di sicurezza per i territori dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia. Le truppe russe si ritirarono dopo qualche mese, ma rimasero in Ossezia e in Abcasia, dove sono tuttora presenti. La Russia divenne anche l’unico paese a riconoscere i due territori separatisti come stati indipendenti.
Il 7 o l’8 agosto
Le dispute sull’inizio della guerra dipendono in gran parte dall’interpretazione di un fatto in particolare. Molti ritengono che la guerra sia cominciata l’8 agosto quando le forze georgiane attaccarono la capitale osseta Tskhinvali, di fatto provocando la reazione della Russia.
Vari media sia russi sia georgiani riportarono tuttavia che l’esercito russo era entrato in Georgia il giorno prima, il 7 di agosto, passando attraverso il tunnel di Roki, un tunnel di montagna che collega la Russia all’Ossezia del Sud. Questo ingresso dell’esercito russo in Georgia un giorno prima dell’inizio della guerra è molto discusso tutt’oggi: fu denunciato dal governo georgiano del tempo, quello guidato da Saakashvili, ma anche se ci sono molti indizi e testimonianze non ci sono prove definitive del fatto che sia avvenuto davvero.
A seconda che si ritenga che la Russia fosse entrata o meno in Georgia un giorno prima dell’inizio della guerra cambia anche l’interpretazione sulla responsabilità immediata della guerra stessa. Bisogna ovviamente ricordare che la guerra russo-georgiana fu un evento estremamente complesso, le cui cause e motivazioni risalgono ai decenni precedenti e che non può essere ridotto a singoli eventi. Ma dal punto di vista politico, semplificando molto, un conto è dire che a provocare l’intervento russo sia stato il bombardamento di Tskhinvali ordinato da Saakashvili: in questo caso, l’ultima provocazione prima dell’inizio del conflitto sarebbe da imputare ai georgiani.
Sarebbe ovviamente tutto un altro conto se fosse dimostrato che l’esercito russo aveva attraversato illecitamente il confine il giorno prima: in questo caso, diventerebbe chiaro che l’invasione russa non sia stata la risposta a una provocazione ma che la Russia stava già pensando di attaccare la Georgia, e stava soltanto aspettando il giusto pretesto.
Oggi il governo filorusso della Georgia si attiene alla prima spiegazione, quella secondo cui l’invasione russa fu la risposta a una provocazione di Saakashvili, e per questo commemora l’inizio della guerra l’8 agosto. In questa decisione ha molto peso la politica interna: l’attuale primo ministro georgiano, Irakli Garibashvili, è assieme al suo partito un nemico di Saakashvili, che l’anno scorso è stato messo in prigione con accuse che, secondo lo stesso Saakashvili, avrebbero motivazioni politiche.
Al contrario, l’opposizione georgiana vicina a Saakashvili sostiene l’altra tesi, quella per cui la Russia fosse pronta già dal giorno prima all’invasione, e per questo commemora l’inizio della guerra il giorno prima, il 7 agosto: secondo l’opposizione, fu allora che cominciò l’invasione, e fu allora che cominciò anche la guerra.